Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  ottobre 29 Mercoledì calendario

Rudy Guede, l’ivoriano di Perugia, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Meredith Kercher

Rudy Guede, l’ivoriano di Perugia, è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Meredith Kercher. I suoi due complici, Amanda Knox e Raffaele Sollecito, sono stati rinviati a giudizio e saranno processati. Restano in carcere tutti e tre. Le motivazioni della sentenza - cioè le ragioni che hanno portato a queste decisioni - saranno rese note più in là.

Non ho capito questo fatto: uno è stato condannato e gli altri due devono ancora essere processati...
Esiste la procedura del rito abbreviato: un imputato che chiede di essere giudicato con questo sistema gode, in caso di condanna, di uno sconto di pena pari a un terzo. Questa è la strada che ha scelto Guede e si deve dire che ha sbagliato completamente mossa. Peggio di così non poteva andargli. Amanda e Raffaele invece si sono attenuti all’iter normale e dunque nei loro confronti si doveva ancora prendere la decisione relativa al processo. E cioè se gli indizi accumulati contro di loro erano sufficienti per rendere plausibile un dibattimento. Il gup di Perugia, Paolo Micheli, ha ritenuto di sì. E del resto sarebbe stato ben strano che a un ergastolo comminato a Guede non si fosse accompagnato il rinvio. Il giudice non ha concesso nemmeno gli arresti domiciliari. Per Amanda e Raffaele, che ci speravano sul serio e dopo un anno di cella non ne possono più, è un duro colpo.

La condanna di Guede non è piuttosto compromettente per gli altri due?
Direi di sì. I trent’anni di carcere dicono senza dubbio che il giudice ha accettato la ricostruzione dei pubblici ministeri: Guede aveva immobilizzato dietro la schiena il braccio sinistro di Meredith che, a destra, era bloccata da Sollecito. In piedi davanti a lei Amanda le passava e ripassava la lama del coltello lungo la gola. E a un certo punto questa lama è stata affondata. Così dice l’accusa. I punti deboli sarebbero: il movente, molto campato in aria (Meredith si sarebbe rifiutata di partecipare a un partouze); l’arma del delitto, che i pm indicano in un coltello di Raffaele ma che è molto dubbia. Io dico che poi c’è una forzatura nella posizione dei tre soggetti. In parole povere: non ce li vedo, in quelle posture che l’accusa ci descrive. La scena non mi torna. Tra l’altro – poiché è accertato un rapporto sessuale non totalmente forzato tra Guede e Meredith – mentre Rudy le bloccava il braccio sinistro tentava anche di penetrarla. Mah.

Vogliamo ricordare il fatto?
Meredith Kercher, 21 anni, inglese, aveva vinto una borsa di studio Erasmus e stava a Perugia da due mesi. Abitava in via della Pergola 7 con altre amiche studentesse. Tra queste, l’americana Amanda Knox con cui, secondo parecchie testimonianze, non andava d’accordo sia perché Amanda era disordinata e forse addirittura sporca, sia perché si portava troppi uomini in casa. La mattina del 2 novembre 2007 una vicina chiama la Polizia Postale perché ha trovato due cellulari nel suo giardino. I telefonini portano gli agenti in via della Pergola. Qui i poliziotti trovano Amanda e Sollecito – in quel momento fidanzati – a colloquio con i carabinieri che loro stessi hanno chiamato. In casa c’è il cadavere di Meredith a cui la sera prima qualcuno ha tagliato la gola. I due innamorati forniscono parecchie versioni su quello che hanno fatto mentre Meredith veniva uccisa. Amanda, in particolare, prima dice che lei c’era, stava in cucina, ha sentito qualcosa ma non è andata a vedere. Poi cambia versione e sostiene di essere stata tutta la sera da Sollecito a guardare la tv e giocare col computer. Accusa un congolose che ha un locale a Perugia e si chiama Lumumba. Non dice invece una parola su Guede – che ha incontrato almeno quattro volte e ha riempito di sue tracce la casa del delitto (compresi i resti di escrementi in bagno, che dopo un anno, essendo prove, stanno ancora lì) – e questo è a parer mio l’indizio più grave.

Perché?
Perché Patrick Lumumba, del tutto innocente, è un uomo di colore. E Amanda può aver pensato: se c’è qualcuno che ha visto un uomo di colore entrare in via della Pergola, meglio che non sappia chi è.

Glielo domando di nuovo: perché?
Perché Lumumba, che non c’era, non avrebbe potuto dir niente contro di lei. Mentre Guede, che c’era, può chiamarla in causa ad ogni istante. Cosa che sta succedendo adesso: gli avvocati degli imputati si fanno la guerra e ciascuno dice che il colpevole è l’altro. Una tattica suicida che ha grandi probabilità di far passare molti anni in cella anche ai due ex fidanzati. Anche se tante, troppe circostanze di questo delitto restano ancora mal spiegate o addirittura non spiegate. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 29/10/2008]