La Gazzetta dello Sport, 9 novembre 2008
I ribelli adoperano questo sistema: prendono un bambino di otto o nove anni e gli intimano di ammazzare un familiare
I ribelli adoperano questo sistema: prendono un bambino di otto o nove anni e gli intimano di ammazzare un familiare. Gli mettono in mano un’arma. Aspettano che spari. Quando la madre, il padre, il fratello, la sorella cade giù, se lo portano via e lo nominano sergente. Se quello si rifiuta di sparare, i ribelli ammazzano tutta la famiglia, lui compreso.
• Ma che cosa sta dicendo?
Se, dopo essere stato un paio d’anni con i ribelli, se ne torna a casa e i familiari superstiti si azzardano a trattarlo da bambino, lui gli spara addosso per farsi rispettare. Sto raccontando uno dei tanti orrori del Congo. Non ho messo la parola Congo nella prima riga della nostra conversazione perché questo avrebbe fatto girar pagina ai lettori, che come tutti noi occidentali considerano di sicuro questi eccidi africani una specie di necessità. Ma ricordiamo questo: l’incontro di pugilato tra Cassius Clay/ Mohammed Alì e il campione mondiale dei pesi massimi George Foreman a Kinshasa, 30 ottobre 1974, quello reso famoso dal film Quando eravamo re e da uno straordinario reportage in forma di libro scritto da Norman Mailer (si intitola The match e le consiglio di leggerlo). Il padrone del Congo, che in quel momento si chiamava Zaire, era Mobutu, il quale per pavoneggiarsi davanti al mondo, aveva offerto una borsa di cinque milioni di dollari a entrambi i contendenti, purché venissero a fare a pugni a Kinshasa.
• Che c’entra questo con i bambini costretti a sparare sulla mamma?
C’entra. Molti storici considerano quel match una svolta culturale per la comunità nera americana. E adesso abbiamo Obama alla Casa Bianca. Mobutu restò al potere fino al 1996, un periodo lunghissimo. In che modo conservò questo potere? Lasciava che americani e francesi saccheggiassero il Paese, pieno zeppo di minerali preziosissimi, cobalto, uranio, rame, oro, argento. Poi tungsteno e petrolio. Diamanti e carbone. Radio, manganese, cadmio. Questa benedizione di Dio è naturalmente la maledizione di chi vive laggiù. Nel 1996 Mobutu venne rovesciato, il nuovo padrone del Paese si chiamava Kabila, venne ammazzato anche lui e il potere passò a suo figlio Joseph. Intanto, bande sempre più numerose passavano il confine e andavano a pigliarsi quello che i congolesi non sapevano difendere. Perché non solo i francesi, gli americani e adesso anche i cinesi vogliono mettere le mani sui tesori africani: anche i dittatori degli stati circostanti, per esempio gli angolani, gli ugandesi o soprattutto quelli del Ruanda vogliono la loro parte. Perché farsi sfuggire tutto quel ben di Dio?
• E’ quello che sta succedendo adesso?
C’è un prete, che dice messa tutte le domenica, e si chiama Nkunda. Lui è il capo dei cosiddetti ribelli. Magro magro, quasi uno scheletro. Alto. Un tutsi.
• Tutsi e hutu? Quelli che qualche anno fa si massacravano a colpi di machete?
Proprio così. Quella era una guerra interna al Ruanda, che provocò l’esodo di due milioni di hutu. Dove fuggirono costoro? Proprio in Congo. Furono attrezzati dei campi profughi nell’Est del Paese, intorno al lago Kivu. Ma qui si piazzò anche il prete Nkunda, sostenuto – quanto a soldi e armi – proprio dal Ruanda.
• Quindi quella in corso è una guerra tra Congo e Ruanda?
Non ancora. Per ora appare come una specie di rivolta interna: il tutsi Nkunda, che occupa le province orientali del Paese come fossero sue, ha messo l’assedio alla città di Goma, capoluogo della regione, dove si trovano 17 mila caschi blu, mandati lì dall’Onu non per fare la guerra, ma come forza di interposizione. Le truppe dell’Onu perciò (indiani, pakistani, bengalesi, uruguagi, sudafricani, nepalesi) assistono ai massacri e lasciano fare. probabile che le regole d’ingaggio gli vengano modificate, perché la popolazione, vedendoli fermi mentre intorno c’è la carneficina, li prende a sassate e grida disperata. E intanto, mentre Nkundu massacra senza pietà tutti quelli che gli capitano a tiro, bambini compresi, mentre lascia che i suoi stuprino le donne e saccheggino i villaggi, mentre scava fosse comuni dove butta decine di cadaveri, mentre un milione e mezzo di profughi terrorizzati in fuga dai campi vagano senza meta di landa in landa nascondendosi nella foresta, mentre accade tutto questo truppe dall’Angola e dallo Zimbabwe hanno cominciato a entrare nel Paese. Si accingono a partecipare al banchetto. La diplomazia internazionale (specialmente il francese Kouchner e l’inglese Miliband) è riunita a Nairobi, dove è arrivato anche il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon. Devono inventare qualcosa. I morti dal 1998 sono stati almeno 4 milioni. I ministri chiusi a discutere (sono arrivati proprio l’altro giorno anche i presidenti di Ruanda, Congo e Tanzania) si raccomandano soprattutto di raggiungere questo risultato: bisogna evitare che scoppi la «Terza guerra mondiale d’Africa». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 9/11/2008]