La Gazzetta dello Sport, 23 novembre 2008
E’ vero che il prezzo del petrolio è sceso, ma i pirati somali rischiano di farlo salire di nuovo perché con l’ultimo colpo hanno reso molto problematica la rotta più breve tra Oriente e Occidente: entrare nel Golfo di Aden, risalire il Mar Rosso, passare Suez, quindi il Mediterraneo, Gibilterra e il Pacifico verso l’America
E’ vero che il prezzo del petrolio è sceso, ma i pirati somali rischiano di farlo salire di nuovo perché con l’ultimo colpo hanno reso molto problematica la rotta più breve tra Oriente e Occidente: entrare nel Golfo di Aden, risalire il Mar Rosso, passare Suez, quindi il Mediterraneo, Gibilterra e il Pacifico verso l’America. Pirati ben armati, ben addestrati, ben protetti dalle autorità locali, a cui trasferiscono una parte dei guadagni, assaltano i mercantili in transito, li sequestrano e chiedono poi un riscatto all’armatore o al Paese di provenienza dell’imbarcazione. Hanno cominciato parecchi anni fa con le navi del Programma alimentare mondiale, ma lo scorso settembre hanno messo le mani su una nave russa che portava carri armati (ce l’hanno ancora) e il 15 novembre sono riusciti a catturare la superpetroliera Sirius Star da 335 metri che aveva a bordo due milioni di barili di petrolio (l’equivalente del consumo giornaliero della Francia) per un valore di 100 milioni di dollari. Quando i sequestratori hanno fatto sapere che per il riscatto bisognava pagare 25 milioni di dollari, il mondo ha capito che la pirateria ha cessato di essere un fenomeno fastidioso, ma marginale e forse persino un po’ folcloristico: a questo punto si tratta di un nemico vero, paragonabile ai terroristi di al-Qaeda o ai talebani. Lo scorso maggio i Lloyds di Londra hanno infatti riclassificato il Golfo come «zona di guerra», paragonabile, quanto a rischio (cioè quanto a premi assicurativi), all’Iraq.
• Bisogna passare per forza di lì?
C’è anche la rotta di Vasco de Gama, scoperta nel 1498. In pratica: raggiungere il Pacifico facendo tutto il giro dell’Africa. Dopo il taglio di Suez, completato nel 1869, praticamente nessuno fa più la circumnavigazione. Il taglio venne considerato un passo avanti enorme sulla strada della civilizzazione del Pianeta, l’amicizia tra i popoli e tutte le altre belle cose. Verissimo. Questo fa capire bene che razza di salto all’indietro rappresentino adesso questi pirati. La compagnia marittima danese Moeller Maersk ha infatti già deciso di riprendere la rotta di Vasco de Gama. Ieri, ha annunciato l’abbandono di Suez anche il direttore generale della norvegese Odfjell. Tra qualche giorno dovrebbe accodarsi la Frontline Shipping che è la più grande compagnia al mondo per il trasporto del greggio. Il prezzo del trasporto salirà a questo punto di 500-700 mila dollari. Ma anche a voler insistere con Suez, ci sarà comunque un aumento sensibile dei premi assicurativi.
• Come è possibile che questi pirati non si riescano a catturare?
Soltanto nei pochi mesi in cui le corti islamiche presero il potere in Somalia, gli attacchi cessarono: i fondamentalisti, implacabili, avevano messo sotto controllo sia la terra che il mare, e non si scappava. Ma adesso è una vera e propria industria, con base nel porto di Eyil, dove si trovano in questo momento sedici navi-ostaggio e circa trecento marinai. Le vecchie case dei pescatori sono state trasformate in locande, le donne cucinano, anziani e ragazzini fanno la guardia, i giovani sono arruolati nelle squadre di assalto (un centinaio). I pirati si fanno portare a bordo i contanti e qui hanno tutta l’attrezzatura per verificare che non si tratti di denaro falso e per contare, con le macchinette, le banconote. Poi il 20% del bottino va agli equipaggi, il 20 ai capi, un altro 30 serve per pagarsi le prossime spedizioni e far ridere le autorità locali, il 10 viene distribuito agli abitanti della città e quello che avanza viene investito, attraverso la diaspora somala, in attività lecite nel resto del mondo.
• Attaccarli militarmente?
Nel Golfo di Aden incrociano navi da guerra di 15 nazioni, compresa l’Italia. I pirati le evitano andando a fare i loro colpi lontano. La Sirius Star è stata intercettata a 450 miglia al largo. Di solito l’armatore o il Paese di provenienza non vogliono che si intervenga militarmente. Adesso forse si sta pensando di far qualcosa perché ieri il portavoce dei sequestratori (hanno molta elettronica al loro servizio, telefoni satellitari eccetera) ha fatto sapere che a qualunque intervento militare i somali risponderanno armi in pugno.
• Sono armati fino a questo punto?
Sì. Hanno molti soldi e trafficano in armi.
• Non si può fare proprio niente?
L’Unione europea lancerà l’8 dicembre una missione anti-pirateria, cioè altre cinque o sei navi andranno ad incrociare al largo di Aden. Gli americani, benché la Sirius Star sia saudita e dunque per metà loro, non ci vogliono entrare. Hanno fatto sapere che il problema deve essere risolto da quelli che abitano da queste parti. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 23/11/2008]