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 2008  novembre 24 Lunedì calendario

La storia del controsoffitto crollato in quella scuola di Rivoli, e del tubo di ghisa da 60 chili che ha ammazzato un ragazzo di 17 anni e ferito gravissimamente un altro giovane, ci ha fatto scoprire che un 40 per cento almeno di tutti gli edifici scolastici italiani sono a rischio: fatiscenti, non mantenuti, inadatti a far scuola, passibili di crolli e di stragi

La storia del controsoffitto crollato in quella scuola di Rivoli, e del tubo di ghisa da 60 chili che ha ammazzato un ragazzo di 17 anni e ferito gravissimamente un altro giovane, ci ha fatto scoprire che un 40 per cento almeno di tutti gli edifici scolastici italiani sono a rischio: fatiscenti, non mantenuti, inadatti a far scuola, passibili di crolli e di stragi.

Possibile?
I giornali ieri hanno pubblicato dati dell’Inail – l’istituto che si occupa di infortuni sul lavoro – secondo i quali nel 2007 90 mila ragazzi e 12.912 adulti (insegnanti e bidelli) si sono feriti a scuola. Si tratta dell’1% della popolazione scolastica, che è fatta di 9 milioni di ragazzi. Una percentuale non alta, e tuttavia impressionante. Tuttavia, a parte i dati dell’Inail (illuminanti fino a un certo punto, perché non specificano, almeno nelle versioni diffuse ieri, perché i 90 mila ragazzi e i 12 mila adulti si siano feriti), è soprattutto impressionante che manchi un’anagrafe della situazione. Sappiamo qualcosa da campionature eseguite da Legambiente, un’associazione privata e politicamente non neutra, e da Cittadinanzattiva. Legambiente sostiene, in un rapporto intitolato Ecosistema Scuola 2008, che su 42 mila edifici scolastici 10 mila hanno bisogno di un qualche intervento vuoi per questioni di “agibilità statica” (stanno in piedi o no?) vuoi per fatiscenza degli apparati sanitari (bagni, eccetera) vuoi per la prevenzione antincendi, del tutto insufficiente, secondo l’associazione, in un edificio su due. Cittadinanzattiva ha radiografato 132 scuole e anche qui la metà risulta fuori regola per gli impianti elettrici e le norme antincendio, il 42% non ha porte antipanico, il 30 presenta crolli di intonaco, il 53 per cento è privo del certificato di agibilità statica, al 52 per cento manca il certificato di agibilità igienico sanitaria, al 64% quello di prevenzione incendi, le uscite di emergenza sono assenti nel 17 per cento dei casi o ostruite nel 43, le scale di sicurezza risultano assenti nel 27 per cento delle scuole…

Mamma mia, e come mai non abbiamo un morto al giorno?
Berlusconi dice che Rivoli è stata una fatalità. Beato lui. Nel 1996 venne approvata la legge 23 che obbligava a realizzare un’anagrafe con cui «accertare consistenza, funzionalità e sicurezza di tutto il patrimonio di edilizia scolastica». L’anagrafe a tutt’oggi non esiste perché, pare, le amministrazioni locali non mandano al ministero i dati. Ma poi è insensato che su questo tipo di problemi debba esservi una direttiva dal centro. Gli edifici scolastici sono di competenza delle famose Province, quelle di cui è difficile capire lo scopo. Perché allora non se ne occupano le Province? L’assessore all’edilizia scolastica della Provincia di Torino ha detto che per la manutenzione degli edifici scolastici ha solo 20 milioni, che a suo dire sono pochi.

Di che partito è?
Non glielo dico. Non voglio che sembri un discorso contro quello schieramento piuttosto che contro questo. Estraiamo a sorte una qualunque provincia italiana e vedrà che la situazione sarà più o meno la stessa. La Provincia di Torino, duemila dipendenti, ha inaugurato lo scorso ottobre i suoi uffici nuovi di zecca in corso Inghilterra a Torino: 35 milioni di euro, e una bella mostra dedicata a Eco e Nargiso che ha fatto scrivere begli articoli sognanti ai giornali. Poi ha realizzato la rotonda sulla provinciale 2 tra Nole e Ciriè. 133 mila euro e gli automobilisti, che adesso sono indubbiamente più sicuri, sono contenti. Però in America chiederebbero: ma un po’ di questi soldi non potevi adoperarli per riparare il Seminario di Rivoli?

Qui non glielo domandiamo?
Qui no, perché la Provincia ci risponderebbe di sicuro che quei soldi gli sono arrivati da Roma per fare una certa cosa e non un’altra. «Che potevamo fare noi?» Il presidente della Provincia e i suoi assessori stanno già allargando le braccia e alzando gli occhi al cielo. L’inchiesta ed eventualemente il processo accerteranno che la colpa non è di nessuno, come in Umbria. Magari nel rinvio a giudizio si accuserà un qualunque capoccione di “omicidio volontario”, tanto per guadagnare qualche titolo di giornale.

Ho sentito parole di fuoco da Bonanni.
Fesserie. Accusa i tagli alla scuola della Gelmini. Ma quei tagli non sono ancora funzionanti, il controsoffitto di Rivoli non è caduto per i tagli della Gelmini. E i tagli all’edilizia scolastica li hanno fatti tutti, perché l’edilizia scolatica non porta voti. Tu ripari una scuola e chi se ne accorge? Vuoi mettere che altro effetto fa una bella, peraltro utilissima, rotonda? [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/11/2008]