Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2011  giugno 22 Mercoledì calendario

L’impresa e la tragedia di Nobile al Polo Nord

• Nel maggio del 1928 Nobile torna al Polo Nord con una spedizione tutta italiana, anche se del gruppo fanno parte anche due scienziati stranieri, lo svedese Finn Malmgren e il cecoslovacco Frantisek Behounek. Il 24 maggio 1928 il dirigibile Italia è esattamente sopra il Polo Nord, ma le avverse condizioni del tempo gli impediscono di atterrare sulla banchisa. Il 25 la tragedia: l’Italia perde quota e si schianta sui ghiacci dell’Artico, lasciando sul pack il relitto della cabina di pilotaggio, un morto e nove superstiti (tra i quali Nobile), e prendendo di nuovo il volo privo di controllo con sei persone a bordo (di cui non s’è avuta più notizia). Il generale viene tratto in salvo prima degli altri, il 23 giugno. Ne nacque quasi subito una furiosa polemica. Nobile è accusato di aver abbandonato i suoi uomini. E ha come nemico Italo Balbo, potente sottosegretario all’Aeronautica, che «non accettava che l’immagine dell’Aeronautica fascista fosse ancora rappresentata dai vecchi, lenti e vulnerabili dirigibili, teso com’era a creare, citando le sue stesse parole, “un’aviazione prima sportiva, poi disciplinata, quindi militarmente efficiente”». [Volare 3/1999]

• «No, non sono fuggito – mi disse Nobile, e sollevò su di me quei suoi penetranti occhi azzurri – Lundborg volle portare me, questi erano gli ordini che aveva ricevuto. O me o nessuno. Ci consultammo fra noi. Viglieri e Trojani mi dissero che dovevo andare. Così andai, sì, per primo, ma senza sospettare che quell’atto, impostomi dalle circostanze, sarebbe stato considerato una fuga». [Giuseppe Mayda, Sta. 1/8/1978]