La Gazzetta dello Sport, 22 giugno 2011
Giornata buona ieri per il governo. Alla Camera, il decreto sviluppo, su cui era stata posta la fiducia, è passato con 317 “sì”, cioè per la prima volta dall’uscita dei finiani Berlusconi ha ottenuto la maggioranza assoluta dei consensi (che è di 316 voti)
Giornata buona ieri per il governo. Alla Camera, il decreto sviluppo, su cui era stata posta la fiducia, è passato con 317 “sì”, cioè per la prima volta dall’uscita dei finiani Berlusconi ha ottenuto la maggioranza assoluta dei consensi (che è di 316 voti). Nel pomeriggio al Senato il Cav ha poi parlato per poco meno di quaranta minuti, prendendosi un paio di applausi e senza che dall’opposizione si avanzassero mozioni di sfiducia o documenti capaci di mandar sotto il governo. Pd e Idv hanno valutato che un tentativo di verifica – per esempio sulla questione dei ministeri da portare al nord – se respinto, avrebbe potuto produrre un involontario rafforzamento del governo.
Già, com’è finita la questione dei ministeri?
L’altra notte leghisti e pidiellini hanno raggiunto
un accordo per spostare “alcuni dipartimenti”. Anche se lo faranno davvero,
sarà un’operazione lunga. Le probabilità che – al di là delle enunciazioni –
non se ne faccia niente in assoluto sono alte.
E il discorso di Berlusconi? Come mai è andato a
parlare in Senato?
Visti i cambi nella maggioranza, con l’uscita di
Fini e l’ingresso dei cosiddetti Responsabili, Napolitano aveva chiesto al
premier un passaggio parlamentare per spiegare ufficialmente a deputati e
senatori che cosa era successo e saggiare, se qualcuno lo avesse ritenuto
opportuno, la tenuta del nuovo schieramento. Berlusconi andrà oggi alla Camera
a ripetere il discorso. È possibile che qui qualcuno tenti la strada di un voto,
magari su una risoluzione. Il voto di fiducia di ieri dovrebbe però risultare
scoraggiante. Nel suo discorso, peraltro, Berlusconi è apparso stanco, ma
sicuro del fatto suo. Ha respinto tutte le accuse, tutti gli attacchi, negato
ogni divisione, minimizzato la sconfitta alle amministrative. Il referendum
l’ha nominato solo per annunciare una nuova politica energetica che dovrà tener
conto della diversificazione delle fonti senza deturpare il paesaggio.
A Bossi ha risposto?
Sì, e credo esaurientemente, a parte forse la Libia,
dove non ha potuto far altro che richiamarsi agli impegni internazionali del
nostro Paese e alla volontà annunciata della Nato di por fine alle operazioni
entro settembre. Sulla riduzione dei contingenti all’estero ha rinviato alla
discussione che si svolgerà al Consiglio Supremo di Difesa, mostrando
disponibilità. Il premier ha peraltro rivendicato i successi umanitari della
missione, che avrebbe salvato migliaia di civili e di centri abitati dalle
distruzioni a cui era pronto Gheddafi.
[Giorgio Dell’Arti, La Gazzetta dello Sport 22 giugno 2011]
I punti di Bossi eran i ministeri al nord, la
riforma fiscale, il dimezzamento dei parlamentari, il senato federale.
Sui ministeri al nord non ha detto una parola. La
delega per la riforma fiscale sarà varata dal consiglio dei ministri prima
dell’estate. Il nuovo sistema avrà le caratteristiche che aveva già anticipato
Tremonti alcuni giorni fa: tre aliquote invece di cinque, e più basse; cinque
imposte in cui concentrare le miriadi di tributi esistenti. I soldi si
troveranno scavando dentro le centinaia di privilegi fiscali. Il Cav ha negato
qualunque contrasto col suo ministro dell’Economia: è grottesca la
rappresentazione della stampa, secondo cui vi sarebbe, all’interno della
maggioranza, una componente pronta a buttare i soldi pur di abbassare le tasse
e un’altra componente a guardia invece del rigore. Il presidente del Consiglio
ha anzi rivendicato, parlandone a lungo all’inizio, la politica economica del
governo, capace di difendere i conti del Paese e di risparmiargli pericoli
greci. Ha promesso anche che prima dell’estate sarà presentato un disegno di
legge costituzionale relativo alla creazione del senato federale e al
dimezzamento del numero dei parlamentari. Ha definito “storica” questa riforma,
da realizzare entro la fine di questa legislatura.
Politicamente niente? Possibile che tutta
quest’ira di Dio dell’ultimo mese non abbia
suscitato neanche un commento?
Sì, il commento c’è stato, ed è quest non esiste
al mondo un governo, legittimamente eletto in regolari elezioni politiche, che
si dimetta perché non è andato bene a un voto amministrativo di mezzo termine.
Era implicita, in questa considerazione, anche la constatazione che tutti i
governi, in genere, hanno un brutto risultato quando sono a metà strada. Il
Cavaliere ha invece rivendicato i successi della sua amministrazione, dalla
lotta alla criminalità alle riforme (università, giustizia civile, ecc.)
A proposito di giustizia: insiste con la riforma?
Sì, ha ribadito i cinque punti su cui aveva ottenuto
la fiducia l’anno scorso. E uno dei cinque era appunto la riforma della
giustizia. Ha invitato i moderati dell’opposizione a entrare nella maggioranza
per rafforzarla. Cioè l’Udc come partito o i suoi parlamentari singolarmente.
Ha chiuso invitando anche l’opposizione a collaborare – come vuole Napolitano –
ed esclamand «Viva l’Italia».