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 2009  aprile 06 Lunedì calendario

Tremonti sta pensando a un ter­zo scudo fiscale, da realizzare magari in accordo con l’Unione Europea, visto che la Ue è diven­tata tanto sensibile al problema dei paradisi…• Stiamo parlando di tasse, no? Ma il resto del discorso non è che l’ho capito molto

Tremonti sta pensando a un ter­zo scudo fiscale, da realizzare magari in accordo con l’Unione Europea, visto che la Ue è diven­tata tanto sensibile al problema dei paradisi…

Stiamo parlando di tasse, no? Ma il resto del discorso non è che l’ho capito molto...
Si chiama «scudo fiscale» un provvedimento che permette a chi ha soldi all’estero di farli rientrare in Italia senza passare guai, e pagando una piccola am­menda in percentuale. Lo Sta­to, incassata l’ammenda, si im­pegna a non far domande: tu puoi avere i soldi all’estero per­ché hai evaso il fisco o perché ti sei fatto pagare all’estero una tangente (il cosiddetto «estero su estero», normale per la corru­zione in campo petrolifero o nel traffico d’armi, tutti campi in cui l’altra parte è straniera) o magari sei un criminale che manda all’estero attraverso fal­se fatturazioni i soldi delle estor­sioni o dello spaccio di droga...

Lei fa questi elenchi con noncu­ranza, è tutta roba che fa pro­prio schifo...
Lo so. Il problema è che gli italia­ni hanno all’estero in questo mo­mento 550 miliardi, cioè un ter­zo del debito pubblico. Sarebbe bello far la guerra ai Paesi che custodiscono questi soldi e so­no quindi complici. Andare lì con i soldati, sbattere dentro tut­ti, sequestrare i soldi a tutti que­sti che fregano, abbattere il no­stro indebitamento, liberare ri­sorse per dare lavoro a tutti... Bello, ma non ho bisogno di spiegare che non si può fare.

Stava dicendo dello scudo fi­scale.
Sì. Tremonti ha fatto ricorso al­lo scudo due volte, nel 2001 e nel 2003. Chi riportava i soldi in Italia lasciava al fisco il 2,5% del­la somma. Risultati non disprez­zabili: tornarono 78 miliardi e le percentuali dicono come gli italiani piazzano i loro capitali neri nel mondo: il 58% dei soldi rientrò dalla Svizzera, il 14% dal Lussemburgo, il 10% dalla Germania. Lo Stato mise in cas­sa quasi due miliardi. Ora c’è una nuova sensibilità nei con­fronti dei paradisi fiscali, sensi­bilità di cui si è avuta consapevo­lezza al G20 londinese dell’al­tro giorno. Gli europei, nono­stante le resistenze cinesi dovu­te ai casi di Hong Kong e Ma­cao, hanno ottenuto un impe­gno planetario contro questi pa­radisi. I paradisi fiscali sono una quarantina e quello che gli Stati-vittima vorrebbero è la tra­sparenza: quando io Italia chie­do a te banca delle isole Cay­man chi sono gli italiani che hanno un conto da te, tu me lo devi dire. Nel momento in cui accetti questo, cessi di essere un paradiso fiscale.

Non accetterà nessuno.
San Marino sta accettando. La banca svizzera Ubs è stata co­stretta a passare al Tesoro Usa i nomi di 750 correntisti america­ni: il Tesoro aveva spiegato che, in caso contrario, il governo le avrebbe ritirato la licenza. C’è stato poi il caso del Liechten­stein, una cui banca venne sma­scherata un anno fa da segugi tedeschi (dei 4.500 clienti bec­cati, 390 erano italiani). Insom­ma qualche incrinatura c’è sta­ta. E il momento appare piutto­sto favorevole. Per due ragioni. La prima è la crisi. Tutti i Paesi hanno bisogno di risorse e la pratica di piazzare i soldi nei pa­radisi fiscali per non avere fasti­di dal fisco ha prodotto ormai numeri impressionanti. La som­ma che i ricchi di tutto il mondo hanno inguattato in Jersey, Lus­semburgo, Svizzera, Londra ec­cetera ammonta a 11.500 miliar­di di dollari, con una perdita sec­ca annuale per gli Stati di tutto il pianeta pari a 250 miliardi. I paradisi coprono inoltre attivi­tà criminali per 1000-1600 mi­liardi di dollari l’anno (dati del­la Banca Mondiale). La benefi­cenza verso i Paesi poveri aiuta a stornare altro denaro: per ogni dollaro effettivamente con­segnato ai bisognosi, altri 5­8 svaniscono nel nulla. Dagli anni Settanta ad oggi il numero dei paradisi fiscali è triplicato. For­se siamo arrivati al culmine e una correzione sarà inevitabile.

E la seconda ragione?
La seconda ragione per cui i tempi potrebbero essere favore­voli è molto maliziosa. Quando i potenti della Terra si fanno co­sì sensibili nei confronti del­l’evasione fiscale e dei paradisi terrestri, gatta ci cova. Perché, naturalmente, noi sappiamo be­ne che i ricchi e i potenti – qua­lunque cosa dicano nei loro co­mizi – sono grandi amici. Se dunque i potenti si sono messi in testa di fare qualche dispetto ai ricchi, deve esserci qualche convenienza anche per i ricchi. E in effetti, qualche convenien­za c’è. Le banche dove questi furboni hanno messo i loro sol­di non sono infatti più sicure co­me un tempo. Con quanti titoli tossici hanno giocato a Singapo­re o nel Delaware? Non si sa. E se poi qualche istituto di questi salta per aria? Se invece che al fisco i denari finissero nel nul­la? più prudente rientrare, no?, almeno momentaneamen­te. Pagando naturalmente il me­no possibile di multa... [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 6/4/2009]