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 2009  aprile 14 Martedì calendario

Ci sono dieci italiani sequestrati in Somalia. Fanno parte del­l’equipaggio della Buccaneer, un rimorchiatore intercettato dai pirati che infestano l’area del Golfo di Aden

Ci sono dieci italiani sequestrati in Somalia. Fanno parte del­l’equipaggio della Buccaneer, un rimorchiatore intercettato dai pirati che infestano l’area del Golfo di Aden. L’intero equipag­gio è formato da 16 uomini. Ol­tre agli italiani ci sono 5 romeni e un croato. La nave batte ban­diera italiana ed è di proprietà della Micoperi di Ravenna. Sia i responsabili della Micoperi che i familiari delle vittime hanno chiesto il silenzio stampa. I dieci italiani sequestrati si chiamano: Mario Iarlori, comandante; Ma­rio Albano e Tommaso Cavuto, ufficiali; Ignazio Angione, diret­tore di macchina; Vincenzo Mon­tella, Giovanni Vollaro, Bernar­do Borrelli, Pasquale Mulone, Fi­lippo Speziali, marinai; Filome­no Troino, cuoco.

Com’è andata?
La Buccaneer, 75 metri di lun­ghezza, stava trainando due chiatte vuote da Singapore a Suez. Monaldo Bolognini, co­mandante della base operativa della Micoperi che sta a Orto­na, ha detto che fino al momen­to del sequestro, sabato scorso, era andato tutto secondo le re­gole. «Mezz’ora più tardi ci han­no comunicato di esser circon­dati da pirati. I contatti sono ca­duti». In quel momento il rimor­chiatore si trovava 70 miglia a sud di Aden. Per quanto se ne sa, a bordo sono saliti dieci pira­ti e con la scorta di tre navi velo­ci hanno portato la Buccaneer a Laasqoray. Siamo nella cosid­detta repubblica autonoma del Puntland, un pezzo della Soma­lia nordorientale che s’è procla­mata autonoma nel 1998 e che il governo di Mogadiscio, politi­camente debolissimo, non è in grado di controllare.

Quanto hanno chiesto di riscat­to?
Silvio Bartolotti, general mana­ger della Micoperi, dice che il riscatto non è stato chiesto e che l’equipaggio sta bene.

Come fa a saperlo?
Che l’equipaggio stia bene non è strano. A Eyl, la capitale di questa nuova Filibusta, ci sono centinaia di marinai sequestra­ti, di tutto il mondo, a cui i loca­li affittano camere e a cui offro­no ogni genere di servizi: cibo, alcol, gioco, donne. Questo quando agli equipaggi rapiti viene concesso di scendere a terra. Solo che c’è stato un im­provviso aumento della tensio­ne.

Perché?
Mercoledì scorso, i pirati hanno intercettato, 400 miglia a sud-est del porto di Eyl, il Maersk Alaba­ma, un porta-container noleggia­to dagli americani, 17 mila tonnel­late di stazza. A bordo, 20 uomini d’equipaggio. Il cargo stava navi­gando per conto del World Food Program delle Nazioni Unite, cioè era una nave-beneficenza che doveva consegnare 4097 ton­nellate di cereali a Somalia e Uganda, e 990 tonnellate di olio ai profughi del Kenya. Il coman­dante, Richard Phillips, ha propo­sto: «Prendete me e lasciate stare nave ed equipaggio». I pirati hanno accettato e l’hanno fatto salire a bordo del loro barchino, uno di questi gusci iper-tecnologizzati con cui sono soliti andare all’attacco. Erano in quattro e hanno fatto sapere di volere uno o, secondo altre fonti, due milioni di dollari. S’è avvici­nato intanto il Bainbridge, caccia­torpediniere della marina Usa che incrocia la zona, come decine di altre navi da guerra di tutto il mondo, compresa la nostra frega­ta Maestrale, che sta adesso nel­l’area di Laasqoray. Uno dei pira­ti è salito a bordo e, mentre stava trattando, il capitano Phillips s’è buttato in mare e dalla Bainbrid­ge hanno sparato sul barchino ammazzando i tre pirati e facen­do poi prigioniero quello che era a bordo.

E’ questo che rischia di far finire male il sequestro della Bucca­neer?
Sì. Le nazioni stanno reagendo, i tedeschi e i francesi hanno deciso di combattere anche loro. Un por­tavoce dei pirati, Abdi Garad, pro­mette vendetta. Un negoziatore americano, Donald Paine, è arri­vato sul posto. Qui Obama, a dif­ferenza di Bush, sembra deciso a dar battaglia. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 14/4/2009]