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 2009  aprile 19 Domenica calendario

La guerra fredda tra Cuba e Sta­ti Uniti, in corso da 50 anni, sta forse finendo. Il merito è di Ba­rack Obama, ma anche di Raúl Castro, il fratello di Fidel, che re­gna sull’isola da quando Fidel è malato

La guerra fredda tra Cuba e Sta­ti Uniti, in corso da 50 anni, sta forse finendo. Il merito è di Ba­rack Obama, ma anche di Raúl Castro, il fratello di Fidel, che re­gna sull’isola da quando Fidel è malato. Fidel, che ha rinunciato a ogni carica, si limita a scrivere articoli nei quali critica ogni mi­nima deviazione dall’ortodos­sia. Raúl, però, non se ne fa spa­ventare.

Perché Cuba è così importan­te? Alla fine non si tratta che di un isolotto.
Beh, non proprio microscopico, però: undici milioni di abitanti. C’è poi il fatto che è a pochi pas­si dagli Stati Uniti e, per mezzo secolo, ha fatto da avamposto sovietico nelle Antille. Facendo impazzire gli americani. Nel 1959, Castro aveva rovesciato un fantoccio yankee, il genera­le Batista (la scena è stata rico­struita nel secondo episodio del Padrino), e posto fine a un regime totalmente in mano agli americani e imperniato su cor­ruzione, gioco d’azzardo e pro­stituzione. Vi fu una fuga di cu­bani in America e un tentativo da parte di Kennedy di ripigliar­si l’isola con un’invasione anda­ta a vuoto (quest’altro episo­dio, noto come crisi della Baia dei Porci, sta in American Ta­bloid, il romanzo-capolavoro di James Ellroy). Poi la crisi dei missili: nell’ottobre del 1962 Kruscev, capo dell’Urss, mandò delle navi a Cuba con l’intenzio­ne di installare sull’isola missili puntati verso gli Stati Uniti. Kennedy, minacciando lo scop­pio di un conflitto, lo costrinse a fermarsi. La memoria di que­sta crisi, la peggiore del Dopo­guerra, e il fascino di Castro’ uno dei miti, come Che Gueva­ra, della sinistra mondiale – hanno fatto di Cuba uno dei centri permanenti dell’attenzio­ne e della tensione mondiale, ben al di là dell’effettiva consi­stenza politica e militare del­l’isola.

E’ tutto finito con la malattia di Castro?
E’ finito molto prima, in realtà, forse addirittura prima della ca­duta del Muro di Berlino. Intan­to è andato scemando l’interes­se del mondo per il socialismo alla cubana. E poi sono via via venute meno le preoccupazioni e le ansie di tutti, anche se Ca­stro non ha in definitiva mai modificato toni, atteggiamenti e politiche antiamericane. Tan­t’è vero che il famoso embargo è ancora in vigore dopo mezzo secolo, anche se allentato.

Che cos’è l’embargo?
Kennedy, nel 1962, proibì l’im­portazione di qualunque pro­dotto cubano e vietò alle azien­de americane e alle loro divisio­ni estere di avere relazioni com­merciali con l’isola. Vietata ai privati cittadini anche ogni transazione finanziaria con i cu­bani. Questo regime molto du­ro – e che a Cuba è costato – vie­ne ora ammorbidito per la pri­ma volta, non solo per volontà di Obama, ma anche per deci­sione del Congresso. Spinti da un rapporto del Senato intitola­to Changing Cuba Policy In the Unites States National Interest («Cambiare la politica verso Cu­ba nell’interesse degli Stati Uni­ti »), i parlamentari hanno co­minciato con l’addolcire alcune restrizioni: i cittadini america­ni di origine cubana potranno andare una volta l’anno a Cuba a visitare la famiglia e restarci per il tempo che desiderano (fi­nora era consentita una sola vi­sita ogni tre anni per un perio­do massimo di due settimane); ci saranno minori restrizioni sull’export di medicine e beni alimentari verso l’isola (non cambia nulla, però, per le espor­tazioni agricole). Giovedì scor­so, da Città del Messico, Oba­ma ha poi detto di esser pronto anche a prendere nuove misu­re, «però vediamo se anche loro sono pronti a cambiare».

E Raúl ha risposto?
Sì, e molto positivamente. «Ab­biamo fatto sapere al governo nordamericano – ha detto – che quando loro vorranno po­tremo discutere tutto: diritti umani, libertà di stampa, pri­gionieri politici, qualunque co­sa, qualunque cosa di cui voglia­no parlare». La risposta ameri­cana è stata affidata a Hillary Clinton: «Abbiamo visto i com­menti del presidente Raúl Ca­stro e salutiamo le sue dichiara­zioni e l’apertura che rappre­sentano. Stiamo studiando mol­to seriamente quella che sarà la nostra risposta».

Allora è fatta?
Raúl non sta permettendo a Yo­ani Sanchez, la giovane filolo­ga che sul suo blog racconta senza ipocrisie la vita dell’isola, di venire alla Fiera del Libro di Torino. Quindi, di strada da fa­re ce n’è ancora parecchia. Però a Port of Spain, dove è in corso un vertice panamericano, il cli­ma politico è molto buono. Oba­ma ha stretto la mano a Chávez ( nella foto Reuters in alto), e Jo­sé Miguel Insulza, il segretario generale Organizzazione degli Stati Americani, vuole chiede­re la riammissione di Cuba, che fu espulsa nel 1962. Sarebbe un altro passo avanti verso la nor­malizzazione. Merito di Raúl. E merito di Obama. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 19/4/2009]