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 2009  aprile 24 Venerdì calendario

L’operazione Fiat-Chrysler si sta allargando verso l’Europa e po­trebbe includere l’acquisizione di Opel

L’operazione Fiat-Chrysler si sta allargando verso l’Europa e po­trebbe includere l’acquisizione di Opel. Il settimanale tedesco Spiegel dice che Fiat comprerà la Opel martedì prossimo, o, me­glio, la avrà in regalo, dato che la General Motors (che chiuderà temporaneamente 13 fabbriche e taglierà la produzione di 190 mi­la veicoli) è disposta a cederla gratis a chi è pronto a fare inve­stimenti. Marchionne, che in questo istante sta in America, ai giornalisti che lo assediavano ha detto: «La Opel può essere una buona opportunità, ma non ab­biamo niente da annunciare, non c’è nulla di deciso, non c’è nessun colloquio diretto».

E allora: vero o falso?
Quella di Marchionne, senza es­sere una conferma, non è però neanche una smentita. Si può fare il paragone con la smentita dell’altro giorno: il capo della Fim-Cisl, Bruno Vitali, chiama­to a Detroit per discutere con i colleghi del sindacato america­no (la United Auto Workers), al termine della riunione ha rila­sciato questa dichiarazione, re­lativa alla trattativa con Chry­sler: «Ci siamo al 90%. L’accor­do potrebbe essere definito nel pomeriggio. Poi Marchionne potrebbe presentarlo al consi­glio Fiat». Apriti cielo! Vitali s’era spinto troppo in là e dichia­razioni come questa possono far saltare tutto. Il vertice del Lingotto s’è precipitato a detta­re alle agenzie una smentita as­soluta: «Non corrisponde al ve­ro che sia stata raggiunta un’in­tesa tra Chrysler e i sindacati statunitensi e canadesi, nè che l’accordo sia definito al 90%». Paragoni queste parole alla ri­sposta data da Marchionne ai giornalisti ieri sulla Opel. Non vede una certa differenza?

Già. Quindi potremmo dire che ci siamo?
No, non ancora. Non possiamo ancora dire che «ci siamo» né per quanto riguarda la Chrysler né per quanto riguarda la Opel. Sulla Chrysler, Marchionne ha fatto diramare ieri sera un co­municato in cui si dice che «la trattativa è ancora totalmente aperta e non è possibile preve­dere la tempistica e l’esito fina­le ». Il New York Times poi scrive che il Tesoro sta preparando il fallimento di Chrysler ( Chapter 11) da far scattare il 1˚ maggio: finanzierebbe lo stesso l’opera­zione con Fiat, garantirebbe ai dipendenti le pensioni e gli al­tri ammortizzatori sociali, ma terrebbe sotto pressione, in que­sto modo, le banche che nella procedura fallimentare non po­trebbero pretendere neanche un dollaro (il Chapter 11 serve proprio per proteggere le azien­de in crisi dai creditori). I credi­tori di Chrysler sono una cin­quantina, li capeggia JP Mor­gan Chase. Devono avere da Chrysler circa 7 miliardi. Mar­chionne e la Casa Bianca (che procedono di concerto) aveva­no chiesto di accontentarsi di un miliardo, le banche hanno fatto sapere di volere 4 miliardi e mezzo e il 40% della società, il governo Usa ha controfferto un miliardo e mezzo e il 5% del­le azioni. Ieri il governatore del Michigan, Jennifer Granholm, un’affascinante signora bion­da, ha spedito alle banche una lettera in cui le invita a fare la loro parte «per evitare la deva­stazione che seguirebbe la ban­carotta o la liquidazione di Chrysler». Le banche, con la re­putazione che si ritrovano in questo momento, non hanno la forza politica per resistere più di tanto. E perciò cederanno.

E la storia di Opel?
Spiegel l’ha scritta, ma se ne par­la da tempo. Opel, benché ab­bia ottenuto un bell’incremen­to di vendite dopo la legge sulla rottamazione varata dalla Me­rkel (i tedeschi con gli aiuti so­no partiti prima di noi), ha avu­to ancora bisogno di un aiuto pubblico per 1,8 miliardi di eu­ro. A metà marzo sembrava che la soluzione più probabile ai problemi dell’azienda – che è una controllata General Mo­tors – sarebbe stata l’acquisto da parte dello Stato. Ma il 31 marzo la Merkel ha incontrato i dipendenti nella sala K18 del modernissimo stabilimento di Rüsselsheim e ha annunciato che l’intervento pubblico era da escludere: ci voleva un part­ner privato. Non ha fatto nomi, ma il capo dei sindacati, Klaus Franz, ha fatto subito sapere che la soluzione meno desidera­ta sarebbe stata proprio quella della Fiat. Ieri, dopo le indiscre­zioni dello Spiegel, Franz l’ha detta chiara: «La Fiat no».

Perché?
Le due aziende sono molto simi­li e già adesso nelle loro auto­mobili ci sono molte componen­ti in comune (per esempio, Fiat Punto e Opel Corsa hanno lo stesso pianale). Significa che l’arrivo degli italiani provoche­rà un taglio consistente di posti di lavoro, viste le grandi sovrap­posizioni tra le due fabbriche. Del resto con le sue richieste al sindacato americano, Mar­chionne ha già fatto vedere di voler tagliare implacabilmente i costi. E «costi» in questo caso vuol dire soprattutto «costi del lavoro». La Opel ha tremila di­pendenti.

E la Merkel è d’accordo che en­tri Fiat?
La Merkel vuole Fiat. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/4/2009]