La Gazzetta dello Sport, 26 aprile 2009
Mercoledì prossimo Barack Obama farà cento giorni di presidenza e i giornali hanno già cominciato a far bilanci
Mercoledì prossimo Barack Obama farà cento giorni di presidenza e i giornali hanno già cominciato a far bilanci...
• Come si fa a far bilanci dopo così poco tempo? A me pare ieri che s’è insediato.
Time l’ha messo in copertina e ha scritto che il Presidente ha fatto cose fantastiche. Sono molto belle, come sempre, le foto del servizio. Altri commentatori sono più critici, fino ai radicali che accusano Obama di non aver fatto niente e di aver sostanzialmente lasciato in piedi «lo stato di polizia» di Bush. I sondaggi sono favorevoli a Barack. Gallup gli attribuisce un gradimento del 64%, la più alta percentuale per un presidente dal 1977... Oddìo, il 1977 non è questa gran data, il presidente era Carter e dopo il record di gradimento, al terzo mese precipitò di brutto. In ogni caso, anche l’Associated Press dice che il Paese sta con Obama, i suoi sondaggisti hanno verificato che il 48% pensa che Obama sia sulla strada giusta, il 44% no, gli altri non sanno dire. buono anche questo dato.
• Ma in definitiva, dal 20 gennaio a oggi, Obama che cosa ha fatto?
Beh, parecchie cose. Il punto è se le scelte compiute sono giuste oppure no. Per esempio in economia: ha varato provvedimenti di stimolo per 789 miliardi di dollari, cioè ha confermato in definitiva la linea del ministro del Tesoro di Bush, Paulson. Infatti, l’idea del suo ministro del Tesoro Geithner per liberare le banche dei titoli tossici è piaciuta moltissimo a Wall Street (anche se adesso i finanzieri cominciano ad aver dubbi), molto meno a un bel mucchio di premi Nobel e di commentatori di sinistra.
• Molto favorevole alle banche?
Troppo favorevole alle banche. E con un costo tutto sulle spalle dello Stato. Ricordiamoci che il profluvio di aiuti decisi dalla Casa Bianca ha trovato una forte resistenza in Europa. Restano fermi i timori di inflazione, per quando la domanda riprenderà. E la disoccupazione è alta. Sull’altro piatto della bilancia bisogna però mettere il fatto che qualche risultato si comincia a vedere, e un po’ di merito deve essere della politica decisa a Washington: i prezzi delle case americane hanno recuperato un minimo, il dollaro tiene. Però, naturalmente, ha ragione lei: è presto.
• Non è bello che abbia promesso a tutti, finalmente, l’assistenza sanitaria?
Sì, il presidente ha spinto forte sullo stato sociale: maggiore assistenza sanitaria per vecchi e bambini, più borse di studio per mandare i figli dei poveri nei college, otto miliardi destinati all’alta velocità ferroviaria per collegare i centri più sperduti del Paese, forti incentivi alla realizzazione di reti informatiche nelle campagne, forte volontà di costruire infrastrutture. Badi che gli stanziamenti annunciati non hanno convinto tutti: Community Health Service (sanità), Vulcan Materials (leader della fornitura di sabbie e ghiaia per autostrade), Cisco System, che dovrebbe guadagnare dall’informatizzazione delle zone rurali, quotano più o meno come a gennaio. E sono aziende che, in base a quello che Barack proclama, dovrebbero invece guadagnare parecchio.
• E sulla politica estera? Come bisogna giudicare tutte queste aperture, tutti questi discorsi relativi alla fine degli scontri e della guerra?
Ci sono alcuni risultati indubbi. Obama ha ricucito un rapporto con Mosca, facendo intendere che non vuole dar seguito ai progetti di Bush sullo scudo spaziale. stato clamoroso il cambio d’approccio in Sud America, prima con l’ammissione che la politica verso Cuba non ha funzionato, affermazione che ha favorito le controaperture del fratello di Castro. Poi con le pacche sulle spalle al demagogo Chávez, che ha controvoglia dovuto fare buon viso al nuovo gioco Usa. Ha fatto sensazione la convocazione di Abu Mazen, Netanyahu e Mubarak per giugno. Forse è l’ennesima mossa ad effetto e con pochi risultati pratici. Ma forse no. Il problema, naturalmente, è che l’attuale leadership israeliana non crede ai due Stati, e soprattutto non li vuole. Il ritiro dall’Iraq è stato confermato, ma voglio vedere se sarà veramente attuato fino in fondo. In Afghanistan arriveranno altri soldati, e si sapeva. Il vero problema è l’Iran. Il gran discorso ai musulmani, fatto in Turchia, e le aperture a Teheran sono il modo giusto di affrontare l’enigma persiano? Qui rispondere è due volte difficile: a complicare il quadro ci sono infatti le elezioni e la possibilità che Ahmadinejad non sia riconfermato. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 26/4/2009]