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 2009  maggio 08 Venerdì calendario

Il quotidiano Handelsblatt scrive, nella sua versione on line, che Fiat avrebbe intenzione di chiudere due stabilimenti in Italia, uno al Sud e uno al Nord, e che avrebbe presentato questo progetto l’altro giorno al ministro dell’Economia tedesco, Guttenberg, forse per rassicurarlo sulle intenzione della casa torinese relativamente agli operai tedeschi

Il quotidiano Handelsblatt scrive, nella sua versione on line, che Fiat avrebbe intenzione di chiudere due stabilimenti in Italia, uno al Sud e uno al Nord, e che avrebbe presentato questo progetto l’altro giorno al ministro dell’Economia tedesco, Guttenberg, forse per rassicurarlo sulle intenzione della casa torinese relativamente agli operai tedeschi. La notizia, diffusa in mattinata, ha provocato reazioni durissime tra i sindacalisti italiani, che già nei giorni scorsi avevano chiesto chiarimenti sulle intenzioni di Sergio Marchionne (e il grande manager aveva rassicurato: «Non sono Marchionne l’americano…»). Adesso Rinaldini della Cgil e Bonanni della Cisl strepitano, comprensibilmente. Rinaldini: «Per noi è assolutamente inaccettabile qualsiasi ipotesi di chiusura di stabilimenti Fiat in Italia. Un simile irresponsabile disegno porterebbe all’apertura di un pesante conflitto sociale». Bonanni vuole subito un tavolo e «puntare sulla ricerca con la garanzia da parte del governo di incentivi per favorire la realizzazione di nuovi motori a idrogeno, elettrici, ibridi, comunque a risparmio energetico».

Fiat non ha smentito?
Fiat ha detto: «No comment». Non proprio tranquillizzante.

Come dobbiamo interpretarlo?
Penso così: «Non possiamo escluderlo. Non possiamo confermarlo ». Marchionne ha fatto sapere che non si commentano le indiscrezioni. Scajola, il ministro dello Sviluppo economico, ha scritto una lettera al presidente della Fiat Luca Cordero di Montezemolo: «Nella certezza che l’eccellenza degli stabilimenti italiani continui ad essere assicurata mi attiverò dunque per programmare un incontro a breve termine, anche alla presenza delle organizzazioni sindacali». La politica non vuole tagli né in Italia né in Germania. Solo che in Germania ci sono le elezioni. L’ex cancelliere Schroeder, che è a libro paga di Putin, tira la volata a Magna, dietro cui ci sono i russi. La notizia a Handelsblatt è stata data probabilmente da questa lobby. Istigare il sindacato italiano è un modo per mettere i bastoni fra le ruote al Lingotto nel momento in cui comincia ad avanzare in Germania. Neanche il sindacato tedesco vuole i torinesi.

Ma è possibile che Marchionne, mentre si allarga in America in Germania in Svezia in Brasile in Sudafrica, tagli in Italia?
Il padrone guarda i numeri e i numeri, relativamente all’Italia, dicono quanto segue. Sul piano internazionale: nel segmento delle utilitarie Melfi e Termini Imerese (Grande Punto e Lancia Ypsilon) se la vedono con gli impianti di Gm ad Eisenach e con quelli spagnoli di Saragozza (Opel Corsa). Le piattaforme sono identiche. Cassino (Bravo e Delta) e Pomigliano (147) si sovrappongono alla tedesca Bochum, all’inglese Ellesemere e alla belga Anversa dove si monta la Astra. La Fiat Croma e l’Alfa 159 di Cassino e Pomigliano battono contro l’Insigna e la Vectra di Rüsselsheim. Infine, per le monovolume, si potrà scegliere tra Mirafiori (Multipla, Idea e Musa) e Saragozza- Bochum-Gliwice (Meriva e Zafira). Nel documento di cui parla Handelsblatt, 46 pagine battezzate “Progetto Phoenix”, oltre alla chiusura dei due stabilimenti italiani, localizzati, ma non nominati, si parlerebbe di potenziale chiusura di altre fabbriche tra cui Kaiserslautern. Rüsselsheim, Bochum, Saragozza, Troolhaettan in Svezia, Anversa in Belgio e forse anche Luton in Inghilterra e Graz in Austria sarebbero ridimensionate. In un documento precedente, rivelato dalla Frankfurter e stavolta smentito (benché fosse un’indiscrezione) si parlava di chiusura di dieci fabbriche. Poi ci sono le valutazioni strettamente nazionali.

In che senso?
I cinque stabilimenti italiani sono in grado di produrre più o meno un milione e 300 mila macchine l’anno. Nel 2008 ne hanno sfornate appena 665 mila. Gli stabilimenti a rischio sono Termini e soprattutto Pomigliano. Termini, che sta in provincia di Palermo, ha poco indotto e collegamenti difficili. A Pomigliano – che è il problema numero uno – l’unico modello importante è l’Alfa 159, dato che la Gt è poca roba e la 147 è a fine corsa. L’Alfa 149, nuova, potrebbe essere assegnata a Cassino, dove già si fanno Delta, Croma e Bravo. A Pomigliano novemila famiglie campano sulla Fiat. La parola “Pomigliano” è stata pronunciata anche dalle Brigate rosse di Desdemona Lioce, al processo.

I tedeschi dicono che Marchionne chiuderà uno stabilimento a nord. L’unico stabilimento a nord è Mirafiori.
Prima di Marchionne Mirafiori era perennemente a rischio. Si salvò grazie a un forte finanziamento degli enti locali torinesi. Certo solo pronunciare la parola ”Mirafiori” in questo contesto fa paura. È il più grande insediamento industriale d’Europa. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 8/5/2009]