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 2009  maggio 11 Lunedì calendario

Il ministro leghista dell’Interno, Roberto Maroni, dice che negli ultimi cinque giorni gli immigra­ti respinti alla frontiera sono sta­ti cinquecento

Il ministro leghista dell’Interno, Roberto Maroni, dice che negli ultimi cinque giorni gli immigra­ti respinti alla frontiera sono sta­ti cinquecento. Ancora ieri ne so­no stati riportati a Tripoli, da dove erano partiti, 240, tra i quali 42 donne e due neonati. Si ricorderà che, quattro giorni fa, 227 disperati a bordo di tre bar­coni erano stati bloccati nel ca­nale di Sicilia e riconsegnati al Paese da cui s’erano imbarcati, cioè la Libia. Si sa che quei 227 vennero accompagnati a Twe­scha, in un centro di detenzione che sta a 35 chilometri da Tripo­li. Questo metodo, di non acco­gliere e riconsegnare chi tenta di varcare clandestinamente una frontiera, è stato fortemente cri­ticato dall’Europa, dalla Chiesa e dall’opposizione di centro-sini­stra. Fortemente approvato inve­ce, con una dichiarazione appar­sa sui giornali di ieri, da Silvio Berlusconi.

Cominciamo da Berlusconi?
Cominciamo da Berlusconi. In­tanto il premier è convinto che non consentire l’accesso a chi è clandestino, non ha chiesto asi­lo politico e non ha ancora mes­so piede in Italia, è legittimo, non lede i trattati internaziona­li, non viola i diritti dell’uomo. La frase chiave del suo discorso tuttavia è: «Noi non vogliamo un’Italia multietnica, come vuole la sinistra».

Che significa?
La società multietnica è quella dove convivono diverse etnie senza integrarsi. Il termine «et­nia » le è chiaro? Diciamo: tutte quelle persone che provengo­no dallo stesso posto, parlano la stessa lingua, hanno le stes­se abitudini e, in genere, credo­no nello stesso Dio. Arrivando in un altro Paese, queste perso­ne hanno a che fare a un tratto con lingue e abitudini diverse e con un diverso Dio. Possono fa­re comunità a sé, chiudersi, di­fendere le proprie tradizioni da ogni contaminazione e non entrare quindi minimamente in contatto con i costumi locali. Oppure no. Nel primo caso, l’et­nia conserva i suoi caratteri di­stintivi e convive con le altre et­nie, a loro volta gelose del pro­prio profilo, e con la maggio­ranza che le tollera rifiutando­si di conoscerle. Ipotizzo che la società multietnica rifiutata da Berlusconi sia questa.

Non è mica una bella società.
E infatti credo che anche la sini­stra, quando difende la società multietnica, non pensi a que­sto. Credo che per la sinistra e per la Chiesa (per l’Unione eu­ropea non so dire) la società multietnica sia il luogo dove le etnie si scambiano i rispettivi valori, arricchendosi ciascuna dell’apporto dell’altra e ritro­vandosi poi tutte insieme in una comunità culturalmente più alta. Bello, ma purtroppo fi­no a oggi inesistente. Di solito il Paese che accoglie gli immi­grati li confina in ghetti urbani che spesso preesistevano all’ar­rivo degli immigrati stessi in quanto destinati ai poveri. La seconda generazione di immi­grati mostra in genere una gio­ventù già integrata nel Paese madre e che anzi parte alla con­quista di ciò che ai genitori è stato negato. Con la seconda generazione, cioè, la società multietnica è già quasi sparita. Il punto quindi è: che cosa vo­gliamo fare con la prima gene­razione di arrivi? Comportarci all’americana e cioè «Scordati del tuo Paese nel momento in cui metti piede qui»? Oppure al­la tedesca, e cioè considerare gli stranieri degli ospiti tempo­ranei e che al più presto se ne torneranno a casa loro? O alla francese e cavarsela con le mi­gliaia di chilometri quadrati di banlieues? O alla nordica e cre­dere che sia possibile accettare tutte le abitudini di chi arriva, salvo poi amaramente pentirsi dopo un quarto di secolo di esperienze?

Secondo me, Maroni e Berlu­sconi non vogliono gli stranieri. Punto e basta.
Mi pare francamente impossibi­le. Senza stranieri, saremmo un Paese la cui popolazione di­minuisce ogni anno di numero e aumenta ogni anno di età, due indici indiscutibili di deca­denza. Senza stranieri, la no­stra economia sarebbe a pezzi. Altro che ripresa o resistenza al­la crisi grazie alle piccole im­prese: le piccole imprese cam­pano grazie agli immigrati.

E allora di che cosa si tratta?
Di come governare il flusso. Di come far politica con questi nuovi arrivati, allo stesso tem­po una ricchezza e un proble­ma. Guardi che gli attacchi al governo sul punto del respingi­mento sono in gran parte stru­mentali. Tra il 1996 e il 1998, il governo di centrosinistra ha a sua volta adottato la pratica di riconsegnare i clandestini. Fas­sino, in un’intervista al Corrie­re della Sera uscita ieri, lo ha ricordato e, pur criticando il go­verno su tutto il resto, ha am­messo che «se si individua con certezza il luogo da cui è parti­to un barcone pieno di clande­stini è legittimo riportarlo in­dietro ». Maroni, in questo sen­so, non ha torto a cantar vitto­ria e a parlare di momento sto­rico: non solo l’Italia ha riman­dato indietro quei poveretti, ma Gheddafi, che sta per arriva­re in Italia, se li è anche ripresi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 11/5/2009]