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 2009  maggio 12 Martedì calendario

L’Europa continua a prenderse­la con noi per la questione del «respingimento», la pratica adot­tata la settimana scorsa grazie alla quale barconi di migranti in­dividuati in acque internaziona­li vengono respinti e costretti a tornare al porto di partenza (nel nostro caso, Tripoli)

L’Europa continua a prenderse­la con noi per la questione del «respingimento», la pratica adot­tata la settimana scorsa grazie alla quale barconi di migranti in­dividuati in acque internaziona­li vengono respinti e costretti a tornare al porto di partenza (nel nostro caso, Tripoli). Ieri si è espresso con severità il commis­sario per i diritti umani del Con­siglio d’Europa, Thomas Ham­marberg. Ha detto che quello che l’Italia ha fatto «è molto triste», perché «mina la possibilità per ogni essere umano di fuggire da repressione e violenza, ricorren­do al diritto d’asilo». Un discorso analogo ha fatto Laura Boldrini, portavoce dell’agenzia Onu per i rifugiati. Insomma all’estero la «svolta storica» di Maroni non è piaciuta per niente.

Ma questi che chiedono diritto d’asilo esistono veramente?
Ieri il ministro degli Esteri, Frat­tini, ha detto che su 100 clande­stini l’asilo politico viene con­cesso a 20, cioè uno su cinque. Amnesty International dà cifre un po’ più alte: tre immigrati su dieci chiedono asilo politico e alla metà viene concesso. Fratti­ni spiega che la linea di condot­ta italiana è stata concordata a livello di Comunità Europea lo scorso dicembre e che il Consi­glio d’Europa, quello che ieri ci ha rimproverato, non ha niente a che fare con la Ue. Ha aggiun­to: «Non è che noi possiamo consentire a 100 clandestini di entrare per accogliere 20 do­mande d’asilo».

E allora?
Per il momento non c’è una ri­sposta. E la maggioranza, nono­stante l’appoggio forte di Berlu­sconi alla posizione leghista («Non vogliamo una società multietnica»), è spaccata. Fini ha ancora una volta preso una posizione critica verso il gover­no.

Che cosa ha detto?
«Respingere l’immigrato che vuole entrare clandestinamen­te non viola il diritto internazio­nale. il diritto internazionale che lo prevede, ma è giusto che venga verificata la sussistenza dei requisiti per chiedere l’asilo prima di riaccompagnare il clandestino al Paese da cui pro­viene ». un modo per dire che il respingimento non si può fa­re, che Maroni ha sbagliato, che le intese a livello di Comuni­tà Europea e l’accordo con la Li­bia – che i clandestini se li sta riprendendo – vanno buttati a mare. Per far partire la procedu­ra del diritto d’asilo bisogna per forza accogliere gli immi­grati, identificarli e interrogar­li. un muro contro muro che però non porta da nessuna par­te.

Esiste una via d’uscita?
Credo che prima di tutto si deb­ba tener conto del fatto che lo sbarco in Italia prelude per mol­ti al raggiungimento di un altro Paese europeo. Dunque non è giusto lasciare il problema solo a noi. Lo ha detto lo stesso Ham­marberg, l’uomo che ci ha criti­cato ieri: «Credo che il ministro Maroni agisca in questo modo perché a Bruxelles ha trovato soltanto il silenzio della Ue. In questo contesto, invece, anche l’Unione europea deve essere più responsabile e seria, met­tendosi all’ascolto di quei Paesi come l’Italia o Malta che a no­me di tutta l’Unione devono af­frontare questa sfida. Spero davvero che l’Unione aiuti mag­giormente l’Italia». A proposito di Malta, ieri s’è nuovamente verificato il caso di barche con disperati a bordo che Malta non ha voluto accogliere. La na­ve Spica, della Marina Militare, ha recuperato nel Canale di Si­cilia 69 migranti, tra cui 16 don­ne, e li ha portati a Porto Empe­docle. Prima ancora, due moto­vedette della Guardia di Finan­za avevano soccorso a 23 miglia sud est di Capo Passero un gom­mone con 48 migranti. Li han­no portati a Siracusa, poi a Cas­sibile.

Quindi gli sbarchi non sono ces­sati.
Però i trafficanti libici stanno pensando a rotte alternative, per esempio portare i barconi a Creta e da lì far arrivare i clan­destini in Turchia. Il problema è sempre quello di raggiungere l’Europa. Certo ci vorrebbe che anche Gheddafi facesse un po’ di più. Il problema è che anche la Libia, con appena sei milioni di abitanti, è Paese di immigra­zione. Chiama lavoratori da fuori e vive problemi non trop­po diversi dai nostri: i libici dan­no la colpa di tanti loro guai agli stranieri. Ci vorrebbe, da parte di Gheddafi, soprattutto un’iniziativa seria contro i mer­canti di uomini. Sa che nel pat­to che sottoscrivono con i mi­granti c’è la clausola che l’ulti­mo tratto di mare andrà percor­so a nuoto? Grazie a questa clausola, i trafficanti si liberano dei loro passeggeri dopo aver percorso appena cento miglia, quando cioè appare la piattafor­ma dell’Eni che sta in prossimi­tà della costa libica a pompare petrolio. Si vedono le luci della piattaforma, i trafficanti grida­no «Italia, Italia», e quelli si but­tano a nuoto. Come ha scritto Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera di ieri: «Ne muoiono moltissimi, travolti dalle onde, stremati dalla fatica». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 12/5/2009]