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 2009  maggio 27 Mercoledì calendario

E’ arrivato il solito rapporto Istat sull’occupazione e a gran­di linee se ne deduce quanto se­gue: 1

E’ arrivato il solito rapporto Istat sull’occupazione e a gran­di linee se ne deduce quanto se­gue: 1. si difende meglio dalla crisi chi ha un titolo di studio; 2. si difendono meglio dalla cri­si le donne; 3. il disoccupato tipi­co è un maschio che ha 35-54 an­ni, vive al Centro-Nord, non è laureato, vive con una compa­gna oppure è sposato, aveva un contratto a tempo indetermina­to; 4. sono aumentati sia i disoc­cupati che gli occupati, ma per la prima volta dal 1995 l’aumen­to dei disoccupati è superiore a quello degli occupati: 186.000 a 183.000; 5. le famiglie cosiddet­te agiate, cioè che arrivano alla fine del mese senza nessun pro­blema, sono il 41,5% del totale; 6. c’è tutta una fascia che come reddito arriverebbe a fine mese con relativa tranquillità, ma ha il mutuo da pagare: è la par­te giovane di un insieme di 8.800.000 nuclei familiari defi­niti «in condizioni di relativo be­nessere », e concentrati soprat­tutto in Lombardia, Marche e Toscana.

I poveri-poveri?
Il 22%, cioè poco più di un quinto delle famiglie italiane, è definito economicamente «vulnerabile», una percentua­le uguale a quelle di Spagna, Grecia, Romania, Regno Uni­to e Paesi baltici, ma inferiore a quella di Olanda, Repubbli­ca Ceca e Slovacchia. L’Istat ha suddiviso questo universo sfortunato in sottogruppi. La metà dei vulnerabili tira avan­ti, ma sarebbe messo in diffi­coltà da una spesa improvvisa di 700 euro. Un 5,5% (un milio­ne e 330 mila famiglie) si trova occasionalmente in difficoltà per le spese alimentari, medi­che o per quelle relative ai tra­sporti. Il 6,3% (un milione e mezzo di famiglie) ha proble­mi molto seri con le bollette. In 531 mila famiglie – un mi­lione e mezzo di persone – non lavora nessuno. Le diffi­coltà maggiori sono natural­mente al Sud e in particolare in Sicilia, Calabria e Puglia. grave che questa distribuzio­ne territoriale sia ovvia, cioè non sorprenda nessuno. Fatto che conferma una specie di ras­segnazione nei confronti dei problemi del Mezzogiorno, co­me se, a questo punto, non ci fosse più davvero niente da fa­re. Una prima controprova: quell’incremento di occupazio­ne di cui abbiamo parlato so­pra ha riguardato solo il Nord (+1,2%) e il Centro (+1,5). Al Sud l’occupazione è diminuita di mezzo punto percentuale. Seconda controprova: le fami­glie con redditi medio-alti so­no più diffuse al Nord, e in par­ticolare in Trentino-Alto Adi­ge e Val d’Aosta. Forse varreb­be la pena di riflettere sul fatto che si tratta di due regioni a statuto speciale.

Mi incuriosisce la faccenda delle donne che resistono me­glio.
Non c’è da farsene troppo van­to, dato che le percentuali di occupazione femminile sono ancora molto lontane da quel­le europee: il 39,9 per cento di tutta la forza lavoro è costitui­ta da donne, una percentuale superiore a quella del 2007. Ma in Europa le donne che la­vorano sono il 44,8 per cento.

Agli stranieri è andata meglio?
La percentuale di lavoratori stranieri è aumentata: siamo adesso al 7,5% di tutta la for­za- lavoro, con un picco del 9% nel Centro-Nord. Però è au­mentata anche la disoccupa­zione tra gli immigrati: l’8,5 per cento, uno 0,2% in più ri­spetto al 2007 (si tratta di 26 mila persone). I più penalizza­ti: peruviani, tunisini, cingale­si e marocchini. I dati relativi ai romeni sono sempre gli stes­si, aumenta il numero di occu­pati tra i filippini e tra le alba­nesi. Questi numeri riguarda­no soprattutto l’Italia cen­tro- settentrionale: al Sud non risiede che il 12,7 per cento de­gli stranieri. Sono arrivati più extracomunitari che lavorato­ri della Ue: 274 mila a 185 mi­la. I romeni (780 mila) sono sempre i più numerosi. In tut­to gli immigrati residenti sono 3 milioni e 900 mila. Di questi, 574 mila vanno a scuola (si tratta dell’+87% rispetto al 2003/2004).

I precari?
I lavoratori con contratti a tem­po parziale sono 2,6 milioni. Altri 2,8 milioni sono collabo­ratori o hanno contratti a ter­mine. I lavoratori a tempo pie­no e con durata indeterminata sono 18 milioni.

I giovani?
L’Istat parla di «padri» e «fi­gli ». Il tasso di occupazione dei figli è del 42,9%, uno 0,7% in meno rispetto al 2007. Quanto ai padri: «Tra il 2007 e il 2008, i padri con un’occupa­zione part time, a termine o con una collaborazione sono 17.000 in più; quelli con un’oc­cupazione standard 107.000 in meno». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/5/2009]