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 2009  giugno 02 Martedì calendario

Gli italiani a bordo dell’aereo pre­cipitato nell’Atlantico sono dieci secondo la Farnesina, e nove se­condo Air France

Gli italiani a bordo dell’aereo pre­cipitato nell’Atlantico sono dieci secondo la Farnesina, e nove se­condo Air France. Di sette, sono state comunicate le generalità. Tre erano di Trento: Rino Zando­nai, direttore dell’associazione Trentini nel Mondo; Giambatti­sta Lenzi, consigliere regionale; Luigi Zortea, sindaco di Canal San Bovo. Erano andati in Brasile per consegna­re ventiduemila euro destinati alla costru­zione di una scuola. Avevano anche par­tecipato alla cerimo­nia d’inaugurazio­ne di una piscina de­stinata a bambini con problemi di handicap. La quarta, di Bologna: Claudia De­gli Esposti. C’erano anche tre al­toatesini: Georg Martiner, 25 an­ni di Ortisei, residente a Bolzano ma nato in Brasile, di Alexander Paulitsch, 35 anni di San Candi­do, e di Georg Lercher, 34 anni, anche lui di San Candido.

Potrebbero essere vivi?
Una probabilità su un milione, e forse anche meno in base a quello che ieri hanno detto tutti gli esperti. L’Airbus A330-200 aveva a bordo 216 passeggeri, in grande maggioranza brasilia­ni e francesi, e 12 membri del­l’equipaggio. La logica dice che non dovrebbero esserci supersti­ti. vero che l’aereo prima di affondare può galleggiare per un tempo più che sufficiente a far scendere tutti (le istruzioni che ci dicono a ogni partenza, ricorda?, con le hostess che fan­no la pantomima, del tutto inu­tilmente dato che nessuno ascolta o guarda). Ma l’aereo è poi ammara­to? Perché l’inciden­te è molto misterio­so e le ultime agen­zie di ieri sera dico­no che l’ipotesi me­no implausibile è quella di una qualche catastrofe in quota, un’esplosione o un incendio provocato da un fulmine.

Dica bene tutto quello che si sa fino a questo momento.
Allora: volo AF 447, partenza da Rio de Janeiro prevista per le 19 di domenica (ora locale), arrivo a Parigi alle 11.15 di ieri mattina. «AF» significa Air France, cioè la più importante compagnia ae­rea al mondo. Questo esclude subito che l’apparecchio fosse in cattive condizioni o mal man­tenuto. Era praticamente nuo­vo (18 mila ore di volo, in servi­zio dal 2005) e aveva subito una revisione completa ad aprile, dopo qualche problema che lo aveva tenuto fermo a marzo per parecchi giorni nello scalo di Bangalore. Air France è una compagnia sicura: in mezzo se­colo, questa è la quarta volta che capita un incidente con mor­ti. L’ultimo nel 2000, un Concor­de precipitato vicino a Parigi in fase di decollo. Esclusi proble­mi della compagnia, escluse le solite questioni di cui si è discus­so negli ultimi tempi – tipo gli uccelli o il poco carburante, tut­ti guai che si presentano soprat­tutto al decollo o all’arrivo – fi­nora non ci sono risposte davve­ro convincenti a quello che è successo.

Come è possibile?
Il mistero principale è che, a par­te un messaggio automatico, partito attorno alle 2.14 ora loca­le, a nessuna torre di controllo è arrivata alcuna segnalazione re­lativa ad avarie o problemi tec­nici da parte del comandante. Quando si attraversa l’Atlanti­co, non si è sempre collegati ai radar perché l’oceano è troppo grande ed è giocoforza restar so­li per certi tratti. Secondo la Bbc, l’Airbus è sparito quando si trovava a circa 300 chilometri a nord est della città brasiliana di Natal. Però avrebbe dovuto es­sere molto più distante perché quando è stata emessa la comu­nicazione automatica di «un’avaria elettrica generale» erano passate quattro ore dal decollo.

E’ possibile che ci fossero dei terroristi a bordo?
La rete televisiva France 24 ha in­tervistato un po’ di esperti ed è venuto fuori che l’«evento» deve essere stato estremamente gra­ve e rapido. Il pilota Jean Serrat: «E’ l’unica circostanza che spiega il silenzio del comandante». Se­condo Serrat, deve esserci stata un’esplosione.

Un fulmine, come si è detto in un primo momento?
Solo se il fulmine – caso raro, ma possibile – ha provocato un incendio. Ma l’incendio produ­ce i suoi effetti in modo tanto rapido? Un altro specialista in­tervistato da France 24, Gerard Jouagny, ha ricordato che in passato ci sono stati casi di scop­pi determinati dal serbatoio. «L’aereo era a un altezza di ol­tre 35 mila piedi (10.670 metri), perciò il comandante aveva tut­to il tempo di lanciare un qual­che Sos prima di schiantarsi». Philippe Hazane, vicedirettore dell’agenzia spaziale francese di Tolosa, ha spiegato che con­trolla il cielo con una rete di cin­que satelliti in orbita e che il se­gnale di un’anomalia gli sareb­be dovuto pervenire. «Se non è arrivato niente significa che l’ae­reo è stato distrutto prima di po­terne emettere uno. La catastro­fe deve essere stata molto rapi­da». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 2/6/2009]