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 2009  giugno 04 Giovedì calendario

Un nastro registrato con una vo­ce che sembra proprio quella di Osama Bin Laden è stato recapi­tato ad Al Jazeera, che l’ha fatto ascoltare ai suoi telespettatori

Un nastro registrato con una vo­ce che sembra proprio quella di Osama Bin Laden è stato recapi­tato ad Al Jazeera, che l’ha fatto ascoltare ai suoi telespettatori. Vi si sente il capo terrorista che accusa Barack Obama di adotta­re «la stessa politica di Bush», per poi aggiungere: «Lui e la sua amministrazione hanno gettato altri semi per aumentare l’odio e la vendetta contro gli Stati Uni­ti ». Bin Laden prosegue: «Obama segue la linea di chi lo ha precedu­to nel disprezzo e nello spirito di vendetta che cova nei confronti dei musulmani. Obama e la sua amministrazione hanno spinto (il presidente pachistano Asif Ali) Zardari ad applicare la sha­ria con i bombardamenti e le di­struzioni che hanno provocato 2000 morti musulmani nella val­le dello Swat. Questo significa semplicemente che Obama e la sua amministrazione hanno get­tato nuovi semi per l’odio e la ven­detta contro gli Stati Uniti…».

Che significa? Che Al Qaeda si prepara a qualche nuovo atto di terrore?
Chi se ne intende dice anzi che questo messaggio audio è caso­mai testimonianza di impoten­za e di disperazione. Due giorni fa era arrivato un proclama del numero 2 di al Qaeda, Ayman al Zawahiri. Più o meno anticipa­va i concetti espressi poi dal­l’ipotetico Bin Laden: Obama è un criminale, lo dimostra il mas­sacro nella valle dello Swat, ec­cetera. Quest’offensiva mediati­ca coincide con l’arrivo in Me­dio Oriente del presidente ame­ricano, che ieri era a Riad ( nella foto Epa, con re Abdullah) e oggi sarà al Cairo dove intende pro­nunciare uno storico discorso al­la nazione islamica.

Che cosa è successo nella valle dello Swat?
In marzo le milizie di un capo talebano molto amante dei mes­saggi radio, di nome Fazlallah, avevano occupato la valle dello Swat e puntato alla caduta del­la capitale, Islamabad. Poche migliaia di uomini, ma molto decisi. Il presidente Zardari ave­va già concesso ai talebani di ap­plicare nella zona la sharia e di sfruttare gli smeraldi delle mi­niere di Gojaro Killay e di Fiza Ghat, centomila dollari al gior­no per finanziare la guerriglia. Adesso i talebani volevano addi­rittura mandare in pezzi il Pae­se. La reazione di Zardari, che aveva a disposizione centomila uomini, fu incerta all’inizio – perché in Pakistan gli amici dei talebani sono ovunque e special­mente nell’esercito e nei servizi segreti – ma poi decisa e vincen­te perché costretto a darsi da fa­re dallo stesso Obama. Un pri­mo scopo dei due discorsi radio di al Qaeda è dunque quello di criminalizzare quell’offensiva militare attribuendola in tutto e per tutto agli Stati Uniti. Un se­condo scopo, altrettanto impor­tante, è quello di depotenziare il discorso che il Presidente si ac­cinge a pronunciare oggi al Cai­ro.

Che cosa ci si aspetta che di­ca?
Dovrebbero essere parole in li­nea con quelle pronunciata ad Ankara lo scorso 6 aprile. Quel­la volta, Obama riconobbe la grandezza dell’Islam e l’impor­tanza della lezione di civiltà che ci ha trasmesso. Stavolta – co­me ha anticipato in parecchie in­terviste della vigilia – ricorderà che gli Stati Uniti sono una del­le più grandi nazioni islamiche e che lo stesso presidente ha pa­renti musulmani. «Quindi l’idea che l’America sia distacca­ta, lontana, e che lo scontro di civiltà sia inevitabile, è sbaglia­ta ».

Esiste una minima possibilità che questo discorso faccia breccia nel mondo islamico?
Onestamente non so risponde­re. Obama sta tentando di apri­re in Afghanistan un discorso con i “talebani moderati” e il mondo si chiede se i talebani moderati esistano. Che esistano islamici moderati non c’è dub­bio. Ma dove possono far senti­re la loro voce? I fondamentali­sti hanno dalla loro le armi e il fanatismo, ed è stato impossibi­le finora ragionarci. Il presiden­te vuole dialogare con Teheran e indurla, con le buone, a rinun­ciare alla bomba atomica in cambio magari del fatto che l’Occidente lascerà usare al­l’Iran l’energia nucleare per sco­pi pacifici. Vorrebbe poi farsi aiutare dalla Turchia per siste­mare l’Iraq e per questo dà per scontato l’ingresso di Ankara in Europa, un atteggiamento di sufficienza che è foriero di ten­sione con la Ue. La Casa Bianca punta anche sull’arrendevolez­za israeliana e sulla fine degli in­sediamenti ebraici in Cisgiorda­nia. In questo modo pensa che sarebbe più semplice il negozia­to con i palestinesi e la realizza­zione dei due stati, un obiettivo al momento davvero utopico, dato che non vogliono i due sta­ti né questi né quelli.

Non è un bene la politica della mano tesa?
Forse. Il rischio è che le apertu­re siano scambiate per debolez­za. La controprova è nel com­portamento della Corea del Nord, che scherza con gli esperi­menti nucleari e i missili atomi­ci convinta che in questo modo i bravi yankees saranno costretti a dar loro tutto quello che chie­dono. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 4/6/2009]