25 maggio 1928
Sempre più giù, poi lo schianto sul pack
Ore 10.33. Il
dirigibile perde quota. Il pericolo è grave e imminente. Sono accelerati i
motori e anche il terzo è acceso, ma l’Italia
continua a scendere. «Intuii che non c’era più nulla da fare. Freddamente diedi
gli ordini opportuni: arrestare subito i motori per evitare un incendio
nell’urto, e lasciar cadere la catena-zavorra. Il ricordo di quegli ultimi
terribili istanti è vivissimo nella memoria. Il pack era là, a pochi metri
sotto di noi, tremendamente sconvolto. I massi di ghiaccio s’ingrandivano, si
avvicinavano sempre di più. Un istante dopo urtammo. Fu uno scroscio
spaventoso. Mi sentii colpire alla testa. (...) Istintivamente chiusi gli
occhi, e con assoluta lucidità e freddezza formulai in quell’attimo il
pensiero: “Tutto è finito”» (Umberto Nobile). [Nobile 1987]
• «Furono attimi spaventosi.
L’orizzonte rimpiccioliva rapidamente, il pack si avvicinava a velocità
vertiginosa, i ghiacci sconvolti e aguzzi ingigantivano e a un tratto li vidi
davanti al finestrino della navicella. Udii uno schianto ed ebbi l’impressione di
essere schiacciato; poi ricevetti una mazzata nella gamba destra, e un colpo
sulla testa mi rovesciò. Venni capovolto, rotolai, fui proiettato fuori e
alfine mi trovai sul ghiaccio, stordito, quasi privo di sensi, ma con una
visione lucidissima di quanto avveniva intorno. Così potei scorgere gli altri
già in piedi e alloraio pure feci
un estremo sforzo, mi sollevai e con tutto il fiato che potei riunire gridai:
“Viva l’Italia”. Otto persone fecero eco a quelle che credette, che sperai
fossero le ultime parole della mia vita» (Umberto Nobile). [Ill.It. 22/7/1928]