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 2009  settembre 29 Martedì calendario

Alberto Stasi, quello del delitto di Garlasco, pare che non c’entri niente...• Garlasco, dove venne ammaz­zata quella ragazza… come si chiamava?Chiara Poggi

Alberto Stasi, quello del delitto di Garlasco, pare che non c’entri niente...

Garlasco, dove venne ammaz­zata quella ragazza… come si chiamava?
Chiara Poggi. la mattina del 13 agosto del 2007. Una bella giornata di sole. Tra pochi gior­ni Chiara partirà per le vacanze col suo fidanzato Alberto Stasi. Ma qualcuno, a un’ora ancora da stabilire, bussa alla porta e Chiara gli va ad aprire in pigia­ma. L’ignoto che ha bussato le salta subito addosso, le dà dei cazzotti e soprattutto prende a colpirla con «un corpo contun­dente metallico non identifica­bile », ma con «due terminali», uno «spigolo molto netto» e «una superficie battente stret­ta », probabilmente una piccoz­za da montagna o da giardinag­gio. Una quindicina di colpi, l’ultimo dei quali alla tempia si­nistra nell’area «encefalo-parie­to- occipitale». Cranio sfonda­to, cervello sparpagliato, inon­dazione di sangue. L’assassino si sarebbe fermato a un certo punto della mattanza e, pren­dendo per i piedi il corpo della ragazza, lo avrebbe trascinato fino al telefono. In quel momen­to Chiara era ancora viva. Dopo averla finita, l’assassino avreb­be trascinato il cadavere fino al­le scale che portavano alla ta­vernetta e l’avrebbe buttata di sotto, dove poi il corpo fu effet­tivamente ritrovato. Così l’au­topsia del medico legale Marco Ballardini e la relazione tecnica del Ris. Stasi, che stava a casa sua, chiamò cinque volte e alla fine, non avendo risposta, andò a cercarla in casa, prendendo (a suo dire) l’automobile. Era­no più o meno le 13.30. Bussò, entrò e vide quello che vide.

Come mai il pm ha pensato che l’assassino fosse lui?
Come abbiamo sempre detto, fragilissima era la ricostruzio­ne dei movimenti di Alberto, in­consistente il movente addot­to: nel computer di Stasi c’era­no settemila immagini pedo­pornografiche e secondo la dot­toressa Rosa Muscio, il magi­strato accusatore, Chiara si sa­rebbe accorta del vizio del fi­danzato, avrebbe minacciato di rendere nota a tutti la sua de­pravazione e per questo alla fi­ne lui l’avrebbe uccisa. Il proble­ma è che di questo dissidio tra lui e lei, almeno stando a quello che s’è sentito in aula, nessuno sapeva niente. Non c’è la mini­ma prova.

In aula? C’è già stato un proces­so?
Sì, era cominciato il processo, per il quale Stasi aveva chiesto il rito abbreviato. Ma dopo no­ve udienze, il giudice per l’udienza preliminare, o gup, sospese tutto dichiarando che «emergono alcune significative incompletezze d’indagine che per la loro rilevanza devono es­sere oggetto di approfondimen­to istruttorio». Questo gup si chiama Stefano Vitelli. Prese in mano l’inchiesta, nominò 22 pe­riti e stabilì che si rifacesse tut­to daccapo. Era la fine di mag­gio.

Perciò, in base a quello che lei ha detto all’inizio, deve essere venuto fuori che Alberto Stasi non c’entra.
A parte la debolezza del moven­te, l’accusa si imperniava poi su tre punti. Primo: non era vero che Stasi fosse andato in via Pa­scoli 8 in macchina. Aveva inve­ce adoperato la bicicletta di Chiara, con la quale era tornato a casa sua la sera prima. Sul pe­dale di questa bicicletta da don­na v’erano tracce di sangue ap­partenente a Chiara. Ecco la prova che Alberto aveva ucciso. Secondo: in bagno, sul portasa­pone, era stata trovata un’im­pronta di Alberto mischiata a tracce di Dna di Chiara. L’accu­sa: Alberto ha ucciso e poi è an­dato a lavarsi le mani. Terzo: le scarpe di Stasi erano perfetta­mente pulite. L’accusa chiede: com’è possibile? Il fidanzato di Chiara diceva di aver cammina­to a lungo sul luogo del delitto, non sporcarsi le scarpe di san­gue, in quel vero e proprio mat­tatoio, era impossibile.

E le nuove perizie invece che co­sa dicono?
Le ha eseguite, per conto del Gup, il medico legale Lorenzo Varetto. Sul primo punto, «il materiale biologico di Chiara rinvenuto sui pedali potrebbe essere costituito da qualunque tipo di tessuto riccamente cellu­lato », dunque non si può nean­che affermare con certezza che sia sangue. Sul secondo punto, la faccenda del portasapone: il fatto che i due abbiano entram­bi toccato l’oggetto in tempi e per un numero di volte a noi del tutto sconosciuto, «rende il ri­lievo del tutto irrilevante e non costituisce una prova scientifi­ca ». Sul terzo punto: il sangue di Chiara s’era certamente già seccato dopo appena 40 minuti dal delitto. Le scarpe di Alberto perciò potrebbero benissimo non essersi sporcate. E se anche si fossero sporcate, i frammenti di sangue secco si sarebbero po­tuti disperdere sulla via del ri­torno. Pochi giorni fa, il perito del gup aveva anche affermato che Alberto era effettivamente stato al computer per tutta la mattina. Fine dell’accusa. Stasi ha commentato molto sobria­mente: «Sono abbastanza con­tento». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 29/9/2009]