Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2009  dicembre 18 Venerdì calendario

Alberto Stasi è stato assolto con la vecchia formula dell’insuffi­cienza di prove che, oggi come oggi, equivale a un’assoluzione piena, quella che si definisce con la frase: «per non aver com­messo il fatto»

Alberto Stasi è stato assolto con la vecchia formula dell’insuffi­cienza di prove che, oggi come oggi, equivale a un’assoluzione piena, quella che si definisce con la frase: «per non aver com­messo il fatto».

Stasi qual è, scusi? Perché mi confondo con Meredith.
No, Meredith è la ragazza ingle­se per il cui omicidio sono da po­co stati condannati l’americana Amanda Knox e il suo fidanzato barese Raffaele Sollecito. Cioè, il delitto di Perugia. Stasi (nella foto Ipp, mentre lascia il tribu­nale) invece è coinvolto nel de­litto di Garlasco, provincia di Pa­via. La povera Chiara Poggi, la mattina del 13 agosto 2007, apre la porta a qualcuno e co­stui la massacra con un oggetto pesante mai ritrovato. Quando la poveretta è cadavere o forse mentre è ancora agonizzante, la trascina nella tavernetta e la lascia lì, i piedi in alto e la testa in giù, di modo che il sangue le cola sulla faccia. Elementi che l’accusa volgerà contro il suo fi­danzato Alberto Stasi, il quale ha dato l’allarme alle 13,30 e ha affermato che la sua innamora­ta era «pallida». E come poteva esser pallida con il mare di san­gue che le aveva ricoperto gli oc­chi?

E’ stato questo l’elemento che l’accusa ha utilizzato contro il giovane fidanzato?
Il pubblico ministero Rosa Mu­scio, dopo molti giorni di inda­gini, ha costruito il seguente te­orema: Stasi è un pedofilo e un pornografo, come dimo­strano le più di settemila im­magini sporche trovate sul suo computer. Chiara a un certo punto s’è accorta dei vizi del fidanzato e ha minacciato di denunciarlo o, almeno, di sput­tanarlo ad amici e familiari. Stasi quindi, per farla tacere, l’ha massacrata. Questa rico­struzione non si basa pratica­mente su niente: non ci sono prove che Chiara sapesse dei pretesi vizi di Alberto, non ci sono prove di litigate furibon­de, non si può a rigore nemme­no affermare che quelle imma­gini pedopornografiche signifi­chino qualcosa. Nell’ultima su­per perizia, ordinata dal giudi­ce alla fine dello scorso settem­bre, si spiega che quelle foto­grafie, quei filmati potrebbero essere semplicemente transita­ti per il computer di Stasi e Sta­si potrebbe non averli nean­che visti.

Ma allora lei sta dicendo che le indagini sono state fatte male?
No, non sto dicendo questo. Sto dicendo che l’accusa, pri­ma ancora di veder smontata la sua tesi dalle perizie, non ha mai saputo rispondere a que­sta domanda semplicissima, che qualunque editore rivolge­rebbe al giallista che si presen­tasse con una trama come quella immaginata dal pm Mu­scio: perché Stasi, che è stato con Chiara fino a notte alta, ha aspettato la mattina dopo per farla fuori? Con il rischio note­volissimo di essere visto? Sen­za risposta a questa domanda, non c’è imputazione al giova­ne Alberto che stia in piedi.

E le tracce di sangue sulla bici­cletta? E le tracce di sangue che non c’erano sulle scarpe? E l’alibi?
La perizia super partes ha dato ragione in tutto alla difesa.
1) Le tracce di sangue sulla bici­cletta di Stasi: la perizia ha di­chiarato che non si può nem­meno stabilire con sicurezza che quei microreperti organici siano sangue.
2) Mancanza di sangue sotto la suola delle scarpe: Alberto ha camminato a lungo sull’er­ba bagnata, dopo essere stato in casa, e l’erba bagnata – di­ce il perito – è in grado di puli­re perfettamente le calzature. 3) L’alibi: i continui salvataggi sul computer di Alberto com­piuti tra le 9,36 e le 12,20 pro­vano che il giovane si trovava effettivamente in casa.
L’accusa, alla fine, ha tentato la carta di una ricostruzione completamente diversa, in cui l’assassino era sempre il fidan­zato, ma l’ora del delitto era spostata in avanti. Ipotesi re­spinta, e con qualche perdita: se l’accusa può giocare ogni carta per mandare in galera quello che ritiene il colpevole, vuol dire che chi la rappresen­ta non è un giudice (cioè un funzionario imparziale), ma un avvocato, cioè il rappresen­tante di una parte. Non c’era modo migliore per dar ragio­ne alle tesi politiche di Berlu­sconi sul potere dei giudici.

E’ finita qui o ci saranno altri ca­pitoli della storia?
Ieri pomeriggio, dopo la sen­tenza, la famiglia ha annuncia­to che ricorrerà in appello. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 18/12/2009]