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 2010  marzo 05 Venerdì calendario

Sono le dieci di sera di giovedì 4 marzo e, mentre scriviamo, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano stanno accanitamente discutendo intorno alla soluzione da dare al cosiddetto pasticcio delle liste

Sono le dieci di sera di giovedì 4 marzo e, mentre scriviamo, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi e il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano stanno accanitamente discutendo intorno alla soluzione da dare al cosiddetto pasticcio delle liste.

Quali sono i termini della questione?
Napolitano era in visita ufficiale in Belgio ed è tornato a Roma ieri sera poco prima delle 21. I giornalisti che erano con lui gli hanno chiesto se condividesse l’idea di una soluzione politica al pasticcio delle liste e il capo dello Stato ha risposto: «Se qualcuno mi spiega cos’è, e da parte di chi e su che cosa, la esaminerò».

Già. Che cos’è la soluzione politica?
La soluzione politica è la strada alternativa alla soluzione tecnica. Tecnicamente Formigoni, e con Formigoni il Pdl e la Lega, sono in questo momento completamente fuori dalla competizione in Lombardia. Il Pdl è poi fuori dalle elezioni laziali a Roma. La soluzione tecnica è di vincere i ricorsi presentati sia a Milano sia nella Capitale. Praticamente mpossibile vincere il ricorso a Roma, possibile ma non sicuro vincere a Milano. E insomma il pericolo è che a una parte consistente dell’elettorato delle due regioni non sarà permesso di esprimere la sua preferenza autentica. La soluzione politica si inserisce esattamente in questo punto. E in base alle dichiarazioni rese ancora ieri da Bersani e da Di Pietro, all’argomento politico non sono insensibili nemmeno i due capi dell’opposizione.

Quindi?
La soluzione politica consiste evidentemente in un intervento legislativo. L’intervento legislativo può essere di due tipi: un decreto legge o un disegno di legge. Il decreto legge è immediatamente esecutivo, anche se poi il Parlamento ha l’obbligo di convertirlo in legge entro 60 giorni. Si seguì questa strada nel 1995 per riaprire i termini di presentazione delle liste in favore dei radicali. L’espediente funzionò dal punto di vista tecnico, ma a elezioni concluse il Parlamento bocciò il decreto con l’argomento che questa materia non è nella disposizione del governo. Questa pronuncia dell’Assemblea ha avuto il suo peso nella discussione di ieri sera al Quirinale.

Perché il parere di Napolitano è così importante?
Qualunque provvedimento deve essere controfirmato dal Presidente. Governo e Quirinale sono già stati a un passo dalla rottura istituzionale al tempo del decreto per Eluana. Berlusconi, in una materia in cui la sua parte ha al momento torto, non può rischiare un’altra crisi di quelle proporzioni. Dunque, l’unica strada percorribile, al momento, è quella di un disegno di legge, di pochi articoli e da approvare a tutta velocità (si può fare), che o rinvii le elezioni in Lombardia e nel Lazio o riapra i termini per la presentazione delle liste rendendo possibili tutte le correzioni. Questo disegno di legge, per risultare politicamente impeccabile, deve però essere di iniziativa parlamentare, dato che la materia di cui tratta, come abbiamo visto, non è nella disponibilità del governo. Insomma: ci vuole un accordo tra Berlusconi, Bersani e Di Pietro. All’interno di questo accordo, potrebbe trovar posto la decisione di aggregare alla tornata elettorale l’elezione del sindaco di Bologna (la città è gestita adesso dal commissario dopo lo scandalo con dimissioni di Delbono) e l’abolizione immediata del regolamento sulla par condicio che impedisce la messa in onda dei talk-show televisivi tipo Ballarò o Annozero. Un brutto boccone da ingoiare per Berlusconi. Però, in un certo senso, il centro-destra se l’è cercata.

Com’è andata la manifestazione organizzata ieri a Roma dalla Polverini?
Male. Si sono presentate un migliaio di persone, dall’aria poco convinta. Berlusconi e Fini non si sono fatti vedere per scelta. La controffensiva più forte è venuta da Formigoni, che giura sul complotto: «Tentano di buttarci fuori dalle elezioni e impedire a 10 milioni di lombardi di trovare il candidato presidente di riferimento e le liste di partiti a cui hanno sempre dato il 60% del consenso». Non so se il Presidente creda davvero a quello che dice. Di Pietro ha ricordato che, per le medesime ragioni che hanno provocato la bocciatura del suo listino, è stata esclusa una lista dell’Idv nel Napoletano. Ci sono state irregolarità formali, con relative bocciature, anche per certe liste in Piemonte. Formigoni lo sa benissimo e bisogna solo capire, in questo momento difficile, che non può in fondo dire altro. C’è poi il tentativo di render pane per focaccia: ««I miei rappresentanti da giovedì mattina stanno controllando una per una tutte le firme a sostegno delle altre liste. Quando avremo i risultati li renderemo pubblici». Non è detto che questa strada non dia alla fine qualche soddisfazione al centro-destra. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 5/3/2010]