La Gazzetta dello Sport, 24 marzo 2010
La Corte costituzionale sta esaminando il caso di quattro coppie omosessuali che si sono viste rifiutare le pubblicazioni di matrimonio
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La Corte costituzionale sta esaminando il caso di quattro coppie omosessuali che si sono viste rifiutare le pubblicazioni di matrimonio. Sostengono di essere state discriminate e che, nel loro caso, la Costituzione è stata violata. I comuni messi sotto accusa sono quelli di Firenze, Venezia, Trento e Ferrara. Ieri la Corte ha cominciato a discutere due di questi casi, ma ha poi aggiornato i lavori ad oggi. Non è detto che si tratti di difficoltà interpretative: le cause in calendario erano dieci ed è possibile che quella relativa al matrimonio omosessuale, per la sua grande valenza sociale, civile e morale, e per l’interesse suscitato nei media, sia stata spostata dal secondo all’ultimo posto.
• Ma che discussione è? Il matrimonio è tra uomo e donna.
Eppure, Franco Grillini (leader storico degli omosessuali italiani e parlamentare nella scorsa legislatura) ha detto che è un fatto storico la discussione in sé, indipendentemente dall’orientamento della Corte: «La discussione punta in ogni caso il dito su una discriminazione di fatto tra i cittadini: da una parte cittadini che possono contrarre matrimonio, dall’altra cittadini che non possono contrarre matrimonio». Gli ha replicato Carlo Giovanardi, pidiellino e sottosegretario alla presidenza del Consiglio con delega alle politiche per la famiglia: «La Consulta non può bocciare la Costituzione italiana. L’articolo 29 parla chiaro, la famiglia è una società naturale formata dal matrimonio».
• Secondo me ha ragione Giovanardi. Su che si basa il ragionamento dei ricorrenti?
I ricorrenti ipotizzano un contrasto tra gli articoli del codice civile che si occupano del matrimonio (il blocco che va dal 79 al 230) e gli articoli 2, 3, 29 e 117 della Costituzione. In questo complesso di norme non vi sarebbe un divieto esplicito al matrimonio tra persone dello stesso sesso. Non si parla mai di “uomo” e “donna”, ma di “coniugi”. Dunque, se volessimo stare alla lettera delle norme…
• Ma che significa, scusi? Chi ha fatto quelle leggi non immaginava di sicuro che un giorno si sarebbe potuto ipotizzare un matrimonio tra persone dello stesso stesso. A che anno risalgono queste leggi?
Il Codice civile è del 1942. La Costituzione del 1948. Ed è certamente vero che ai legislatori, a quel tempo, non è proprio venuto in mente che la parola “coniugi” potesse essere neutra, cioè riferirsi non solo al legame tra un uomo e una donna, ma anche a quello tra due uomini o tra due donne. Nelle leggi attuative della Costituzione si parla però di “marito” e “moglie”, e questo inficia un po’ la parte letterale del ricorso, a meno che non si voglia sostenere che quelli di “marito” e “moglie” sono solo dei ruoli, perfettamente interpretabili – in teoria – sia dai maschi che dalle femmine. Una tesi non priva di un suo fascino.
• Andiamo, via. Non ci sono dubbi che il ricorso sarà respinto.
Sì, questo è probabile. Però è anche vero che dagli anni Quaranta ad oggi si è sviluppata una nuova sensibilità, di cui a un certo punto il legislatore dovrà tener conto. Se ne vede qualche traccia in certe sentenze della Cassazione che, senza entrare nel merito del matrimonio omosessuale, giudica però sulle coppie conviventi, la situazione cioè più normale per i legami gay. Per esempio, nel 2002 (sentenza n. 33305), la Corte scrisse che il legame non fondato sul matrimonio è legittimo perché «riconosciuto e tutelato dall’ordinamento come espressione di libera scelta della persona, e indipendentemente quindi dai motivi particolari che ne hanno determinato l’insorgere e che comunque appartengono alla privacy della persona stessa». Quindi la convivenza, «considerata come situazione di fatto conseguente a libera scelta della persona» deve essere «tutelata in quanto tale dall’ordinamento». Sono piccoli passi verso un obiettivo che credo a un certo punto sarà raggiunto, quello, appunto, del libero matrimonio tra chiunque, senza discriminazioni di sesso.
• Ma non è naturale che la coppia sia formata da un uomo e da una donna? Dico “naturale” in senso proprio, cioè che a voler così è la natura.
E’ quello che dice il Papa, e quello che afferma anche il nostro istinto. Ma ci sono molte persone secondo le quali non è così. Queste persone sostengono che i generi sono molti e, addirittura, che deve essere lasciato il diritto a ciascuno di “scegliere” se essere maschio, femmina o qualche altra cosa ancora. E che a ognuno sia concesso di unirsi con chi crede, senza preconcetti o discriminazioni di sesso. I ricorrenti del caso che sta adesso davanti alla Corte sostengono di essere discriminati rispetto ai trans: con un’operazione chirurgica essi hanno acquisito un diritto che a loro viene negato. Gli è stato risposto: certo, con quell’operazione hanno cessato di essere uomini che vogliono sposare uomini, e sono diventati, del tutto “naturalmente”, femmine che vogliono unirsi a dei maschi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/3/2010]