La Gazzetta dello Sport, 27 marzo 2010
Domani 40 milioni di elettori sono chiamati alle urne per eleggere tredici consigli regionali e altrettanti governatori, quattro consigli provinciali e presidenti di provincia, 463 sindaci e consiglieri comunali
Domani 40 milioni di elettori sono chiamati alle urne per eleggere tredici consigli regionali e altrettanti governatori, quattro consigli provinciali e presidenti di provincia, 463 sindaci e consiglieri comunali. Le tredici regioni in cui si vota: Piemonte, Lombardia, Veneto, Liguria, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria. Le quattro provincie: Imperia, Viterbo, L’Aquila e Caserta. I nove comuni capoluoghi di provincia: Mantova, Lecco, Lodi, Venezia, Macerata, Chieti, Andria, Matera e Vibo Valentia. Anche se certe elezioni comunali hanno fatto molto rumore (Venezia, dove corre con i favori del pronostico il ministro Renato Brunetta), l’attenzione generale è naturalmente concentrata sul voto regionale. Le poltrone di consigliere da conquistare sono almeno 712, ma risulteranno probabilmente di più: in alcune regioni, la legge elettorale permette l’allargamento del consiglio se la lista vincitrice non ha una maggioranza di seggi sufficienti a sostenere il suo governatore.
• In campagna elettorale – tra escort, giudici, talk show vietati e decreti interpretativi – non se n’è praticamente mai parlato. Ma di che si occupano, alla fine, le Regioni?
Soprattutto di sanità: l’80% del loro bilancio se ne va in direzione degli ospedali e della salute dei cittadini. Poi di edilizia. Berlusconi, col famoso decreto casa in cui invitava gli italiani a trasfornare milioni di sgabuzzini in altrettanti bagnetti di servizio, è andato poi a sbattere contro la “competenza regionale”: di case, ristrutturazioni e in genere di edilizia si occupano regioni e comuni e contro di loro lo Stato non può niente.
• Ma sembrava che il governo, col decreto incentivi di pochi giorni fa, fosse riuscito ad aggirare la resistenza delle Regioni.
No, il tentativo di esonerare le famiglie dalla cosiddetta ”dia” (denuncia di inizio attività edilizia) s’è risolto in un buco nell’acqua: quando due regole – una statale e una locale – riguardano lo stesso oggetto, prevale quella più restrittiva. Perciò le regioni che prevedono la dia (undici su tredici, tra quelle per cui si vota domani) avranno il diritto di continuare a pretenderla, governo o non governo.
• Si potrebbe tentare una classifica delle Regioni? Quelle dove si sta meglio, quelle dove si sta peggio eccetera?
Sì, guardando ai risultati della Sanità. E tenendo conto del fatto che ci può essere una Regione penalizzata perché l’amministrazione precedente aveva combinato pasticci, oppure che ci sono Regioni dove, pur essendoci una struttura sanitaria decente, si spende troppo. I vari criteri scelti da questo o da quell’istituto dànno però risultati non troppo dissimili. La Regione meglio governata risulta, sulla base dei vari indici, la Lombardia, seguita a poca distanza dall’Emilia.
• Come si fa a dirlo?
Di tutti i criteri adottati, a me piace particolarmente quello che tiene conto dell’’attrazione sanitaria”. un metodo molto semplice: si misura quanta gente cambia regione per farsi curare, e questo import-export di pazienti sancisce una reputazione piuttosto indiscutibile, quello che si chiama ”votare con i piedi”. Quando i flussi in entrata e in uscita si pareggiano, l’indice è uguale a 1. Se il flusso in entrata è superiore a quello in uscita, vuol dire che ci sono più persone in arrivo che in partenza e questo significa che il sistema sanitario regionale è attraente. Anche in questa classifica, redatta dalla Fondazione David Hume su dati del ministero della Salute, vince la Lombardia: 2,28 punti. Segue a un’incollatura l’Emilia, 2,26. Poi la Toscana, staccata: 1,70; il Veneto, 1,45; il Lazio, 1,36; l’Umbria 1,22. Brutti gli indici della Liguria, 0,92, e del Piemonte, 0,87, che però sono forse penalizzati dalla vicinanza con l’eccellenza lombarda e se si trovassero in un altro punto dello Stivale avrebbero un punteggio più alto. Le Regioni peggiori, in questo indice (ma quasi sempre anche negli altri), sono la Puglia (0,39), la Campania (0,26), la Calabria (0,15). In tutte le graduatorie possibili di qualunque tipo, purtroppo, il Mezzogiorno e le sue Regioni stanno sempre in fondo.
• I nuovi governatori e le nuove giunte non potranno migliorare la situazione?
In undici Regioni su 13 corrono i governatori uscenti, per la maggior parte dei quali si prevede la riconferma. Queste riconferme, almeno al momento, non sembrano troppo legate ai risultati conseguiti. Nella struttura barocca della nostra cosa pubblica è difficile per il cittadino capire chi abbia il merito, o la colpa, di qualche cosa. Avremo sicuramente un volto nuovo nel Veneto (il leghista Zaia, favoritissimo, contro il democratico Bortolussi) e nel Lazio, dove è molto incerta la battaglia tra la Bonino e la Polverini. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/3/2010]