La Gazzetta dello Sport, 1 maggio 2010
Ci troviamo di fronte a un caso molto delicato: il ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola (Pdl), avrebbe comprato un bell’appartamento vista Colosseo a Roma con denaro in parte proveniente dall’imprenditore Anemone, quello che, sempre secondo i magistrati, era favorito negli appalti della Protezione civile
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Ci troviamo di fronte a un caso molto delicato: il ministro delle Attività produttive, Claudio Scajola (Pdl), avrebbe comprato un bell’appartamento vista Colosseo a Roma con denaro in parte proveniente dall’imprenditore Anemone, quello che, sempre secondo i magistrati, era favorito negli appalti della Protezione civile.
• Faccia punto se no mi perdo. Scajola s’è fatto dare i soldi da questo Anemone oppure no? E in cambio che favore gli avrebbe fatto?
Prima di tutto chiunque, fino a sentenza, è innocente. Conosciamo fino a questo momento la versione dei magistrati della Procura di Perugia. Una volta tanto non si tratta di intercettazioni – delle quali, come sa, ci fidiamo molto dal punto di vista letterario, ma poco da quello giudiziario, ma di prove documentali: testimonianze rese anche contro il proprio interesse (da parte del venditore), movimento degli assegni con cui l’appartamento è stato pagato, eccetera. Una volta tanto, il racconto dei giudici – a giudizio del giornalista – sembra solido. Sì, sembra proprio che il ministro si sia fatto dare 900 mila euro per completare la somma necessaria all’acquisto di quell’immobile.
• Il ministro che dice?
E’ andato l’altro giorno a offrire le sue dimissioni a Berlusconi, che le ha respinte. Scajola e tutto il governo parlano di “attacco mediatico”. E un attacco mediatico indubbiamente esiste. Si tratta però di sapere se giornali, radio e televisioni, riferendo quello che hanno saputo dai due pm, dicono la verità oppure no. Il ministro potrebbe facilmente smontare tutto con una semplice frase: «le cose non sono andate così, ma cosà». Ma non vuole, con l’argomento, messo in tavola ieri da Paolo Bonaiuti, che «non accettiamo processi mediatici». Scajola, mentre sostiene di non aver nulla da temere (ancora ieri in consiglio dei ministri, come spieghiamo qui accanto), non intende dare nessuna spiegazione «per rispetto alla magistratura». Quindi, non resta che aspettare.
• I giudici non l’hanno interrogato?
I pubblici ministeri di Perugia – Alessia Tavernesi e Sergio Sottani – hanno chiesto di interrogarlo come testimone, ma l’avvocato del ministro, Giorgio Perroni (che fu già legale di Previti), non riesce a trovare un minuto in cui il ministro possa dedicarsi alla magistratura. Il Fatto quotidiano, gran nemico del governo e troppo amico delle procure, ha fatto del sarcasmo sulla circostanza che Scajola, però, ha trovato il tempo, martedì scorso, di andare a parlare di economia verde a un congresso di Napoli. Gliel’ho detto, non resta che aspettare.
• Di che cosa lo accusano?
Ma di niente, e infatti nei comunicati del ministro e degli altri che hanno solidarizzato con lui si sottolinea di continuo questa circostanza: «Non sono (non è) nemmeno indagato». Non può essere indagato né accusato in effetti perché agli inquirenti manca un punto essenziale della ricostruzione: in cambio di che cosa il ministro Scajola avrebbe avuto i 900.000 euro che gli sono serviti per pagare l’appartamentoi? Questo elemento manca e, saggiamente, i magistrati si sono limitati fino a questo momento a considerare Scajola un semplice testimone. Resta però in piedi un caso politico non da poco.
• Sarebbe?
L’appartamento di cui parliamo si trova in Roma, via del Fagutale 2, primo piano, vista spettacolare sul Colosseo, immobile abitato da gente famosa, tipo Raoul Bova o Lory Del Santo (a cui il ministro, il primo giorno, mandò dieci orchidee bianche, senza però farsi più vedere). Era di proprietà delle sorelle Barbara e Beatrice Papa. Come ha fatto il ministro a trovarlo? Glielo ha segnalato l’imprenditore Diego Anemone, lo stesso che, secondo i pubblici ministeri, era grandemente favorito dalla Protezione civile per i lavori edili e che in cambio, sempre secondo la magistratura, regalava mobili, appartamenti o idraulici che riparavano gratis i rubinetti di casa. Individuato l’appartamento, Scajola lo bloccò con duecentomila euro in contanti, poi accese un mutuo con il Banco di Napoli per 600 mila euro e infine versò alle due sorelle – che su questo punto hanno testimoniato – i 900 mila euro mancanti. Però in nero: si trattava di 80 assegni circolari, tutti inferiori ai 12.500 euro (per evitare la segnalazione al circuito interbancario), che gli erano stati forniti da un architetto di nome Zampolini che li aveva prelevati da un conto Deutsche Bank di Anemone (Zampolini faceva da testa di legno su 250 conti di Anemone). La storia può essere falsa da cima a fondo. Però se è vera è doppiamente grave. Non solo il ministro s’è fatto fare un regalo da un privato per una ragione ancora sconosciuta, ma ha pure evaso il fisco con la procedura più banale di questo mondo. Le due sorelle, raccontandolo, hanno messo nei guai anche se stesse. L’aria che gira intorno alla storia è perciò, per il governo, come minimo preoccupante. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 1/5/2010]