La Gazzetta dello Sport, 30 luglio 2010
Al termine di una riunione dell’ufficio di presidenza del Popolo della Libertà, è stato votato un documento politico durissimo con il presidente della Camera Fini a cui ha fatto seguito una conferenza stampa dello stesso Berlusconi altrettanto violenta

Al termine di una riunione dell’ufficio di presidenza del Popolo della Libertà, è stato votato un documento politico durissimo con il presidente della Camera Fini a cui ha fatto seguito una conferenza stampa dello stesso Berlusconi altrettanto violenta. I tre finiani Bocchino, Briguglio e Granata sono stati deferiti ai probiviri. A Fini è stato intimato di lasciare la presidenza della Camera, diktat a cui il cofondatore ha risposto seccamente: «Quella posizione non è nella disponibilità del presidente del Consiglio»
• Che cosa dicono Berlusconi e il documento?
Il documento parla di una insopportabile «forma di dissenso all’interno del partito che si manifesta nella forma di una vera e propria opposizione, con tanto di struttura organizzativa, tesseramento e iniziative, prefigurando già l’esistenza sul territorio e in Parlamento di un vero e proprio partito nel partito, pronto, addirittura, a dar vita a una nuova aggregazione politica alternativa al Popolo della liberta». In conferenza stampa, poi, Berlusconi ha detto: «Le posizioni dell’onorevole Fini sono assolutamente incompatibili con i principi ispiratori del Popolo della Libertà, con gli impegni assunti con gli elettori e con l’attività politica del partito. I nostri elettori non tollerano più che nei confronti del governo ci sia un atteggiamento di opposizione permanente». A questo punto il Cavaliere ha parlato in prima persona: «Non sono più disposto ad accettare il dissenso, un vero partito nel partito. Vogliono fare il gruppo? Facciano quello che vogliono, sono fuori». Qualcuno ha chiesto se non c’è un problema per il governo. Berlusconi ha risposto: «Non c’è problema per il governo, la maggioranza non è a rischio». I ministri vicini alle posizioni di Fini? «Non ho difficoltà a continuare una collaborazione con ministri validi».
• Ma i finiani che faranno?
Secondo un’Ansa della tarda serata «le dimissioni di 34 deputati finiani dal gruppo del Pdl sono già in mano al capogruppo Fabrizio Cicchitto e domani dovrebbero arrivare a Maurizio Gasparri, ex compagno di strada, quelle di 14 senatori. In tarda mattinata i gruppi autonomi dei fedelissimi del Presidente della Camera dovrebbero già essere costituiti, con correlata conferenza stampa di Gianfranco Fini, politicamente espulso dall’ufficio di presidenza del Pdl.
• Si sanno i nomi di quelli che lasceranno il Pdl?
Ieri circolava questa lista di parlamentari: Bocchino, Briguglio, Granata, Raisi, Barbareschi, Proietti, Divella, Buonfiglio, Barbaro, Siliquini, Perina, Angela Napoli, Bellotti, Di Biagio, Lo Presti, Scalia, Conte, Della Vedova, Urso, Tremaglia, Bongiorno, Paglia, Lamorte, Ruben, Menia, Angeli, Ronchi, Moffa, Cosenza, Patarino, Polidori, Consolo. e forse Souad Sbai. Con Fini sarebbero 34. Al Senato i finiani diventerebbero 14 con l’ingresso di Adriana Poli Bortone e Giovanni Pistorio.
• Sono numeri che mettono in pericolo il governo?
Fini e i finiani hanno sempre detto che appoggeranno questo governo, secondo il mandato ricevuto dagli elettori. Certo lo condizioneranno fortemente e forse in modo intollerabile per il presidente del Consiglio. I numeri dicono che la crisi potrebbe essere vicina: alla Camera fino ad oggi la maggioranza ha avuto 342 voti sul minimo indispensabile di 316. Al Senato ci vogliono 162 parlamentari. Oggi sono 175 e dunque anche qui 14 voti in meno possono significare crisi.
• Fini non aveva offerto, all’ultimo momento, una specie di pace?
Sì, con un’intervista al Foglio aveva proposto di «resettare tutto senza risentimenti». Nell’intervista c’era una proposta in cinque punti, che lo stesso Italo Bocchino ha riassunto così sul blog di Generazione Italia: «1. Un nuovo patto di legislatura e un nuovo programma; 2. Gli Stati generali dell’economia per rilanciare il Paese e renderlo maggiormente competitivo nello scenario internazionale; 3. Un codice etico per il Pdl; 4. Una commissione per studiare la compatibilità del federalismo con i conti pubblici e la coesione nazionale; 5. L’azzeramento dell’organigramma del partito». Si tratta di cinque proposte, in realtà, irricevibili. La prima imporrebbe un rimpasto di governo, orientato dai finiani. La terza e la quinta rappresenterebbero il riconoscimento che nel Pdl esiste una questione morale, che i magistrati non hanno tutti i torti e che quindi l’attuale trio dei coordinatori va messo in crisi con le dimissioni come minimo di Verdini. La quarta mette in dubbio la compatibilità economica del federalismo e va contro Bossi. La seconda mette in mora Tremonti e apre a Bersani, verso il quale c’è un riconoscimento esplicito: «Bersani oggi alla Camera […] è stato convincente». Bersani, stanotte, ha chiesto che il capo del governo si presenti in Parlamento. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 30/7/2010]