La Gazzetta dello Sport, 31 luglio 2010
Ieri pomeriggio alle tre il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha convocato una conferenza stampa all’hotel Minerva di Roma e comunicato la nascita di una nuova formazione politica, “Futuro e libertà per l’Italia”, forte, in base ai primi numeri, di 33-34 deputati e 10-14 senatori

Ieri pomeriggio alle tre il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha convocato una conferenza stampa all’hotel Minerva di Roma e comunicato la nascita di una nuova formazione politica, “Futuro e libertà per l’Italia”, forte, in base ai primi numeri, di 33-34 deputati e 10-14 senatori.
• Che cosa ha detto il presidente della Camera sull’espulsione decretata giovedì sera da Berlusconi?
«Una brutta pagina per il centro-destra e più in generale per la politica italiana». Fini ha letto ai cronisti una dichiarazione di una cartella e mezza. «In due ore, senza la possibilità di esprimere le mie ragioni, sono stato di fatto espulso dal partito che ho contribuito a fondare. Ovviamente non darò le dimissioni da presidente della Camera perché il presidente della Camera deve garantire il Parlamento e non la maggioranza che lo ha eletto. Anzi proprio la richiesta di dimettermi mostra una concezione non proprio liberale della democrazia: l’invito a lasciare perché è venuta meno la fiducia del Pdl è figlio di una logica aziendale, modello amministratore delegato-consiglio d’amministrazione, che di certo non ha nulla a che vedere con le nostre istituzioni». Il presidente della Camera, anche se eletto da una parte sola, deve infatti garantire tutti i componenti dell’assemblea. «Io mi sento particolarmente impegnato – ha continuato Fini - sul tema della legalità per onorare il patto con i nostri milioni di elettori onesti, grati alla magistratura e alle forze dell’ordine, che non capiscono perché nel nostro partito il garantismo significhi troppo spesso pretesa di impunità». Ha poi concluso: «Ringrazio i tantissimi cittadini che in queste ore mi hanno manifestato solidarietà e mi hanno invitato a continuare nel nome di princìpi come l’amor di patria, l’unità nazionale, la giustizia sociale, la legalità intesa nel senso più pieno del termine: cioè lotta al crimine, come meritoriamente sta facendo il governo. Ma anche etica pubblica, senso dello Stato, rispetto delle regole».
• Reazione dei berlusconiani?
Il portavoce Capezzone ha dato a Fini del vigliacco. «Queste dichiarazioni sono, nello stesso tempo, una prova di debolezza e un atto di viltà politica. L’unica cosa dignitiosa, per Fini, sarebbe stata dare le dimissioni da Presidente della Camera. Ma Fini ha scelto di restare aggrappato alla sua poltrona. Brutto spettacolo, che gli italiani giudicheranno con giusta severità».
• Che cosa ci fanno capire i numeri?
Che Berlusconi a questo punto non è in una posizione facile. Alla Camera i 33 finiani bastano per mandar sotto il governo, che scende dagli attuali 342 voti garantiti a 309 (o forse addirittura 308). Per esser maggioranza ce ne vogliono invece come minimo 316. Al Senato, Berlusconi godeva fino ad ora dell’appoggio di 175 parlamentari, su una maggioranza minima richiesta di 162. Anche qui è probabile che il numero dei finiani sia sufficiente a metterlo in minoranza. D’altra parte, ancora nella conferenza stampa, Fini ha ribadito che il governo non perderà l’appoggio di Futuro e Libertà, dunque in via puramente teorica Berlusconi è ancora saldamente in sella. Il nuovo partito però non si sentirà impegnato a votare i provvedimenti che non condivide o che a suo parere non corrispondono al programma elettorale. Si prepara quindi un condizionamento talmente forte da poter risultare, per il presidente del Consiglio, intollerabile.
• Elezioni?
Bossi, ai giornalisti che gli facevano questa domanda, ha mostrato il dito medio. Le deleghe per la realizzazione del federalismo scadono il prossimo 20 maggio. Dunque Bossi ha fretta, perché le elezioni anticipate sono un’eventualità possibile e il capo del Carroccio non pensa di potersi presentare ai suoi elettori senza quella riforma. Il Senatùr non avrebbe voluto questa rottura, almeno non adesso. L’altra sera, a chi gli chiedeva di dare un consiglio a Berlusconi, Bossi ha risposto: «Che se ne vada in ferie».
• Che fine faranno i finiani al governo?
Per il momento, come ha sottolineato subito lo stesso Cavaliere, il ministro Ronchi, il viceministro Urso, i sottosegretari Augello, Viespoli e Bonfiglio restano al loro posto. Alcuni di questi, come Augello, non sembrano neanche intenzionati a traslocare nel nuovo gruppo (al quale ha detto di no anche il sindaco di Roma, Alemanno). Berlusconi avrebbe dato vita, ancora ieri pomeriggio, a un serrato corteggiamento di parlamentari dell’Udc, per esempio Lusetti o Dorina Bianchi. Per quanto se ne sa, senza successo. C’è anzi una dichiarazione piuttosto dura del portavoce di quel partito, Antonio De Poli, che ha parlato di «indecente campagna acquisti». «Consiglio a tutti – ha detto ancora - di non perdere il senso della misura e di mantenere un comportamento serio e responsabile poiché le conseguenze potrebbero gettare grave discredito sulle istituzioni e generare effetti davvero spiacevoli». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 31/7/2010]