La Gazzetta dello Sport, 9 agosto 2010
In Russia il presidente Medvedev ha proclamato lo stato d’emergenza.• A che punto è la situazione?Il fronte del fuoco si estende per tremila chilometri (una linea lunga quanto la distanza tra Lisbona e Varsavia), i focolai sono 22 mila, il fumo è arrivato fino alla stratosfera, dodici chilometri d’altezza
In Russia il presidente Medvedev ha proclamato lo stato d’emergenza.
• A che punto è la situazione?
Il fronte del fuoco si estende per tremila chilometri (una linea lunga quanto la distanza tra Lisbona e Varsavia), i focolai sono 22 mila, il fumo è arrivato fino alla stratosfera, dodici chilometri d’altezza. Togliattigrad è stata sgombrata, sgombrata anche Sarov, la città nucleare che si trova nella zona zona centrale della regione di Nizhny Novgorod, ad est di Mosca. Il capo dell’agenzia atomica di Mosca, Sergei Kiriyenko, ha assicurato che «anche in una situazione estrema con raffiche di vento, non c’è alcun pericolo per la sicurezza nucleare, nessuna minaccia di radiazioni, esplosioni o conseguenze ambientali». Kiriyenko ha anche raccontato che a Mosca sono stati aperti 123 centri antismog, in pratica saloni con l’aria condizionata dove i cittadini «potranno recuperare il loro respiro». Il 20 per cento del raccolto di grano è andato distrutto. Giovedì scorso Putin ha annunciato il blocco delle esportazioni da Ferragosto al 31 dicembre. La Coldiretti ha calcolato che, in ogni caso, la Russia taglierà le esportazioni dal 44 al 30 per cento per affrontare l’emergenza interna (un problema drammaticamente presente anche in Bangladesh dove l’import di grano viene precipitosamente sostituito in questi giorni con quello del riso). L’intera produzione mondiale è stata colpita dal disastro russo per una quota del 3,7 per cento (calcoli Fao). Il prezzo del grano alla Borsa di Chicago ha raggiunto la quotazione massima da 22 mesi (7,77 dollari a bushel, consegna dicembre 2011).
• Morti?
Una cinquantina, pare. Ma non sono notizie sicure. Putin ha messo sotto controllo informazione e giornalisti, anche se le dimensioni del disastro sono tali che le fiamme si vedono dai satelliti e la notizia dei dodici chilometri d’altezza è stata data dalla Nasa. Più di tanto non si può nascondere. Medvedev ha abbandonato il suo resort di Sochi per rientrare a Mosca e Putin si fa vedere in televisione o risponde ai blogger per arginare un certo discredito, o impopolarità, a cui i due non sono abituati. Lei saprà che fino all’altro giorno il capo del governo russo era uno dei leader politici più amati della Terra. Adesso, sul suo blog, un contadino di Tver ha scritto: «Ai tempi del comunisti, avevamo un laghetto come riserva d´acqua contro gli incendi, una campana per lanciare l´allarme, e una pompa anti-incendi (sia pure una sola su ogni tre villaggi) per intervenire. Al posto di tutto questo, abbiamo adesso un telefono che aspetta ancora d´essere collegato alla linea del nostro capoluogo». Putin gli ha risposto personalmente, gli ha dato in parte ragione, si è giustificato dicendo che problemi simili si verificano anche in altri paesi.
• Sì, per esempio in Italia. C’è del dolo in questa tragedia?
Puo darsi. La prima responsabile è la siccità. Fa caldo e non piove da giugno. Le giornate sono interminabili (alba alle 5,30, tramonto alle 22), il terreno torbaceo si presta alla combustione, l’aria condizionata praticamente non esiste, la prevenzione nemmeno, benché nel settembre del 2002 si sia verificato un disastro analogo con Mosca coperta da una coltre di fumo bianco per parecchi giorni, esattamente come adesso e sempre per via di una lunga siccità. Però il governo ha promesso di rimborsare i proprietari delle case andate a fuoco anche con 50 mila euro. Naturalmente qualcuno ha subito provveduto a dar fuoco alla sua abitazione, ancora illesa. Le casette di legno che circondano la capitale non valgono di sicuro quella cifra.
• Che conseguenze ci saranno per noi? Voglio dire: pagheremo il pane e la pasta di più?
Importiamo dalla Russia solo il 4 per cento del nostro fabbisogno. Inoltre i nostri magazzini traboccano di scorte: negli ultimi due anni i prezzi dei cereali sono stati molto bassi, al punto che molti produttori hanno preferito non vendere il raccolto del 2009. Qualcuno è persino soddisfatto del fuoco russo che ha provocato un’impennata dei prezzi (oltre 16 euro al quintale). «Prima di questo rialzo, le nostre aziende erano a serio rischio chiusura» ha spiegato per esempio Mario Guidi, che ha 700 ettari a cereali in provincia di Ferrara, al Sole 24 Ore.
• Speculazioni?
Sì, da inizio luglio i futures sul grano sono raddoppiati. Federico Vecchioni, presidente di Confagricoltura: «La crisi russa sta favorendo chi specula con i derivati sui mercati a termine. Si tratta di una situazione paradossale che non ha nessun rapporto con l’andamento dell’economia reale». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 9/8/2010]