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 2010  agosto 25 Mercoledì calendario

La storia terribile dei 33 uomini che in Cile sono stati trovati vivi, in fondo a una miniera, dopo 17 giorni di isolamento

La storia terribile dei 33 uomini che in Cile sono stati trovati vivi, in fondo a una miniera, dopo 17 giorni di isolamento.

Li hanno tirati fuori?
Ci vorranno tre-quattro mesi per tirarli fuori... Ma lasci che le racconti tutti dall’inizio. Miniera di San José a Copiaco, a 830 chilometri da Santiago, nel deserto dell’Atacama, uno dei posti più aridi del Pianeta. Si scava alla ricerca di rame e oro. Il 5 agosto crolla una galleria e i minatori — tutti— restano bloccati in un’area di 50 metri quadrati, a 700 metri di profondità. Provi a immaginare: 33 uomini (32 cileni e un boliviano) in uno spazio che, dalle nostre parti, vale un piccolo appartamento buono per una coppia. Passano i giorni, mentre in superficie si tenta di scavare un qualche tunnel, un qualche pertugio per raggiungerli senza provocare però ulteriori cedimenti della terra. Parliamoci chiaro: erano tutti convinti che si trattasse di recuperare dei cadaveri, anche perché da sotto non arrivava il minimo segno di vita. L’altro giorno infilano una sonda lunga 688 metri in un cunicolo di cinque centimetri di diametro. Quando tirano su questa specie di lenza, trovano un biglietto: «Estamos vivos, en el refugio, los 33». Quel pezzetto di carta, scritto in una grafia ovviamente incerta, fa il giro delle televisioni di tutto il mondo, il presidente di quel Paese, Sebastian Pinera, lo agita davanti alle telecamere gridando «Viva Cile, mierda!». È stato calato un interfono e si sono sentiti anche i minatori gridare: «Viva il Cile!» Uno di loro, anzi, che si chiama Mario Gomez e ha intanto preso la guida del gruppo, ha urlato: «Dài tanti baci ai nostri figli e ai nipoti, dì loro che li amo tanto, che devono stare tranquilli. Saremo felici per sempre, insieme con la nostra famiglia». Di sopra hanno risposto: «Vorremmo mandarvi un pallone da calcio per farvi passare il tempo, ma non passa per il buco». Più tardi alla sonda è stata attaccata una microcamera. Si sono viste così le facce di quei poveretti, e le lucine dei loro caschi di protezione.

Come hanno fatto a sopravvivere?
Dopo il crollo hanno strisciato fino a raggiungere uno dei rifugi della galleria. Qui hanno trovato provviste ed elettricità e una certa aerazione. Essere sopravvissuti per tutto questo tempo, nell’isolamento più totale, è stata comunque un’impresa: di giorno fa molto caldo e di notte molto freddo. Iminatori hanno sapientemente razionato il cibo per resistere il più possibile: si sono nutriti con due cucchiai di tonno e mezza tazza di latte ogni 48 ore.

E adesso come li soccorreranno?
La dottoressa Paula Newman, responsabile della loro salute, ha fatto arrivar giù glucosio e farmaci per prevenire le ulcere. Da oggi dovrebbe esser possibile mandar loro cibi solidi. I tunnel sono a questo punto tre, larghi 5-8 centimetri, gli fanno arrivare cibi ad alto contenuto proteico, tra cui una specie di yogurt liquido che è stato progettato per le missioni spaziali. Il governo ha chiesto aiuto alla Nasa. Gli uomini nella miniera si trovano in una condizione simile a quella degli astronauti, anche dal punto di vista psicologico. Lo spazio ristretto genera panico e aggressività, claustrofobia, malinconia, noia, rabbia. Sentimenti che nello spazio si combattono con un programma studiato apposta, per esempio far trovare dei regalini in certi scomparti segreti che vengono segnalati dalla base a terra. Qui si provvederà guidandoli dalla superficie: turni di 12 ore, in modo che vi sia sempre qualcuno sveglio, e poi videogiochi, libri, riviste che saranno fatti arrivare attraverso le sonde.

In che modo saranno riportati in superficie?
Uno alla volta, attraverso una galleria di 66 centimetri di diametro. Là sotto non possono ingrassare: adoperando i due chilometri di gallerie disponibili, dovranno allenarsi in modo da potenziare i muscoli addominali e badando a non superare i 90 centimetri di giro vita. Per tirarli fuori è all’opera una scavatrice da 33 tonnellate, che dovrà procedere con la massima delicatezza. Dovrebbero tornare tra noi intorno a Natale.

E’ vero che fra i 33 c’è anche un calciatore?
Sì, è Franklin Lobos, che adesso ha 53 anni e in gioventù ha giocato anche in nazionale. Zamorano, quando ha sentito il suo nome, s’è messo a piangere. Ha raccontato che era bravissimo sulle punizioni. Quando ha smesso col calcio, s’è messo a fare il conducente di autobus e taxi. Poi portava il pullman dei minatori. All’ultimo è finito in miniera anche lui. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 25/8/2010]