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 2010  agosto 27 Venerdì calendario

Marchionne ha parlato ieri mattina al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, un intervento dedicato in massima parte al problema dei tre lavoratori licenziati, reintegrati dal giudice e riammesi in fabbrica ma non alla catena di montaggio

Marchionne ha parlato ieri mattina al Meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, un intervento dedicato in massima parte al problema dei tre lavoratori licenziati, reintegrati dal giudice e riammesi in fabbrica ma non alla catena di montaggio. Ha però anche annunciato che l’Alfa Romeo non sarà venduta alla Volkswagen («se ho detto che non la vendo vuol dire che la mia risposta è no», ieri i giornali avevano addirittura parlato del prezzo, 500 milioni che il Lingotto avrebbe messo in cassa nel 2011). S’è poi detto pronto ad incontrare Epifani («sono totalmente aperto a parlare con lui e ad incontrarlo, è una persona che rispetto con un profilo intellettualmente onesto») e del tutto disponibile ad accogliere l’invito del presidente Napolitano, che l’altro giorno aveva esortato la Fiat a rispettare le sentenze della magistratura e le parti in causa a cercare un’intesa: «Ho grandissimo rispetto per il presidente della Repubblica come persona e per il suo ruolo istituzionale: accetto quello che ha detto come un invito a trovare una soluzione».

Sui tre operai?
La frase chiave è questa: «In Italia ci manca la voglia e abbiamo paura di cambiare». Ricordo che Marchionne era da poco in Fiat e vide la fila dei dirigenti alla mensa. Disse allora: «Come mai sono tutti qui? Non hanno da lavorare?». Seguì negli anni successivi una profonda ristrutturazione dei vertici. Adesso c’è la linea dura scelta contro i tre operai di Melfi e la vicenda di Pomigliano, con l’accordo-diktat che impone i 18 turni settimanali, il lavoro di sabato e domenica, l’impossibilità da parte dei lavoratori di venir meno agli impegni sottoscritti. Sul piano generale, l’amministratore delegato della Fiat ha detto questo: «Quella alla quale stiamo assistendo in questi giorni è la contrapposizione tra due modelli: uno che si ostina a proteggere il passato, l’altro che guarda avanti. Fino a quando non ci lasciamo alle spalle i vecchi modellli, non ci sarà mai spazio per guardare i nuovi orizzonti. Non siamo più negli anni Sessanta e occorre abbandonare il modello di pensiero che vede una lotta fra capitale e lavoro, e fra padroni e operai». Sul caso particolare di Melfi: «È inammissibile tollerare e difendere alcuni comportamenti, che vedono la mancanza di rispetto delle regole e di illeciti arrivati in qualche caso al sabotaggio. Mi rendo conto che certe decisioni come quella che abbiamo preso a Melfi non sono popolari, ma su una cosa voglio essere chiaro: la Fiat ha rispettato la legge e ha dato pieno seguito alle decisioni della magistratura, abbiamo dato accesso ai lavoratori nell’azienda e pieno esercizio dei diritti sindacali. Adesso siamo in attesa del secondo grado di giudizio, ci auguriamo che siano meno influenzate dall’enfasi mediatica. La dignità e i diritti non possono essere patrimonio esclusivo di tre persone: sono valori che vanno difesi e riconosciuti a tutti, la responsabilità è anche quella di tutelare la dignità della nostra impresa e il diritto al lavoro di tutti i dipendenti». Marchionne vuole «un patto sociale per affrontare il cambiamento, per condividere impegni e sacrifici. Troppo spesso l’elogio del cambiamento si ferma alle soglie di casa».

In pratica, Marchionne ribadisce l’accusa di sabotaggio.
Sì, anche se nella sua sentenza il giudice parla di «equivoco”, di «particolare concitazione del momento» e «della possibilità che i lavoratori abbiano trascurato di considerare che la loro condotta potesse oggettivamente essere causativa di un blocco della produzione». Di tutto questo si discuterà il 6 ottobre, quando sarà esaminato il ricorso Fiat. Ci sarà però un’udienza anche il 21 settembre per valutare la legittimità della decisione Fiat di non riammettere i tre alla linea di montaggio.

E se l’azienda decidesse di andarsene del tutto dall’Italia?
Ieri Marchionne ha ribadito che ci sono 20 miliardi di investimenti pronti. E ha aggiunto: «A volte ho l’impressione che gli sforzi che la Fiat sta facendo per rafforzare la presenza industriale in Italia non vengano compresi oppure non siano apprezzati intenzionalmente».

Reazioni?
Giovanni Barozzino, uno dei tre operai, lo ha invitato a venire in fabbrica «se non ha paura della verità». Cremaschi, leader dell’area più dura, ha giudicato quello di Marchionne un discorso da padrone delle ferriere e ribadito che l’unica risposta possibile è il conflitto.

Ci sarà l’incontro con Epifani?
Anche Epifani si è detto disponibile. Il segretario della Cgil è su una linea più morbida di quella della Fiom. E la sua firma all’accordo di Pomigliano sarebbe un passo decisivo. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 27/8/2010]