La Gazzetta dello Sport, 28 agosto 2010
Ieri a Rimini, parlando al Meeting di Comunione e Liberazione, il segretario del Partito democratico, Pierluigi Bersani, ha pronunciato, tra le altre, queste parole: «In ogni caso gli ex fascisti stanno di là e l’ex comunista sta di qua
Ieri a Rimini, parlando al Meeting di Comunione e Liberazione, il segretario del Partito democratico, Pierluigi Bersani, ha pronunciato, tra le altre, queste parole: «In ogni caso gli ex fascisti stanno di là e l’ex comunista sta di qua. Dopo di che tutti e due abitiamo nello stesso Paese».
• Che cosa vuol dire?
Che il Pd è pronto anche a un’alleanza con Fini e i finiani. Negli ultimi giorni sono state scritte due lettere: una da Walter Veltroni al Corriere della Sera. L’altra da Pierluigi Bersani a La Repubblica. Veltroni dice di non condividere la frase – ripetuta parecchie volte in questa «estate orrenda» - «Mi alleo anche con il diavolo pur di…». Secondo lui «le uniche alleanze credibili, prima e dopo le elezioni, sono quelle fondate su una reale convergenza programmatica e politica». Quindi: il Pd faccia un programma e accetti di allearsi con chi lo condivide. Nessuna ammucchiata di forze politiche messe insieme con l’idea, troppo semplicistica, di far fuori Berlusconi, e basta. Bersani non la pensa così. Secondo lui, il Partito democratico deve prima riunire le forze della sua area, i cosiddetti progressisti, vale a dire, a mo’ d’esempio, Di Pietro, Vendola, i socialisti, le formazioni della sinistra che adesso non stanno in Parlamento, pezzi di società civile (Grillo?) eccetera, e costituire con questi un Nuovo Ulivo. Questo Nuovo Ulivo deve poi allearsi con gli altri: Casini, Rutelli e persino gli ex fascisti di Fini.
• Come mai questo nome, “Nuovo Ulivo”?
Si chiamava “Ulivo” l’alleanza di partiti e partitini che fece vincere a Prodi le elezioni nel 1996 (senza Rifondazione) e poi ancora nel 2006. Nel 2006 la coalizione cominciò con nove formazioni politiche e finì non so più bene se con quattordici o con quindici. Risse a non finire, ed esponenti del governo che scendevano in piazza contro il loro stesso governo. Veltroni, in quel momento segretario, fece piazza pulita di tutto questo e alle elezioni prese il 34%, percentuale che oggi sembra enorme. Però perse. Come vede, i dati storici ci portano in una zona mentale piena di confusione.
• Che differenza c’è tra questo Nuovo Ulivo di Bersani e il vecchio Ulivo di Prodi?
Forse l’idea che la sconfitta di Berlusconi stavolta sarebbe definitiva, perché in un modo o nell’altro gli sono venuti a mancare prima Casini e poi Fini. Nella sua lettera a Repubblica il segretario del Pd ha scritto: «Il passaggio inevitabile è lasciarsi alle spalle Berlusconi». Bersani parla di politica del “doppio cerchio”. Primo cerchio: rimettere insieme i suoi. Secondo cerchio: allearsi con i conservatori anti-berlusconiani o non-berlusconiani. Il segretario del Pd prevede che il Cavaliere non riuscirà a finire la legislatura.
• E il “doppio cerchio” andrebbe fatto subito, con un governo d’emergenza, o solo al momento del voto?
No, secondo lui il doppio cerchio deve entrare in funzione subito. Lo dico schematicamente: L’Alleanza democratica tra Nuovo Ulivo e i non-berlusconiani deve dar vita a un governo che cambi la legge elettorale. Pensi che Bersani sembra credere che su un discorso intorno alla legge elettorale si potrebbe tirar dentro anche la Lega. Dopo la legge elettorale bisogna andare al voto e battere il Cavaliere. Quindi, vinte le elezioni, completare l’opera delle riforme istituzionali, stato sociale eccetera.
• E come sarebbe fatta la nuova legge elettorale?
È uno dei punti dolenti di tutto il discorso (l’altro è: chi sarebbe il leader da mandare in campo contro il Cavaliere?). Una legge elettorale su cui siano tutti d’accordo non c’è. La contrapposizione di fondo, come forse saprà, è tra proporzionalisti e maggioritaristi. I proporzionalisti vorrebbero qualcosa di simile al sistema elettorale di una volta, quello che funzionò dal ’48 fino agli anni Novanta. Si vota e se un partito ha il 10 per cento dei voti ha anche il 10 per cento dei deputati. Quasi mai qualcuno raggiunge la maggioranza dei consensi, si procede dunque col sistema delle alleanze (ricorda? Il pentapartito, il centro-sinistra…) e al momento del voto non si ha la minima idea di che governo verrà messo in piedi dopo. Invece nel sistema maggioritario si procede, nei singoli collegi, per scontri diretti tra candidati: chi prende più voti entra in Parlamento. Il sistema è ingiusto, perché ci può essere una forza politica col 49 per cento dei voti che non ha neanche un rappresentante alle Camere, dato che ha perso tutti gli scontri per 51 a 49. Tra questi due estremi (proporzionale puro, maggioritario puro) ci sono mille sfumature (sistema tedesco, semipresidenzialismo ecc.). Veltroni è maggioritarista, Casini proporzionalista, Bersani si barcamena tra i due, l’estrema sinistra su questo è d’accordo con Casini. È solo uno dei tanti motivi di divisione dell’opposizione. In questo momento, forse, il più grave. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 28/8/2010]