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 2010  settembre 08 Mercoledì calendario

Il 6 ottobre, a Milano, Pdl e Lega organizzeranno una manifestazione per chiedere le dimissioni del presidente della Camera

Il 6 ottobre, a Milano, Pdl e Lega organizzeranno una manifestazione per chiedere le dimissioni del presidente della Camera. Fini intanto, ieri sera al tg della 7, ha confermato, rispondendo a Enrico Mentana, che resterà al suo posto fino alla fine della legislatura, che il governo deve governare e non pensare a una nuova campagna elettorale e ha ribadito, punto per punto, quanto detto a Mirabello, aggiungendo che, in caso di elezioni («volerle è da irresponsabili»), Futuro e libertà sarà pronto e accettando anche di rispondere sulla casa di Montecarlo: «aspettate qualche settimana, o qualche mese, che la magistratura abbia finito di indagare, e rideremo». Berlusconi, intanto (invitato anche lui da Mentana: non si sa se accetterà) ha riunito i suoi ieri pomeriggio. Una lunga lista di convitati: La Russa, Bondi, Verdini, Cicchitto, Gasparri, Quagliarello, Alfano, Matteoli, Frattini, Vito, Bonaiuti, Letta, Ghedini. All’ordine del giorno: il vertice dell’altra sera con Bossi, quello che si è concluso con la decisione di chiedere un incontro a Napolitano, spiegargli la situazione e persuaderlo a premere su Fini perché lasci, una mossa che Fini, davanti a Mentana, ha commentato così: «Se fanno questo, sono degli analfabeti di diritto costituzionale». Il Quirinale ieri ha però fatto sapere che nessuna richiesta di incontro è pervenuta e, alla fine del vertice, La Russa ha spiegato ai giornalisti: «L’incontro si farà quando il capo dello Stato avrà tempo». Del resto, anche Bossi nel pomeriggio aveva parlato di «incastri da trovare» e ai cronisti che non gli davano tregua aveva aggiunto: «Meglio andare subito al voto. Stare nel pantano non sta bene». Qualcuno ha domandato se i leghisti, pur di far sciogliere le Camere, sarebbero pronti a dimettersi in massa. Il capo della Lega ha risposto con un cenno della mano che potrebbe significare: «Più o meno…».

Le dimissioni in massa di deputati e senatori determinerebbero lo scioglimento automatico delle Camere?
Tecnicamente no. Poiché il nostro attuale sistema elettorale è un proporzionale, all’eletto segue un primo dei non eletti a cui sta dietro un secondo dei non eletti, e così via. Costoro potrebbero/dovrebbero, nel caso, subentrare ai dimissionari. Dal punto di vista puramente tecnico, quindi, prima di sciogliere bisognerebbe che si dimettesse tutta la filiera. Il professor Ainis, che ho interrogato su questo punto assai interessante, mi ha ricordato che nel corso della legislatura 2001-2006 vi furono una dozzina di seggi rimasti vuoti per tutti e cinque gli anni, a causa di contestazioni sui resti della quota proporzionale (a quel tempo si votava col cosiddetto Mattarellum). Se questo Parlamento fosse stato eletto col sistema maggioritario, invece, ogni dimissione dovrebbe dar luogo a una suppletiva, cioè si dovrebbe rivotare. Quindi l’eventuale dimissione di massa, se fossimo nel maggioritario, provocherebbe nuove elezioni, magari senza neanche bisogno di interrompere la legislatura. Così facevano i nostri trisavoli dell’Italia liberale, eletti col maggioritario a due turbi e dove infatti le suppletive non si contavano. Fu eletto per la prima volta deputato, attraverso una suppletiva, persino Cavour. Ma non è questo il caso di adesso, come ho detto. Adesso vige il proporzionale.

E sulla faccenda delle dimissioni di Fini? Può il capo dello Stato determinare in qualche modo la destituzione del presidente della Camera?
No, in nessun modo. Credo che la richiesta di Berlusconi e Bossi, per ora comunicata solo ai giornali, sia addirittura irricevibile. L’ultima cosa che Napolitano vorrebbe è un’ombra di conflitto istituzionale tra la prima e la terza carica dello Stato. Come ha spiegato ieri Fini, non è ipotizzabile nemmeno una mozione di sfiducia: il regolamento non la prevede.

E politicamente? Può il presidente della Camera restare al suo posto se la maggioranza non vuole?
Può. Oltre tutto l’attuale contestazione al presidente della Camera non è tecnica, ma politica. Nessuno finora ha potuto dimostrare che Fini abbia commesso un’irregolarità procedurale o una scorrettezza nei confronti di questi o di quelli. Si potrebbe controdomandare: è legittimo pretendere che il presidente della Camera si dimetta perché il suo partito non lo ama più?

I presidenti delle Camere non devono appartenere alla maggioranza?
No. A partire dalla metà degli anni Settanta, e fino al 1994, maggioranza e opposizione si sono divise le presidenze. Berlusconi, insediato nel 1994, pretese subito che le due cariche andassero al vincitore, prassi seguita poi anche dal centro-sinistra.

Ma non c’è un modo per mandare via Fini da lì?
No, non c’è. Solo Fini, di sua volontà, può lasciare. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 8/9/2010]