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 2010  settembre 10 Venerdì calendario

Ci sono un po’ di notizie che vengono dalle istituzioni internazionali e che, per quanto ci riguarda, non sono incoraggianti

Ci sono un po’ di notizie che vengono dalle istituzioni internazionali e che, per quanto ci riguarda, non sono incoraggianti. L’Ocse ci mette in ultima posizione quanto al Pil del terzo trimestre (-0,3%), il World Economic Forum ci lascia al solito 48esimo posto nella classifica annuale della competitività (siamo dietro, non si dice a Germania, Francia, Inghilterra, ma addirittura a Corea del Nord, Malaysia, Thailandia, Lituania), la Bce esorta i Paesi con forte debito e bassa competitività (per esempio, noi) ad adottare misure capaci di «assicurare che il processo di contrattazione dei salari ne consenta il flessibile e appropriato adeguamento alle condizioni di disoccupazione e alle perdite di competitività». C’è poi uno studio della Coop, che fotografa la contrazione generale dei consumi, però con questa stravaganza: compriamo meno pane, pesce, olio e beni commestibili, roba cioè che sembrerebbe importante, e più gadget elettronici, cellulari o televisori. Se ne dedurrebbe che siamo capaci di sacrifici, purché non ci tolgano il superfluo.

Anche un anno fa si vide che la gente faceva i debiti per continuare ad andare in palestra. Ma mi incuriosisce la frase di Trichet sulla «contrattazione dei salari», la «flessibilità» eccetera. Significa che per aiutare la ripresa bisogna tagliare le buste paga?
Non proprio. Trichet allude, con una dichiarazione troppo stringata, alle rigidità che bloccano lo sviluppo e impediscono, a noi ma non solo a noi, di essere competitivi. La frase del governatore della Banca Centrale Europea non si capisce se non si legge per intero, e non solo attraverso le sintesi d’agenzia, il rapporto del World Economic Forum (Wef) sulla competitività, uscito proprio ieri. Il Wef sostiene che la competitività si basa su 12 “pillars” o pilastri. Li consideri con attenzione: Istituzioni, Infrastrutture, Indebitamento (Macroeconomic Enviroment), Salute ed Educazione primaria, Educazione secondaria e formazione (Training), Concorrenza (Good Market Efficiency), Mercato del Lavoro, Mercato finanziario, Tecnologie, Dimensioni del mercato, Business sophistication (questa è più difficile da tradurre con due parole), Innovazione.

Vengono stilate tante classifiche quanti sono i “pillars”?
Sì, è una specie di decathlon (anzi, dodecathlon) della produttività.

Qual è la gara in cui andiamo peggio?
Il mercato del lavoro. Siamo 118esimi su 139. Non è strano. Scrivono quelli del Wef che in un mercato del lavoro efficiente i lavoratori sono collocati nel posto a loro più adatto e sono incoraggiati dagli incentivi a dare il meglio. «I mercati del lavoro efficienti sono dotati di sufficiente flessibilità per spostare velocemente e a basso costo la forza-lavoro da un settore all’altro in base alle esigenze dell’economia e senza troppe conseguenze sociali». Viene citato come esempio di Paese drammaticamente alle prese con le rigidità di questo mercato la Spagna, che nella classifica finale sta comunque meglio di noi (42esima) e che in questa gara sta tre posizioni sopra, 115esima. Il nostro mercato del lavoro ha contemporaneamente bassi salari e bassissima flessibilità, non solo nel senso che è complicatissimo licenziare qualcuno, ma anche culturalmente, perché gli italiani non ragionano in termini di “lavoro”, ma in termini di “posto” con gravi conseguenza oltre tutto sul piano della produttività. Il rapporto tra incentivi e rendimento è, come sappiamo, troppe volte inesistente, per colpa soprattutto di un malinteso egualitarismo sostenuto per decenni dai sindacati di ogni tendenza. Abbiamo poi una grande difficoltà a uscire da questa ingessatura senza pagare uno scotto sociale, come dimostra, per esempio, il fumogeno in faccia a Bonanni dell’altro giorno. Subito dopo quella del mercato del lavoro, la gara in cui andiamo peggio è quella del Mercato finanziario. Siamo 101esimi. Qui si misura la «migliore allocazione delle risorse finanziarie interne ed estere». Significa che quando affidiamo i nostri risparmi a qualcuno (cioè le banche), in genere ci rimettiamo. La terza gara dove perdiamo di brutto è quella delle Istituzioni. Cioè, in poche parole, l’efficienza della politica. Siamo 92esimi. Non credo, specialmente in questo momento, che ci sia bisogno di dare spiegazioni.

Dov’è che recuperiamo?
Siamo molto forti nelle Dimensioni del mercato. Nono posto dietro Usa, Cina, Giappone, India, Germania, Regno Unito, Francia, Russia. L’Italia esporta e questo sopperisce alla sua piccolezza.

Ma la classifica generale chi la vince? Qual è il Paese più competitivo della Terra?
La Svizzera, come al solito. Seguono Svezia, Singapore e Stati Uniti. Gli Stati Uniti, rispetto al 2009, hanno perso due posizioni. La Germania, quinta, ne ha guadagnate due. Sono dati che confermano quanto si deduce da altre rilevazioni. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/9/2010]