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 2010  settembre 11 Sabato calendario

Il pastore Jones ha definitivamente rinunciato a bruciare duecento copie del Corano nella sua chiesa di Gainsville (Florida)

Il pastore Jones ha definitivamente rinunciato a bruciare duecento copie del Corano nella sua chiesa di Gainsville (Florida). Intanto a Copenhagen, un tizio che potrebbe essere minorenne s’è chiuso in un bagno dell’hotel Jorgensens, ad Israels Square, e ha provato a farsi saltare in aria, riuscendo però solo a provocare una piccola esplosione. La polizia l’ha poi arrestato nel vicino parco di Ørsted, dove ha anche fatto brillare l’ordigno…

Oggi è l’11 settembre.
Già, e Obama ieri ha parlato, ricordando che «siamo una nazione unita, composta da persone che danno a Dio nomi diversi. Ma nessuno riuscirà a farsi del male con divisioni basate su differenze religiose o etniche. Gli Stati Uniti non sono mai stati in guerra con l’Islam, ma con i terroristi di al Qaeda. Al Qaeda, con le sue azioni, ha fatto molte più vittime tra i musulmani che tra gli americani». In tutto il discorso il reverendo Terry Jones non è mai stato nominato.

Ma alla fine chi è questo qui?
Gino Strada ieri ha detto che «è un cretino da rinchiudere». Potrebbe anche essere meno cretino di quel che sembra. Ha avuto due mogli, gira con la pistola, fa il pastore di professione da una quarantina d’anni e ne ha passati trenta in Germania, nella città di Colonia, subito ribattezzata da lui “porta dell’inferno”. Predicava forte fin dall’inizio: le religioni si dividono in giuste e sbagliate, i figli vanno picchiati col bastone, no agli omosessuali, ecc. Gli adepti venivano sottoposti a lavaggio di cervello e, secondo quanto ha detto allo “Spiegel” Stephen Baar, che aveva fondato con lui la parrocchia di Colonia, c’è ancora gente in cura per le devastazioni mentali prodotte dalla sua predicazione. Le idee estremiste gli avevano fatto aumentare il numero dei fedeli da poche decine fino a mille, ma l’avevano anche messo in tensione con la comunità turca del posto e nel 2008 i tedeschi lo mandarono via. Tornato in America, ha messo su un bel business: la cosiddetta chiesetta di Gainsville è circondata da un parco di otto ettari che vale tra i due e i quattro milioni di dollari, lui vende su Internet magliette, tazze, spille e copie del suo libro Islam of the Devil. Il merchandising ha avuto un’impennata pazzesca grazie alla storia del Corano. Su Facebook ha fatto 11.158 amicizie in un paio di giorni.

E come mai il mondo va appresso a un tizio simile?
I media hanno dato un risalto gigantesco all’idea del rogo. Come avrebbero potuto fare altrimenti? Una dozzina di vignette su Maometto pubblicate da un giornalino danese scatenarono, cinque anni fa, una vera rivoluzione islamica con decine di morti. Che cosa sarebbe accaduto di fronte a un gesto tanto blasfemo come il rogo dei corani, compiuto in America e diretto a contrastare la costruzione di una moschea nell’area di Ground Zero, quella dove sorgevano le torri abbattute l’11 settembre del 2001? In tutto l’Oriente, dall’Indonesia al Pakistan all’Iraq, si sono minacciate manifestazioni. Tante volte in passato queste manifestazioni hanno provocato decine di morti, soprattutto tra i cristiani.

Fermo restando che questo Jones se non è un pazzo, è un poco di buono, le domando: ha senso costruire una moschea nell’area di Ground Zero?
Ieri Donald Trump ha chiesto a Hisham Elzanaty di vendergli la sua quota del centro islamico. Avrebbe offerto un prezzo del 25% superiore al valore di mercato. Non si sa che cosa abbia risposto Elzanaty. Trump ha detto che voleva comprare «per metter fine alla controversia». Costruire una moschea vicino a Ground Zero (quindi, non proprio al posto delle Torri, come s’è sentito dire) è un fantastico gesto di tolleranza, uno straordinario invito alla comprensione reciproca. Succede però che finora le aperture di Obama non abbiano ottenuto risultati apprezzabili: l’Iran continua a tempestare l’Occidente di dichiarazioni di fuoco e ancora ieri Ahmadinejad, esecrando il rogo dei corani, ha detto che si «tratta di un complotto sionista»; la trattativa tra arabi e israeliani procede con grande difficoltà; il ritiro dall’Iraq viene dipinto dall’opposizione come una specie di resa; in Afghanistan non si riesce a far presa sulla popolazione, cioè non si riesce a spostare la massa degli incerti dalla parte Usa (c’entrano la corruzione dei governanti e i molti errori compiuti dagli Stati Uniti). In questa situazione, si chiedono soprattutto i nemici del presidente, che senso ha un gesto che altre sensibilità avvertono come offensivo?

Ma al Qaeda, a questo punto e dopo nove anni dall’attentato, è più forte o più debole?
Guardi, mi sono fatto questa idea: al Qaeda è più debole, anzi molto più debole. Ma in qualche modo, specialmente sul piano delle convinzioni che hanno guidato quelli della mia generazione per tutta la vita, ci siamo molto indeboliti anche noi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 11/9/2010]