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 2010  settembre 12 Domenica calendario

Per ricordare l’11 settembre del 2001, gli americani hanno osservato quattro minuti di silenzio. Alle 8

Per ricordare l’11 settembre del 2001, gli americani hanno osservato quattro minuti di silenzio. Alle 8.46, alle 9.30, alle 9.59, alle 10.28: gli istanti in cui gli aerei hanno impattato sulle torri e in cui le torri vennero giù. Il primo minuto di silenzio è stato introdotto dal suono della campanella, scossa dal sindaco Michael Bloomberg. Larry McGovern, parente di una delle persone morte nella tragedia, ha poi pronunciato un breve discorso, seguito dalla lettura dei nomi delle 2.752 vittime, fatta dal sindaco Bloomberg. Il sole splendeva, la temperatura era mite, parecchie centinaia di persone si erano radunate intorno alle due vasche quadrate che simboleggiano le Torri Gemelle per assistere alla cerimonia, tenuta, come sempre, nel punto preciso in cui sorgevano le Twin Towers, al World Trade Center. Obama intanto, dal Pentagono, invitava l’America e il mondo alla tolleranza. «È in questi momenti che qualcuno tenta di istigare il nostro rancore, di far pesare le differenze, di non farci vedere quello che ci tiene uniti. E però: non lasciamo che ci condizioni la paura, abbandoniamoci alla speranza che nutriamo per le nostre famiglie, per il Paese, per un avvenire migliore. Onoriamo gli scomparsi sforzandoci di essere all’altezza dei valori che condividiamo».

Sto pensando al reverendo che voleva bruciare i corani e all’allarme planetario che ha suscitato. Mi domando se dieci anni fa, prima dell’attentato, una cosa del genere sarebbe stata possibile.
Il pastore Terry Jones ieri era a New York. S’è fatto intervistare dal programma “Today” della Nbc e ha detto che l’obiettivo della sua Chiesa era «mostrare che alcuni elementi dell’Islam sono molto pericolosi». «Credo che ci siamo riusciti», ha aggiunto. Naturalmente, lei ha ragione, e appena dieci anni fa, alla vigilia dell’attacco, un’iniziativa come quella di Jones e il panico che ne è seguito sarebbero stati inconcepibili. L’11 settembre ci ha regalato infatti la paura e, con la paura, uno stato d’allarme perenne. Anche l’Islam è cambiato in questo: nel 1995 – scelgo una data a caso – quel mondo avrebbe reagito con altrettanta isteria alle dodici vignette su Maometto? Quindi l’effetto di quella follia è stata la radicalizzazione dello scontro e la diffusione nel pianeta del verbo fondamentalista. Dico del verbo fondamentalista loro, e anche del verbo fondamentalista nostro: quanti occidentali pensano che sia in corso una lotta definitiva tra due civiltà? La destra americana, gli evangelici che hanno portato Bush alla Casa Bianca, erano più forti prima del 2001 o si sono rinforzati dopo?

È vero che anche la crisi economica è un frutto del 2001?
Sì. Per prevenire il panico, Greenspan, che era allora governatore della Federal Reserve (diciamo: la posizione del nostro Draghi), abbassò drasticamente il tasso di sconto. Il denaro facile favorì la concessione dei mutui a gente che non si sarebbe mai potuta permettere l’acquisto di una casa, ponendo le premesse della crisi dei subprime esplosa dal 2007. E spinse le banche alla finanza sciagurata che abbiamo imparato a conoscere, i derivati, i cds e le altre salsicce finanziarie incomprensibili ai più e che hanno fatto ricchi pochi speculatori rovinando un mucchio di gente. Non facciamo più caso al debito pubblico degli Stati un tempo virtuosi, ma oggi esiste un problema di solvibilità che riguarda proprio i Paesi del primo mondo.

Il pericolo islamico non ha reso più unito l’Occidente?
Credo di no: proprio la crisi economica, innescata dall’attentato, ha spinto ciascun paese a badare soprattutto al proprio particolare. Le difficoltà dell’Unione europea in tema di armonizzazione delle politiche di bilancio e fiscali nascono da questo. Dobbiamo sperare che non scoppi mai la guerra dei bond. Ogni nazione si finanzia sul mercato e il problema è: il mercato potrà sostenere tutti per sempre? O non verrà il momento che anche questi grandissimi debitori si troveranno in difficoltà (vedi Grecia)?

Anche le guerre, alla fine, sono un frutto delle Twin Towers.
Sì, l’Iraq e l’Afghanistan, con migliaia di morti e con risultati tutti da verificare. Non so se Osama avesse calcolato fino in fondo le conseguenze degli attentati.

I terroristi hanno vinto?
Non sono più in grado, parrebbe, di ripetere un attentato come quello di nove anni fa. Ma hanno ottenuto lo stesso, come abbiamo brevemente visto, un certo numero di successi molto gravi per noi. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 12/9/2010]