La Gazzetta dello Sport, 10 ottobre 2010
Quattro soldati italiani sono morti ieri in Afghanistan, nell provincia di Farah. Scortavano un convoglio di 70 camion civili che rientrava dall’aver trasportato materiale per la costruzione di una base operativa nel Gulistan
Quattro soldati italiani sono morti ieri in Afghanistan, nell provincia di Farah. Scortavano un convoglio di 70 camion civili che rientrava dall’aver trasportato materiale per la costruzione di una base operativa nel Gulistan. Si chiamano: Gianmarco Manca, di Alghero, anni 32, primo caporal maggiore; Francesco Vannozzi, di Pisa, anni 26, primo caporal maggiore; Sebastiano Ville, di Lentini (Siracusa), anni 27, primo caporal maggiore; Marco Pedone, di Gagliano del Capo (Lecce), anni 23, caporal maggiore. Altri due militari sono rimasti feriti: sono Luca Cornacchia, di Pescina (L’Aquila), 31 anni, che è stato ferito a un piede ed è adesso ricoverato nell’ospedale da campo americano di Delaram; e Michele Miccoli, di 28 anni, nato ad Aradeo (Lecce) e residente a Belluno, che ha riportato lievi escorazioni a una gamba. •
C’è stata un’imboscata. Erano le dieci meno un quarto (le 7 e 15 in Italia) e il Lince su cui si trovavano gli italiani è esploso a causa di uno ied che lo ha disintegrato. I talebani, che attendevano nascosti, hanno quindi dato l’assalto alla colonna e sono stati messi in fuga dalla reazione degli italiani. Sto riferendo la versione ufficiale che è stata diffusa ieri dal ministero della Difesa. Il distretto del Gulistan si trova a circa duecento chilometri a oriente di Farah. Siamo vicino all’Helman, uno dei tre distretti che ricade sotto la nostra responsabilità. Il contingente italiano in Afghanistan ammonta adesso a 3.500 unità che diventeranno poco meno di 4.000 entro la fine dell’anno. Ci siamo impegnati con la Nato a mandare mille uomini in più quest’anno, che può sembrare un assurdo visto che da luglio dell’anno prossimo comincerà il ritiro, secondo quanto ha ripetutamente detto Obama. Una parte dei nostri uomini contribuisce però all’istruzione delle forze militari e di polizia locali. L’idea è che gli afghani, una volta andati via gli occidentali, facciano da sé. Il timore è che, senza la protezione Usa, siano immediatamente travolti dai talebani, i quali riprenderebbero in poco tempo il controllo del Paese. Il presidente Karzai sta trattando una qualche tregua con lo sceicco Omar, il quale punta a una sorta di riabilitazione, magari col vantaggio di qualche poltrona ministeriale. Come sempre in questi casi, però, una frazione non minima dei suoi è contraria a qualunque intesa e proclama di voler continuare le azioni di guerriglia e di banditismo. Il nodo, come abbiamo detto tante volte, è in realtà in Pakistan, dove i fondamentalisti vanno ad addestrarsi, a curarsi le ferite e a ritrovar coraggio per tornare in Afghanistan più feroci di prima.
• Ma di questo Lince c’è da fidarsi?
Come è evidente i Lince non resistono agli ordigni fatti in casa, i cosiddetti ied. Il mezzo giusto, secondo quanto dicono gli esperti, sarebbero i Freccia VBM (Veicolo Blindato Medio). A luglio ne sono arrivati 17. Ma i soldati di ieri stavano su un Lince.
• Chi erano i nostri quattro soldati morti?
Morti e feriti sono tutti alpini del battaglione Feltre, VII reggimento di stanza a Belluno, brigata Julia. Il sindaco di Feltre, Gianvittore Vaccari, è senatore della Lega Nord. A parte Vannozzi, gli altri sono tutti meridionali. Il leghista Vaccari, nella sua dichiarazione, ha parlato di «nostri ragazzi». Manca era orfano di padre, le autorità hanno informato della scomparsa la madre e la sorella. Pedone, 23 anni, era alla sua prima missione. Era figlio di un bidello e di una casalinga di Patù (Lecce). Vannozzi, 26 anni, aveva la fidanzata, era già stato in Kosovo, faceva volontariato nel servizio anti-incendi del Monte Serra. Ville aveva telefonato ieri sera alla madre, giù a Lentini. Era partito per la terza volta alla volta dell’Afghanistan lo scorso agosto, senza nessuna voglia a quanto dice la famiglia. Era volontario da sette anni e a dicembre sarebbe diventato effettivo. Il padre ha saputo della tragedia attraverso la telefonata di un imbecille rimasto anonimo: «Lei è il Ville che ha un figlio in Afghanistan?» «Sì» «È nell’elenco dei morti», e ha buttato giù il telefono.
• Restare o andare via dall’Afghanistan?
L’incertezza con cui si muove Obama è dannosa. Nelle dichiarazioni di ieri ci sono le solite cose, quelli dicono che l’Afghanistan è il nostro Vietnam, questi che bisogna restare per gli impegni internazionali e la lotta al terrorismo.
• Quanti morti abbiamo avuto fino ad ora?
Trentaquattro. E sono in aumento. Quest’anno ne sono stati uccisi dodici, l’anno scorso nove. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 10/10/2010]