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 2010  ottobre 24 Domenica calendario

La riforma delle pensioni tiene la Francia in una specie di stato d’assedio. Venerdì i gendarmi hanno riaperto con la forza la raffineria di Grandpuits (Seine-et-Marne) che, ferma come le altre undici da 11 giorni, stava compromettendo i rifornimenti di carburante

La riforma delle pensioni tiene la Francia in una specie di stato d’assedio. Venerdì i gendarmi hanno riaperto con la forza la raffineria di Grandpuits (Seine-et-Marne) che, ferma come le altre undici da 11 giorni, stava compromettendo i rifornimenti di carburante. Ci sono stati scontri a Lione, il porto di Marsiglia è paralizzato e la città sembra Napoli nel suo momento peggiore, cumuli di rifiuti ovunque a causa dello sciopero dei netturbini. Martedì poi torneranno in campo gli studenti.

Che cos’ha di terribile questa riforma?
Alza l’età pensionabile minima da 60 a 62 anni e la massima da 65 a 67. A partire dal 2018. I socialisti si sono concentrati sul fatto che Sarkozy è andato avanti a tappe forzate praticamente impedendo la discussione sia all’Assemblea nazionale (la Camera) che al Senato. L’altro giorno il Senato ha dato il via libera quasi definitivo con 177 voti contro 153.

Perché “quasi” definitivo?
L’iter prevede ancora che domani si riunisca la commissione mista Assemblea-Senato per uniformare il testo e sottoporlo all’approvazione definitiva martedì. Passerà poi all’esame della Corte costituzionale. Diciamo che dovrebbe essere operativo intorno alla metà di novembre. Non è neanche una riforma definitiva. L’altro ieri è stato approvato un emendamento che permetterà di riaprire il discorso a partire dal primo trimestre del 2013. L’idea è quella di rivedere l’intero edificio, da cima a fondo e una volta per tutte, con l’obiettivo di arrivare a un sistema a punti che permetta di ritirarsi quando si vuole e nelle condizioni che si preferiscono. Mantenendo intatto il regime a ripartizione, naturalmente. Di capitalizzazione non vuole sentir parlare nessuno.

Che differenza c’è?
Nel regime pensionistico a capitalizzazione si riceve una rendita commisurata ai versamenti, come con qualunque assicurazione. È quello generalmente in uso nel settore privato dei paesi anglosassoni. Nel regime a ripartizione, invece, l’entità della pensione non è commisurata completamente ai versamenti, ma piuttosto alle ultime retribuzioni. Della rendita infatti si fanno carico le generazioni attive. Il sistema a ripartizione è bellissimo, ricco di solidarietà e senso sociale. Che succede però se la popolazione attiva diminuisce e quella pensionata aumenta? Che succede se, a un certo punto, i pensionati risultano più numerosi di quelli che lavorano? Interrogativi talmente fastidiosi, che in genere si evitano con cura. L’innalzamento dell’età pensionabile di Sarkozy, se paragonato con quello tedesco (67 anni), o con quello nostro (65) è modesto. Nella micidiale falcidia decisa da Cameron e da Osborne in Inghilterra, c’è anche la pensione a 66 anni a partire dal 2020.

Come mai manifestano anche gli studenti?
Se i vecchi continuano a lavorare, per i giovani non c’è posto. La protesta ha fatto emergere come leader un ragazzo di 16 anni, Victor Colombani (niente a che vedere col direttore di Le Monde) vicino ai socialisti. Dice: «Il governo ci sta rubando il futuro. Estendere fino a 62 anni l’età della pensione significa sacrificare quasi un milione di posti di lavoro per i giovani. Vogliamo una riforma più giusta, che tenga in considerazione gli anni di studio e i periodi di precariato e di disoccupazione forzata». Il 23% di chi ha meno di 25 anni è disoccupato.

Non ci sarà sotto qualche manovra politica contro Sarkozy? Qualcuno che ne approfitta per soffiare sul fuoco?
Bernard Henry-Lévi ha definito la riforma “inevitabile” anche se può risultare “sgradevole”. «Non è una questione di ragione. È un problema di necessità. Senza la riforma, in pochi anni il sistema pensionistico francese salterebbe. E la sinistra lo sa». Elisabeth Dupoirier, che insegna presso la Fondazione nazionale studi politici di Parigi, ha ricordato che prima dell’estate «tutti i sondaggi mostravano una sorta di rassegnazione dei francesi verso la necessità della riforma». Il governo s’è perciò trovato spiazzato dalle manifestazioni. L’allungamento della vita media è un problema dappertutto e difatti la legge sulle pensioni andrà rivista periodicamente in tutti i paesi per adattarla ai nuovi equilibri demografici. Secondo previsioni dell’Ocse e del Ceps, la nostra spesa pubblica per le pensioni, per esempio, passerà dal 19,7% del 2000 al 33% del reddito nazionale del 2050 (media Cee: 12,6-20,9). Dopo di che, per rispondere alla sua domanda, qualcuno che soffia sul fuoco ci sarà di sicuro. La lotta politica, come lei mi insegna, è sempre la lotta politica. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/10/2010]