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 2010  novembre 09 Martedì calendario

Il gesto di rimettere il mandato nelle mani di Fini – compiuto l’altro giorno da Ronchi, Urso, Bonfiglio e Menia – non ha naturalmente nessun valore

Il gesto di rimettere il mandato nelle mani di Fini – compiuto l’altro giorno da Ronchi, Urso, Bonfiglio e Menia – non ha naturalmente nessun valore. I quattro devono comunicare le loro dimissioni al capo dello Stato, che li ha nominati. Ieri non è successo. Quindi, per ora. tutto è come prima. Calma piatta anche dal lato Bossi-Berlusconi. Bossi ha riunito i suoi ieri mattina nella sede leghista di via Bellerio a Milano. Poi, con Maroni e Calderoli, è andato ad Arcore a discutere con Berlusconi. Quindi nuova riunione in via Bellerio. Alla fine questo comunicato, siglato dai capigruppo leghisti di Camera e Senato, Reguzzoni e Bricolo: «L’incontro è andato bene, andiamo avanti. Si è deciso di proseguire con l’azione riformatrice per realizzare il programma. Ne è emersa un’assoluta sintonia sui concreti problemi del Paese e sulle azioni da realizzare, a partire dalla situazione creatasi a seguito delle alluvioni in Veneto. Domani Bossi e Berlusconi saranno nei territori interessati insieme al Presidente Zaia, per un sopralluogo nei comuni maggiormente colpiti».

Quindi?
Quindi siamo in pieno surplace, come avevamo scritto ieri. Il cerino sembrerebbe passato nelle mani di Berlusconi, ma forse non è così. Di sicuro a un certo punto i quattro si dimetteranno. Ed è quasi certo ormai che Berlusconi a quel punto si limiterà a un rimpasto. Non è neanche detto che vada a chiedere la fiducia. Alla fine si tratta di un ministro, un vice e due sottosegretari.

Ma allora tutta questa canea scatenata da Fini non porta da nessuna parte?
Credo che il Pdl per ora starà a guardare. Porterà in Parlamento i provvedimenti che deve portare (documento di ieri: «proseguire con l’azione riformatrice…») e aspetterà che i finiani votino contro. Se la bocciatura riguarderà qualcosa di importante, Berlusconi andrà a dimettersi, felice che la responsabilità della rottura sia dei finiani. Infatti è questo che il Pdl vuole evitare, prima di tutto: la colpa di aver mandato a remengo la legislatura, secondo l’opinione generale gravida di conseguenze in termini di consenso al momento delle elezioni. Siamo già in campagna elettorale, naturalmente. Il voto è generalmente previsto a marzo.

Su quale provvedimento potrebbe cadere Berlusconi?
Ma intanto potrebbe esserci una congiuntura delicata mercoledì prossimo, alla Camera. Per via del crollo di Pompei, Bersani sembra sul serio intenzionato a presentare una mozione di sfiducia contro Bondi, il ministro del Beni culturali. Anche qui, Berlusconi potrebbe limitarsi, se il ministro cadesse, a un rimpasto. Certo però dopo Scajola, Brancher, Ronchi sarebbe molto fastidioso. Tuttavia la mozione di sfiducia stanerebbe anche i finiani. Come voteranno, nel caso? Di Pietro insiste con Bersani che è ora di presentare una mozione di sfiducia all’intero governo, proprio per stanare Fini. Il discorso di domenica, dice Di Pietro, va bene. Ma il lunedì, dopo aver detto che questo è un governo «non del fare ma del fingere che tutto vada bene», che farai? Gli darai ancora la fiducia o no? I provvedimenti importanti con i quali Fini potrebbe costringere Berlusconi a dimettersi sono in ogni caso parecchi: la legge di stabilità (finanziaria), il decreto sviluppo (sette/dieci miliardi per l’università), i vari scudi per la giustizia, i decreti attuativi del federalismo…

Supponiamo che Berlusconi si dimetta. Che accadrà a quel punto?
Prima ipotesi: scioglimento immediato delle camere e elezioni. Un po’ irrituale, in genere il presidente verifica l’esistenza di un’altra maggioranza. Seconda ipotesi: nuovo incarico a Berlusconi. Un nuovo incarico avrebbe senso solo se il Cavaliere tentasse di allargare la maggioranza inglobando, oltre al Fli, anche Casini. La Lega si metterebbe di traverso. Terza ipotesi: incarico a un altro esponente del centro-destra, non sgradito all’opposizione. Sarebbe Tremonti. Berlusconi cioè dovrebbe fare l’odiato passo indietro. Abbastanza fantapolitico, e comunque, anche qui, senza la Lega non ci sono i numeri. Quarta ipotesi: incarico a una personalità non necessariamente di centro-destra, sostenuta da tutti tranne Berlusconi e Bossi, i quali sarebbero ben felici di farsi un anno di opposizione e presentarsi vergini al voto. Parecchio difficile.

• E se ci fossero spostamenti di parlamentari, tali da cambiare i rapporti numerici?
Starebbe per passare al Fli il senatore sardo Piergiorgio Massidda, il che porterebbe la pattuglia finiana di Palazzo Madama a 11 elementi. La maggioranza avrebbe a questo punto 161 voti e tutti gli altri 160. È ancora poco per qualsiasi scenario credibile che non siano le elezioni. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 9/11/2010]