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 2010  novembre 16 Martedì calendario

È stata una giornata politica lunghissima. Prima si sono dimessi i quattro finiani che stanno al governo (Ronchi, Urso, Bonfiglio, Menia), a cui si è aggiunto, soprendentemente, anche l’unico esponente nell’esecutivo dell’Mp, Giuseppe Maria Reina, sottosegratrio ai Trasporti

È stata una giornata politica lunghissima. Prima si sono dimessi i quattro finiani che stanno al governo (Ronchi, Urso, Bonfiglio, Menia), a cui si è aggiunto, soprendentemente, anche l’unico esponente nell’esecutivo dell’Mp, Giuseppe Maria Reina, sottosegratrio ai Trasporti. Poi Napolitano ha convocato per oggi pomeriggio alle quattro i presidenti di Camera e Senato. S’è quindi riunita la Lega, nella sede del partito in via Bellerio a Milano. Più di due ore di discussione. Bossi e i suoi si sono infine trasferiti, sotto una pioggia torrenziale, ad Arcore per studiare con Berlusconi le mosse da fare. Altre due ore e mezza di confronti. Berlusconi, a sua volta, ha passato la giornata a telefonare, ribadendo che non ha nessuna intenzione di dimettersi, che punta alle elezioni possibilmente addirittura in gennaio, che fin da questa settimana ha intenzione di comparire in varie trasmissioni televisive. Gli si attribuisce anche una dichiarazione aggressiva nei confronti di Fini: «Fini non sa che cosa lo aspetta se andiamo a votare, cosa lo aspetta in campagna elettorale. E di certo non uscirà bene dalle urne». La giornata s’è poi conclusa con Bersani e Fini che, da Fazio, hanno elencato le ragioni della sinistra e quelle della destra.

Non ho capito se c’è la crisi oppure no.
Per ora non c’è. Tutti parlano di crisi virtuale, di crisi di fatto. Ma in un momento come questo, anche un capello fa la differenza. Berlusconi non si è dimesso e quindi la crisi non c’è. La convocazione improvvisa di Fini e Schifani al Quirinale, per oggi pomeriggio, è un atto tipico da crisi, perché quando il governo si dimette il Capo dello Stato comincia le sue consultazioni proprio dai due presidenti. Ma in questo caso deve trattarsi di altro. Una possibilità è che il presidente abbia fretta di uscire dall’impasse in cui ci troviamo. Tutti hanno promesso di star buoni fino alla finanziaria. Ma la finanziaria sarà approvata come minimo tra un mese: ci aspetta dunque un altro mese di mosse e contromosse, di attacchi e calunnie, da una parte e dall’altra? Non è pericoloso anche questo per i nostri conti pubblici? Forse il presidente vuole studiare un modo per accelerare l’iter della finanziaria. Forse vuole sciogliere il nodo delle mozioni, se cioè Berlusconi debba presentarsi prima alla Camera o prima al Senato. Non è neanche detto che, alla fine, non sia meglio far la crisi prima della finanziaria. Un governo dimissionario è comunque un governo in carica: la legge di stabilità potrebbe essere approvata lo stesso. L’impressione, insomma, è che Napolitano voglia uscire il più presto possibile da questo stallo. Da un lato infatti la situazione è molto confusa. Ma dall’altra è chiarissima: il governo è in agonia e dovrà prima o poi tirare le cuoia.

Sicuro?
Berlusconi dice che in questo lasso di tempo recupererà voti al suo governo anche alla Camera. Insiste che non è affatto certa la sfiducia dei deputati. Può darsi. Ieri sera però, ospite di Lilli Gruber, Casini ha detto: anche se facesse un po’ di mercato e si comprasse un certo numero di onorevoli, che cosa se ne farebbe poi di una maggioranza che si regge su uno o due voti? Ha ragione.

Si sa qualcosa dell’incontro di ieri sera ad Arcore?
Per ora bocche cucite. La Lega, fino alla tarda mattinata di ieri, ha ribadito la sua fedeltà a Berlusconi. Ma si sa che Bossi e il Cavaliere sono su due posizioni diverse. Bossi vuole l’approvazione definitiva del federalismo, quindi punterebbe alla cosiddetta crisi pilotata: un Berlusconi bis, magari anche con l’Udc (ma questo lo concederà solo negli ultimi cinque minuti), in modo da varare i decreti attuativi. Berlusconi vuole invece che si voti subito, addirittura a gennaio, in modo da non dare il tempo a Fini di organizzarsi.

Che cosa dicono i sondaggi?
L’ultimo lo ha trasmesso ieri sera Mentana. Non è scientifico, perché riguarda gli spettatori de La7, ma insomma… Il Pdl starebbe al 28,5, la Lega all’11,4 e la Destra di Storace all’1,2. Totale: 41,1. Il Centro totalizzerebbe un 14,3. Per Centro intendo Fini, Casini, Rutelli e Mpa. Fini avrebbe il 5,9, l’Udc il 6,1, Rutelli l’1,5. Sono percentuali con cui si rischia di non entrare in Parlamento se non ci si mette insieme. Sinistra: il Pd ha il 25, Vendola il 6, l’Idv il 5,8, Grillo il 2,7. Un altro 2 per cento se ne va con formazioni minori. Totale: 41,5. Vincerebbe d’un pelo la sinistra, ma La 7 ha un pubblico un pochino più orientato da quella parte.

Che cosa hanno scritto nella loro lettera i ministri dimissionari?
«Signor presidente del Consiglio, rimetto nelle sue mani le mie irrevocabili dimissioni da “membro del governo”. Con immutata stima». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 16/11/2010]