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 2010  novembre 24 Mercoledì calendario

Ieri le Borse sono tornate ad andar giù (Milano – 2,07%) e le spiegazioni sono due: il rischio di guerra tra le due Coree (ne parliamo a parte) e la crisi politica irlandese

Ieri le Borse sono tornate ad andar giù (Milano – 2,07%) e le spiegazioni sono due: il rischio di guerra tra le due Coree (ne parliamo a parte) e la crisi politica irlandese. L’opposizione in Irlanda chiede a gran voce che il governo si dimetta e sembra considerare il prestito da una novantina di miliardi una resa alle cattive potenze straniere che si impossesseranno del Paese e ne faranno un sol boccone.

È così?
Quando il Fondo Monetario Internazionale tira fuori i soldi, vuole che la nazione indebitata si metta a regime e controlla poi che le promesse fatte siano mantenute. La Ue, anche se con uno stile diverso, fa lo stesso. I soldi si dànno in prestito un po’ per volta e, alla vigilia di ogni tranche, c’è una verifica. Per esempio, la Grecia, soccorsa sei mesi fa, s’era impegnata a portare il deficit all’8,1% entro la fine dell’anno. Il deficit sarà invece del 9,4%. Questa notizia, di pochi giorni fa, ha fatto pensare che la prossima tranche del prestito non sarebbe stata erogata o sarebbe stata erogata più tardi. Pare che non sia così e Olli Reh, commissario dell’Unione europea, ha detto che «la data prevista per l’erogazione è sempre stata gennaio». Non mi faccia giurare che sia davvero così, per favore.

Come avvengono questi prestiti?
Il Paese che ha bisogno emette dei titoli, l’istituzione disposta a finanziare li compra e poi li negozia normalmente sul mercato. Nel nostro caso il finanziamento verrà dal fondo speciale da 720 miliardi messo in piedi tra i paesi Ue. Darà 8 miliardi anche la Gran Bretagna. L’Irlanda dovrebbe pagare un interesse simile a quello greco, cioè intorno al 5%. Molto meno di quello che dovrebbe riconoscere se si sottoponesse ai normali tassi di mercato (in questo caso starebbe intorno all’11). Il prestatore più forte è la Germania, segue la Francia, poi l’Italia. Per darle un’idea: la prima tranche del prestito greco fu suddivisa così: 8.3 miliardi la Germania, 6,3 la Francia, 5,5 noi. Non conosciamo ancora tutte le caratteristiche dell’erogazione irlandese, ma le proporzioni e le entità dell’esborso saranno all’incirca quelli.

Quand’è che un Paese capisce di essere sull’orlo del collasso? Glielo chiedo pensando ll’Italia…
Un paese lo capisce come si capiscono sempre queste cose, anche in una famiglia o in un’azienda: a un certo punto non ci sono i soldi per onorare una scadenza. Il governo irlandese ha nazionalizzato le banche, caricando lo stato dei loro debiti, e, per esempio, la Allied Irish deve rimborsare 1,8 miliardi di bond entro l’anno. Il sistema del debito finanziato col debito può sembrare folle, ed è effettivamente folle, ma è quello che seguono tutti, Italia Germania e Francia compresi. L’altro segnale di un prossimo collasso è infatti questo: tu ti presenti sul mercato, come fai – mettiamo - ogni tre mesi, e nessuno ti presta più niente oppure ti chiedono tassi impossibili. Non bisogna farsi ingannare dai tecnicismi: la storia irlandese, la storia greca sono uguali a quelle delle famiglie. Il frigorifero è stato preso a rate e a un certo punto a quelle rate non si possono più onorare. In Irlanda il 10 per cento di quelli che hanno contratto un mutuo non sta pagando, e tra questi morosi ce ne sono 10.900 (su 70 mila) che non stanno pagando da un anno. C’è un altro fatto: i mutui sono stati stipulati in base a una certa valutazione degli immobili. Ma il valore delle case – esattamente come è successo negli Stati Uniti – è oggi quasi sempre più basso del valore del mutuo. Alla fine pagare può non convenire più.

Ma allora dalla crisi non siamo usciti?
E come potremmo esserne usciti? Bisognerà che i debiti di tutti siano diluiti in decine e decine di anni. Oppure che siano polverizzati dall’inflazione. Gli americani stanno immettendo apposta altri 600 miliardi di dollari di liquidità nel sistema: tener basso il valore del dollaro, minimizzare la loro esposizione nei confronti del mondo. La svalutazione del dollaro però ancora non gli riesce. Ieri l’euro – depresso dall’Irlanda - è andato ai minimi di settembre, sotto quota 1,34. La Merkel si dà da fare per buttarlo giù, in modo da stimolare le sue esportazioni. Ieri la cancelliera tedesca se n’è uscita con questa frase: «L’Unione valutaria si trova in una situazione estremamente seria». Il suo ministro delle Finanze, Wolfgang Schäuble ha detto che in gioco c’è il futuro dell’euro. Teniamo conto che l’Irlanda rappresenta l’1% del Pil di Eurolandia. Sono quindi esagerazioni, per ora. Convinciamoci che la fine dell’euro sarebbe catastrofica. Il presidente dell’Unione, Herman Vam Rompuy (è belga), ha detto che la rete anti-crisi è sufficiente a risolvere i problemi dell’Irlanda, e che non c’è quindi da preoccuparsi troppo.

E se casca nella padella anche il Portogallo?
Vam Rompuy sostiene che il Portogallo non ha bisogno di aiuti perché gode di una posizione «sana, completamente diversa». [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 24/11/2010]