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 2010  novembre 25 Giovedì calendario

Università in piazza, ieri: si segnalano soprattutto un’irruzione al Senato, bloccata dalle forze dell’ordine, e qualche professore sui tetti per protestare contro la riforma universitaria (in dirittura d’arrivo alla Camera) e i relativi tagli

Università in piazza, ieri: si segnalano soprattutto un’irruzione al Senato, bloccata dalle forze dell’ordine, e qualche professore sui tetti per protestare contro la riforma universitaria (in dirittura d’arrivo alla Camera) e i relativi tagli.

Molti studenti?
Molte manifestazioni, ma non so dire se molti studenti. Credo che non si debba scrivere: «gli studenti protestano», «i professori protestano», «le università protestano». Ma: «alcuni studenti», «alcuni professori» eccetera. Del resto le rivolte contro la riforma Gelmini sono cominciate subito. Credo che il ministro, ormai, se ne faccia impressionare poco.

Beh, dopo quello che ho visto alla tv mi faccio impressionare io. Che cosa è successo, esattamente?
Gli incidenti più gravi sono accaduti a Roma. Un gruppo di giovani è riuscito a entrare nell’atrio di Palazzo Madama, sede del Senato. Sono stati fatti sgombrare con la forza, poi il portone è stato chiuso mentre venivano lanciate uova, un petardo e sparati fumogeni dalle forze dell’ordine. Altri scontri alla Camera, dove si stava discutendo la riforma universitaria: tentativo di entrare, cordone della polizia, manganellate. Dichiarazioni di solidarietà e di sdegno da parte di Fini e, in genere, di quelli del centro-destra, mentre Bersani andava a trovare gli studenti d’Architettura, che dall’altro ieri si sono appollaiati sul tetto della facoltà, rilasciando poi questa dichiarazione: «Il ddl Gelmini è un disastro omeopatico, smantella l’università pezzo a pezzo». Non mi chieda il significato dell’espressione «disastro omeopatico»: sto copiando quello che riferiscono le agenzie. I cartelli degli studenti, più comprensibili, recitavano: «Ridateci il nostro futuro», «No ai tagli», «Qui riposa in pace la scuola pubblica» eccetera. La natura di questi slogan fa pensare che desti scandalo soprattutto quella parte della riforma che riserva tre posti ai privati nei cda degli atenei. La Gelmini ha risposto sostenendo che la protesta è strumentalizzata dalla sinistra: «I soldi ci sono sempre stati, ma sono stati usati per moltiplicare posti, corsi di laurea inutili e sedi distaccate non necessarie».

Altre manifestazioni?
Cento persone, a Firenze, hanno circondato l’Ateneo, facendosi poi ricevere dal rettore Alberto Tesi («vi sono vicino» eccetera). Ricercatori sui tetti si segnalano a Torino, Perugia e Salerno. A Torino è stato occupato Palazzo Nuovo, sede delle facoltà umanistiche, ci sono picchetti all’ingresso, la porta della Palazzina Einaudi è stata chiusa con una catena. A Pisa sono occupate sette facoltà e un migliaio di studenti ha bloccato i ponti, mandando in tilt il traffico. A Siena – sede di uno degli atenei più disastrati (oggetto anche di indagini da parte della Guardia di Finanza) – cento giovani hanno occupato i binari. A Palermo è occupata la facoltà di Lettere ed è stato proclamato lo stato d’agitazione in 16 istituti superiori. Cariche anche a Padova, dove gli universitari hanno paralizzato il cavalcavia Borgomagno e quello della Chiesanuova.

È possibile che questa protesta, comunque impressionante, faccia saltare il progetto di riforma?
Non credo. Quando si decise di farlo slittare, un paio di mesi fa, ci furono parecchie, autorevoli proteste per il timore che, la possibile caduta del governo, vanificasse tutto. L’approvazione definitiva è prossima, questo spiega l’allargarsi della contestazione. Dopo il sì della Camera, previsto per oggi o al massimo per i primi giorni della prossima settimana, ci vorrà ancora un passaggio al Senato, che però si prevede veloce. I più ottimisti sperano che il ddl Gelmini diventi legge entro una quindicina di giorni al massimo.

Che cosa cambierà, alla fine?
Le università più piccole, che non hanno in realtà ragion d’essere, dovranno fondersi tra di loro. Un’indagine sui corsi di laurea taglierà quelli inutili. Il governo dell’università, per quanto riguarda la didattica, passa ai rettori e al Senato accademico: ma i rettori non potranno restare in carica per più di due mandati, mentre oggi possono governare (e in molti casi governano effettivamente) a vita. La gestione finanziaria è affidata a un cda di undici membri e a un direttore generale. Troppe università sono al collasso finanziario, per gli sprechi degli anni passati. Non si capisce niente della situazione se non si tiene conto del fatto che politici senza scrupoli, e tesi solo a contentar clientele, hanno moltiplicato negli anni scorsi sedi, facoltà, corsi di laurea senza alcuna analisi delle effettive necessità del territorio e del Paese. Un po’ quello che è successo con i piccoli aeroporti. La riforma prevede che nessuna università possa avere più di dodici facoltà. Ci sarebbe da dire altro, ma la cronaca delle proteste ci ha tolto lo spazio disponibile. Ne riparleremo quando il ddl sarà legge. [Giorgio Dell’Arti, Gazzetta dello Sport 25/11/2010]