vanity, 14 aprile 2004
L’uccisione di Fabrizio Quattrocchi
• Mentre scriviamo uomini di un’organizzazione di cui non è chiaro neanche il nome (“Falangi di Maometto” o “Falangi Verdi” o “Brigata Verde”) tengono in ostaggio, in una località imprecisata dell’Iraq, tre italiani. Questi stessi uomini hanno ucciso con due colpi di pistola alla testa un quarto italiano, che era tenuto sotto sequestro insieme agli altri tre. Si chiamava Fabrizio Quattrocchi, aveva 36 anni, era nato in provincia di Catania, viveva a Genova dove aveva fatto il panettiere e poi la guardia giurata o il gorilla o il buttafuori. La sua esecuzione è stata filmata e inviata alla tv Al Jazeera, che non l’ha trasmessa: si sa che nella cassetta si vede Quattrocchi messo in ginocchio, in uno spiazzo all’aperto, che tenta di togliersi il turbante con cui gli impediscono di guardare in faccia il suo assassino e che alla fine mormora distintamente rivolto all’uomo con la pistola: “Adesso ti faccio vedere come muore un italiano”. Poi i due colpi. Un comunicato che non proviene dai sequestratori sostiene che i tre ostaggi saranno uccisi a 48 ore di distanza uno dall’altro se “il governo italiano non obbedirà all’ultimatum”. L’ultimatum è contenuto in una cassetta trasmessa da Al Jazeera dove si vedono i quattro italiani sequestrati (Quattrocchi è ancora vivo) seduti a terra col passaporto in mano e guardati a vista da quattro armati. Scorrono le immagini e una voce fuori campo dice: l’Italia si ritiri, Berlusconi chieda scusa per gli insulti rivolti all’Islam (quando il premier, lo scorso autunno, proclamò la superiorità della nostra civiltà su quella islamica). Berlusconi ha risposto che mai come adesso è necessario restare in Iraq. Dall’opposizione diessina e della Margherita sono venute parole di solidarietà al governo. Prodi ha scritto al premier e a Ciampi annunciando che in questo momento si deve restare uniti e, relativamente alla guerra, accantonare le polemiche. Il resto della sinistra non è d’accordo e insiste sul ritiro delle nostre truppe. Sui giornali di quest’area (Liberazione, Manifesto) sono uscite parole assai poco compassionevoli nei riguardi di Quattrocchi e degli altri tre (si chiamano Maurizio Agliana, Umberto Cupertino, Salvatore Stefio). Alla sinistra estrema non è piaciuta la frase con cui Quattrocchi s’è congedato dal mondo (e che ha commosso il resto del Paese) e non piace il mestiere che i quattro facevano, cioè gli addetti alla sicurezza per ditte private americane venute in Iraq per affari. Su questo punto, nel quadro dell’inchiesta obbligata sull’assassinio di un italiano, la Procura di Genova indaga. Finora si sa che Quattrocchi era stato ingaggiato da due reclutatori di professione, Paolo Simeone e Valeria Castellani, una lunga esperienza sui teatri di guerra di tutto il mondo. Simeone ha spiegato che in questo momento in Iraq il mercato della sicurezza ha un valore enorme: la Edinburgh Risk britannica paga anche mille dollari al giorno la scorta in Iraq ai membri del Congresso. Ipotizza che i quattro italiani possano essere stati consegnati ai sequestratori da un taxista: i terroristi - dice - sono capaci di dare 10 mila dollari a chi gli consegna occidentali interessanti. Che l’operazione sia tutta e solo politica – e non anche un affare per lucrare sui riscatti – non si può dire. Che sia davvero mossa dallo sceicco Moqtada al Sadr, leader di una minoranza sciita, non si può dire. Che questo sceicco Moqtada sia davvero avversario del grande capo degli sciiti, l’ayatollah moderato Sistani, non si può dire. Che l’esser moderato in Iraq significhi qualcosa non si può dire. Antonella Agliana, sorella di uno tre ostaggi vivi, ha detto, attraverso gli schermi di Al Jazeera, parole semplici e accorate ai sequestratori (“...anche voi siete genitori e potete capire la nostra angoscia...”). Berlusconi fa capire che ci sono trattative in corso. A Falluja è in atto una tregua.
[Leggi anche Quattrocchi: «Come muore un italiano»]
• Il New York Times, unico tra i giornali americani (e del mondo), ha nascosto la notizia della morte di Fabrizio Quattrocchi: il 15 aprile il giornale ha aperto con un gran titolo e una foto dedicati a uno yacht di lusso e ha trattato la questione irachena in un articolo di importanza secondaria centrato sulla presenza di inviati iraniani a Baghdad. Qui la tragedia dell’ostaggio italiano (a cui non era dedicato nessun elemento della titolazione) era riassunta in due capoversi piazzati dopo le prime 15 righe, dove si dava soprattutto conto di una dichiarazione del ministro Frattini. Quattrocchi, primo ostaggio occidentale ucciso in Iraq, non era mai nominato. A pagina 8 compare finalmente per due volte il nome della vittima. Ma sempre sbagliato: prima Quattrochi, poi Quatrocchi.