vanity, 14 giugno 2004
Le elezioni europee
• Le elezioni europee in Italia si riassumono così: Berlusconi ha perso (dal 25 al 21 per cento), ma la maggioranza di governo non ha subito danni. La Lega e l’Udc hanno guadagnato voti, Alleanza Nazionale ha sostanzialmente tenuto. Da quell’altra parte Prodi non ha vinto, perché si aspettava il 33 per cento almeno (somma dei voti raccolti alle altre europee dai quattro partiti della coalizione) e invece ha avuto il 31,1. Avanzano Bertinotti e la sinistra cosiddetta radicale. Chi è in testa tra il Polo e l’Ulivo? Per rispondere con sicurezza bisognerebbe decidere dove stanno i Nuovi Socialisti di De Michelis e Signorile, altri vincitori del 14 giugno, che hanno preso il 2 per cento, non vogliono essere collocati preventivamente a destra e dunque sono teoricamente in grado di determinare una maggioranza. Questo è, appunto, il tipico effetto del sistema proporzionale: far contare tantissimo chi in realtà conta poco, cioè i partitini. Infine: l’essersi presentati tutti insieme in un listone rende impossibile la conta tra Ds e Margherita. Questo è invece un tipico effetto da maggioritario.
• L’Italia si differenzia dal resto d’Europa per due comportamenti: hanno votato in tanti (il 73 per cento, più che nel 1999) e il governo in carica, nonostante il flop di Berlusconi, non è stato punito. In Europa i votanti sono stati in media il 45 per cento, con punte d’astensionismo davvero impressionanti. I governi di Francia, Inghilterra e Germania hanno subito sonore sconfitte e solo Zapatero s’è salvato tra i leader dei grandi paesi. Ma era al potere da troppo poco tempo perché gli si presentasse un qualche conto. L’Europa mette in luce un terzo elemento, non visibile in Italia: il successo di tante liste che sono contrarie all’Unione europea. E un quarto: il non aver fatto la guerra in Iraq (Francia e Germania) non ha premiato.
• Astensionismo al 57 per cento in Francia, socialisti in trionfo col 29 per cento dei voti. I partiti antieuropei (Movimento per la Francia e Fronte Nazionale) hanno preso il 17 per cento. E’ possibile che il governo Raffarin vada in crisi.
• In Germania il governo in carica che ha subito la sconfitta più grave è quello di Schröder: i democristiani lo hanno doppiato. Motivo: ha tagliato lo stato sociale, ma l’economia non è ripartita. Notevole che la Germania orientale abbia assegnato un buon successo ai comunisti, adesso al 6 per cento.
• In Inghilterra il risultato più interessante: hanno perso un mucchio di voti sia i laburisti (Tony Blair) che i conservatori ed è adesso alla ribalta una terza formazione che si chiama Ukip e ha preso il 15 per cento. L’Ukip ha un programma che si riassume in tre parole: uscire dall’Europa. Non ha organizzazione territoriale – un po’ come Forza Italia – ma testimonial d’eccezione: il pilota Stirling Moss, la scrittrice Joan Collins e soprattutto il presentatore di talk-show Robert Killroy-Silk, licenziato dalla Bbc per aver fatto dal video una sparata contro l’Islam che invece l’ha reso popolarissimo.
• A Zapatero, in Spagna, non è successo niente. Haider in Austria ha perso il 17 per cento dei voti e parrebbe al tramonto. In Portogallo non si sa ancora come è finita la sfida tra il premio Nobel Saramago, candidato comunista, e sua figlia Violante, che gli si contrapponeva con una lista ancora più a sinistra. In Ungheria è stata eletta una zingara. In Cechia, dove i comunisti hanno preso il 20 per cento dei voti (sono il secondo partito), c’è attesa per il risultato della pornostar Dolly Buster (al secolo Katerina Bosnickova), candidata preferita dalla moglie dell’ex primo ministro Milos Zeman (Dolly è l’unico politico che non nasconde niente). La Slovacchia ha battuto tutti i record di assenteismo: ha votato il 16 per cento degli elettori. Il Belgio è invece il paese con più votanti: il 91,05 per cento. Ma qui andare alle urne è obbligatorio. [Giorgio Dell’Arti]