Comandini, 22 gennaio 1861
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Combattimento a Gaeta tra italiani e borbonici
• A Gaeta, iniziato dai borbonici, è ripreso vigorosamente il fuoco da ambe le parti: prende parte al vivissimo combattimento, per cinque ore, la squadra italiana. Una bomba borbonica cade su una polveriera italiana, cagionando 15 morti e parecchi feriti; sono fra gli uccisi il tenente Cesare Eug. Cavalli, il capitano dei bersaglieri Alessandro Grosso Campana, il ten. conte Nicolò De Mezzan, il capit. Savio Edoardo Emilio e il soldato Giuseppe Turra. Il gen. Cialdini assiste alle operazioni dalla Torre Atratina. La Costituzione comandata dal capitano Wright è stata crivellata: cinque morti nella bassa forza; un maestro d’ascia è stato portato via da una cannonata; i feriti sono stati da 35 a 40; a bordo della cannoniera Vinzaglio è scoppiato un cannone • «La mattina del 22, mentre le bande dell’8° e 9° del 176 cacciatori intonavano l’inno nazionale, tutte le batterie di Gaeta fecero fuoco su quelle piemontesi. L’azione fu cosí violenta e precisa che le batterie piemontesi in prossimità della Fortezza furono smantellate. Saltò in aria anche la polveriera piemontese sul colle dei Cappuccini, causando decine di morti e numerosi feriti. Il Persano, allora, accorse con la flotta in aiuto e si avvicinò ai bastioni della Fortezza, aprendo il fuoco con tutti i suoi cannoni. Tuttavia, poichè prudentemente le navi erano state posizionate troppo lontane, queste non riuscivano a colpire le nostre postazioni. Per sfidare il nemico, allora, le truppe assediate si scatenarono dagli spalti provocatoriamente con insulti e gesti osceni nei confronti delle navi piemontesi. La cannoniera Vinzaglio si lasciò tentare dalla sfida e si avvicinò ancor piú alla Fortezza. Appena giunta a tiro una potente scarica la colpí, provocandole numerosi morti e ingenti danni, tanto che immediatamente manovrò per allontanarsi tra le grida e gli insulti dei nostri fieri soldati. Anche altre navi si fecero avanti, tra cui la Confienza di Saint-Bon, che non fece nemmeno in tempo a puntare i suoi cannoni che venne colpita da un’altra precisa scarica che la danneggiò seriamente e fece altri morti. Il resto delle navi ritornò precipitosamente indietro, puntando verso Ponza per sfuggire piú rapidamente ai tiri delle batterie della fortezza. La festa sugli spalti fu veramente grande e fu anche allietata dalla cattura dei numerosi pesci uccisi dai colpi piemontesi caduti in mare. Quel giorno le nostre batterie avevano sparato circa undicimila colpi, quelle piemontesi tredicimila, compresi quelli delle navi. Il morale degli assediati salí alle stelle, in particolare il mito dell’"eroina di Gaeta", che era sempre stata sui luoghi piú esposti, diventò leggendario» (Antonio Pagano).