vanity, 20 febbraio 2006
La settimana politica
• La settimana politica – cioè la campagna elettorale – è stata dominata dal polverone cosiddetto degli “impresentabili”. Berlusconi, avendo fatto pace con Alessandra Mussolini, ha stretto con lei un accordo elettorale che prima prevedeva, poi non prevedeva, poi prevedeva di nuovo che lei si candidasse. In ogni caso la sua formazione politica - Alternativa sociale - entrava a far parte della Casa delle libertà. Senonché Alessandra voleva portarsi dietro (e candidare) almeno un paio di persone in odore di filonazismo e antisemitismo (Adriano Tilgher, Roberto Fiore), coinvolti in storie passate molto oscure, e qui Fini, che non vuole una destra spinta di nuovo in territori che si speravano abbandonati per sempre, si è opposto. A questa maretta, s’è contrapposta la maretta dall’altra parte, dove il trotzkista Marco Ferrando, che Bertinotti aveva intenzione di portare in Parlamento, ha giustificato la strage di Nassiriya e detto che Israele è uno stato artificiale. Qui lo stesso Bertinotti ha dovuto comunicargli che il limite era stato superato e che la sua candidatura doveva intendersi tramontata. Anche per il no global napoletano Francesco Caruso, che voleva una legge per pignorare la barca a D’Alema, non ci sarà un seggio in Parlamento.
• Ferrando è poi andato, con altri mille impresentabili, alla manifestazione di sabato 18 a Roma, dove sono state bruciate bandiere israeliane e si è sentito, ripetuto molte volte, lo slogan “Dieci, cento, mille Nassiriya”. Rifondazione non aveva aderito e dunque Ferrando era lì a titolo personale. Aveva aderito invece il Pdci di Oliviero Diliberto, il quale, a domanda, ha risposto di non aver sentito alcun coro su Nassiriya.
• Queste schermaglie, di cui la campagna elettorale sarà purtroppo piena, si sono prodotte mentre sugli elettori piovevano nugoli di sondaggi, prodotti dall’entourage di Berlusconi, ma non solo. Parrebbe che la Casa delle Libertà sia leggermente in recupero sul centro-sinistra, il quale si mostra adesso un po’ meno sicuro di vincere, anche perché fanno senz’altro una brutta impressione sugli elettori le divisioni profonde da cui è attraversata la coalizione. La tecnica di comunicazione dei sondaggi da parte di Berlusconi è questa: far vedere che la Casa delle Libertà sta recuperando e che potrebbe in teoria farcela, mostrare però che il centro-sinistra è sempre un poco più avanti, magari di un pelo, così da indurre l’elettore incerto o pigro a precipitarsi alle urne per non permettere agli avversari di sfruttare un vantaggio ormai minimo. Berlusconi sostiene che se andasse a votare l’85 per cento degli italiani, lui vincerebbe.
• Prodi e Rutelli stanno litigando sulle liste civiche per il Senato, con cui il professore vorrebbe che ci si apparentasse e che Rutelli non vuole neanche sentir nominare. Prodi, parlando a Padova, ha promesso di abbassare l’Ici, ma anche di rivedere gli estimi catastali. [Giorgio Dell’Arti]
• A Ramallah, prima seduta del nuovo parlamento palestinese, col presidente Abu Mazen (appartenente al partito sconfitto del Fatah) che ribadisce la necessità di aderire agli accordi di pace con Israele sottoscritti a Oslo, e il prossimo premier palestinese Ismail Haniye, che passa peraltro per moderato, che gli risponde: “Hamas non ha di sicuro vinto le elezioni per aderire alle idee del Fatah”. Hamas ha ribadito che non si parla di riconoscimento di Israele finché Israele non si sarà ritirata da tutti i territori. [Giorgio Dell’Arti]