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 2010  marzo 22 Lunedì calendario

Verso le regionali

• Domenica e lunedì si vota per rinnovare tredici consigli regionali ed eleggere altrettanti governatori. Abbiamo già spiegato i meccanismi della strana legge elettorale, detta Tatarellum, che sarà adottata in questo caso. I pronostici sono grosso modo questi: Berlusconi perderà qualcosa, il Pd guadagnerà qualcosa, la Lega trionferà al Nord, Di Pietro non otterrà un risultato significativo. Questo in termini generali, cioè trattando questo voto come se si trattasse delle politiche. Ma si tratta delle regionali e quindi conterà alla fine quante regioni saranno governate dagli uni e quante dagli altri. Qui il pronostico dice: quattro regioni andranno al centro-destra e nove al centro-sinistra. Siccome in questo momento il centro-sinistra governa in undici regioni su tredici, un risultato simile dovrebbe suonare come una vittoria del centro-destra. Ma poiché, appena poche settimane fa, le aspettative di Berlusconi e dei suoi erano tutt’altre (si sperava addirittura in un sorpasso, 7 a 6 per il centro-destra), un risultato simile sarà di fatto letto come un recupero di Bersani e un calo di simpatie per il Cavaliere. Vi sarà quindi il regolamento di conti tra Fini e Berlusconi, l’affondo di Bossi per l’attuazione del federalismo (con molti ammiccamenti al Pd), l’ulteriore diluvio del Cav sulla giustizia, con nuove leggi o pezzi di legge varate per neutralizzare giudici sempre più inveleniti e politicizzati, ecc.

• Negli ultimi due sabati, sia il centro-sinistra che il centro-destra si sono esibiti in manifestazioni di piazza a Roma. Prima il centro-sinistra (sabato 13), convocato a piazza del Popolo per mettere sotto accusa Napolitano e il decreto interpretativo, e poi protagonista di un raduno tranquillo, dove Napolitano non è stato praticamente nominato e si è confusamente parlato della necessità di tornare uniti come ai bei tempi di Prodi. Dopo lo spettacolo, gli organizzatori hanno sparato: «Eravamo duecentomila». Ora, geometricamente parlando, piazza del Popolo non può contenere più di 60 mila persone e guardando i vuoti tra gli uni e gli altri la polizia ha infatti valutato che Bersani, Di Pietro e i loro compagni non fossero più di 25 mila. Il sabato successivo (20 febbraio) ecco Berlusconi e i suoi a San Giovanni, reclamano per il diritto di voto (non avendo presentato la lista a Roma il Pdl è stato escluso dalla Capitale), imprecano contro i giudici persecutori, Berlusconi è il solito show, fa salire i candidati-governatori sul palco e gli fa leggere un giuramento, Bossi c’è ma senza troppo impegno («i nostri non li abbiamo portati, erano decine di milioni»), Fini è rimasto a casa, eccetera. Alla fine, anche il centro-destra – per bocca dello stesso Berlusconi - spara il suo numerone: «Siamo un milione!». La piazza San Giovanni però, misurata da molto tempo, non può contenere fisicamente più di duecentomila persone. La polizia dice ”centocinquantamila” e si assiste così allo spettacolo del ministro Gasparri e del senatore Cicchitto che, non potendo destituire la geometria, si infuriano con il questore della città, giudicato per le vie brevi un incapace o addirittura un ubriacone, e vanno a cercarsi quindi una baruffa politica con Maroni, ministro dell’Interno e leghista, che invece difende a spada tratta la questura di Roma e le sue valutazioni. Lo si racconta anche per dar testimonianza del forte nervosismo di cui soffre in questo momento il centro-destra. [Giorgio Dell’Arti]