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 2010  aprile 03 Sabato calendario

Risultati elettorali

• In soldoni, il risultato delle elezioni regionali è questo:
Restano al centro-destra: Lombardia e Veneto.
Restano al centro-sinistra: Emilia-Romagna, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Puglia, Basilicata.
Passano dal centro-sinistra al centro-destra: Piemonte, Lazio, Campania, Calabria.
Passano dal centro-destra al centro-sinistra: nessuna regione.

• Ha dunque vinto il centro-destra, che, nel lotto delle tredici regioni al voto, ne aveva due prima del 29 marzo e ne ha sei adesso. In termini quantitativi, questo successo è ancora più impressionante, perché al centro-sinistra sono rimaste le regioni più piccole. Cioè: il centro-destra amministra oggi trenta milioni di italiani, il centro-sinistra dieci.

 • All’interno del centro-destra ha però vinto la Lega e perso Berlusconi. La sconfitta di Berlusconi è notevole: quattro milioni di voti in meno dall’ultima volta, in gran parte frutto dell’astensionismo, mai così praticato fino ad ora: per la prima volta nella storia delle nostre elezioni è andato alle urne meno del 70% degli aventi diritto. Nei dibattiti televisivi e negli editoriali dei quotidiani ci si è lambiccati intorno all’interpretazione di questo astensionismo, ipotizzando che i partiti debbano far qualcosa per vincerlo. Il punto è che non andare al seggio, nove volte su dieci, non è neanche una manifestazione di protesta, ma solo il frutto di una consolidata indifferenza, di una rassegnata consapevolezza che il voto, qualunque voto, non cambierà nel concreto la nostra vita. La crisi è prodotta dal mondo, anche in Italia i poteri autentici sono probabilmente dislocati in posti diversi da Palazzo Chigi e dal Parlamento: banche, lobbies, mediatori, plutocrati. La gente capisce che votare, come comprare quotidiani sommersi dalla politica, è sempre meno importante.

• La Lega ha guadagnato in termini assoluti più di un punto percentuale, sfiorando il 14 per cento in Emilia e toccando il 7 in Toscana. Ha aggiunto Piemonte e Veneto ai territori che amministra. Ha preso meno voti del Pdl in Lombardia, ma si sente abbastanza forte per reclamare il sindaco di Milano (si vota l’anno prossimo). Non c’è da sforzarsi troppo per interpretare le ragioni di questa vittoria. Bossi guida da vent’anni un partito vero, ben presente sul territorio, che pretende dai propri iscritti dedizione assoluta, che non è stato coinvolto - praticamente mai - in scandali di nessun tipo, che ha imparato persino a non gridare. I leghisti hanno fatto una campagna elettorale quasi silenziosa, defilandosi da Berlusconi anche nella famosa manifestazione di piazza San Giovanni. A risultato acquisito hanno rilasciato dichiarazioni sobrie. Zaia ha comunicato subito che avrebbe rinunciato, per governare il Veneto, al ministero dell’Agricoltura. Appena eletti, Zaia e Cota (nuovo governatore del Piemonte), hanno dichiarato che avrebbero ostacolato in ogni modo la distribuzione della pillola Ru 486, rientrando subito nei ranghi quando il ministro della Sanità, e poi lo stesso Bossi, hanno ammonito che la distribuzione della pillola, e i suoi modi, sono previsti dalla legge. Intanto però l’attacco all’aborto ha confermato la natura profondamente tradizionalista del partito, che si candida anche così al ruolo di “vera destra”, pronta a conquistare il resto d’Italia e, quando sarà, a rimpiazzare Berlusconi, il Pdl e quanto esisterà ancora dei post-fascisti di An.

• Tra i fenomeni da segnalare: la differenza tra il voto delle grandi città e quello della provincia. La Bonino, prima abbastanza nettamente a Roma, ha poi perso nel resto della regione, dove ha prevalso la Polverini, nuovo governatore del Lazio. Anche Brunetta: è stato sorprendentemente bocciato a Venezia, dove è stato eletto sindaco il cattolico Giorgio Orsoni, non tanto perché la Lega non lo ha votato, ma perché nel capoluogo la Lega non è così forte come nel resto del Veneto. Idem la Bresso, prevalente a Torino e sconfitta da Cota nei centri più piccoli. In Piemonte ha contato anche il voto della lista 5 Stelle, ispirata a Beppe Grillo, che ha preso il 4%, sottraendo consensi al centro-sinistra. La Lista 5 stelle è stata un altro dei fenomeni di queste elezioni. S’è presentata in Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna e Campania, prendendo in Emilia il 7% e due seggi, e risultando il terzo partito, di forza superiore anche all’Udc. Va anche ricordata la vittoria di Nichi Vendola in Puglia, resa possibile dalla divisione del centro-destra: Berlusconi ha dato retta al ministro Fitto, che non ha voluto appoggiare Adriana Poli Bortone, sostenuta dall’Udc, e ha messo in campo Rocco Palese. S’è visto poi che, puntando sulla Poli-Bortone, il centro-destra avrebbe vinto. Fitto ha presentato le dimissioni, respinte dal Cavaliere. La sconfitta di De Luca in Campania - dove il nuovo governatore è il deputato del Pdl Stefano Caldoro, un socialista cinquantenne – segna la fine dell’era bassoliniana. In Calabria, il governatore uscente, Agazio Loiero, doppiato dall’ex missino Giuseppe Scopelliti, ha rilasciato la seguente dichiarazione: «Sconfitta inspiegabile».

• Il centro-destra ha vinto nelle provinciali dell’Aquila, Imperia, Viterbo e Caserta. Nelle comunali, vittoria del centro-sinistra, oltre che a Venezia, anche a Lodi e a Lecco, dove è stato battuto l’ex ministro leghista Castelli. Il centro-destra ha preso Andria e Chieti. Ballottaggio domenica prossima per Matera, Macerata, Mantova e Vibo Valentia, tutti comuni dove al primo turno era in vantaggio il candidato di centro-sinistra. [Giorgio Dell’Arti]