vanity, 12 aprile 2010
Riforme
• Appena vinte le elezioni regionali, il centro-destra ha ripreso a parlare di riforme. Il leghista Calderoli ha preparato un documento-bozza di 20 pagine e 37 articoli in cui si prevede il senato federale, un’altra riforma del titolo V per aumentare i poteri delle Regioni, il semipresidenzialismo alla francese, il taglio dei parlamentari: 400 alla Camera e 200 al Senato, invece degli attuali 630 e 315. Il semi-presidenzialismo alla francese è quel sistema in cui il capo dello Stato è eletto direttamente dal popolo e nomina il primo ministro. Il risultato è evidente se si considera che tutti conoscono Sarkozy (il capo dello Stato), ma ben pochi saprebbero dire chi è a Parigi il primo ministro (François Fillon). Fini si è già messo di traverso annunciando che non si può introdurre il sempresidenzialismo alla francese senza modificare, alla francese, anche il sistema elettorale (maggioritario con doppio turno). Il maggioritario a doppio turno andrebbe bene anche a Veltroni, purché accompagnato da una norma sul conflitto di interessi, ma non sarebbe accettato da Bersani-D’Alema, che vogliono il sistema tedesco. I leghisti, che mirano a guidare la discussione sulle riforme (ma i finiani non vogliono assolutamente), dicono che il rapporto con Bersani è indispensabile (Maroni), «col Pd trattiamo noi» (Bossi), e così via. Berlusconi intende però tenere nelle sue mani la riforma della giustizia. Che è la solita: carriere dei magistrati separate, i pm trasformati in “avvocati dell’accusa”, due Csm. Napolitano, che ha intanto firmato la legge sul legittimo impedimento, quella che tiene il presidente del consiglio al sicuro dai processi per 18 mesi rinnovabili, auspica che sulla via delle riforme si proceda in un clima di concordia. [Giorgio Dell’Arti]