vanity, 26 aprile 2010
Questioni italiane
• Il lettore ricorderà che Fini aveva accusato Berlusconi di aver più o meno consegnato il Popolo della Libertà a Bossi e che Berlusconi aveva risposto a quell’accusa, piuttosto inviperito, dichiarando in sostanza che il presidente della Camera deve tacere e, se vuole invece far politica, bisogna che lasci il vertice istituzionale di Montecitorio. Fini aveva minacciato di costituire, alla Camera e al Senato, gruppi autonomi, da battezzare “Pdl – Italia” e a questo Berlusconi aveva risposto che un atto simile avrebbe comportato l’espulsione dal Popolo della Libertà.
Era stato messo in programma prima del 28 marzo un altrimenti innocuo appuntamento di partito, una Direzione nazionale che avrebbe dovuto discutere del risultato delle Regionali. La Direzione – un consesso di 172 maggiorenti di cui Fini non fa parte – non si riuniva da un anno ed era stato convocato per giovedì 22 aprile all’Auditorium di Roma. Avrebbe potuto svolgersi a porte chiuse, ma per qualche ragione Berlusconi ha lasciato che tutte le telecamere d’Italia venissero a fare le riprese e, grazie a questa decisione (tutta politica), gli italiani hanno potuto assistere a uno scontro mai visto tra lo stesso Fini – invitato e fatto accomodare in prima fila – e il capo Berlusconi. Berlusconi ha parlato per primo, facendo, in un certo senso, finta di niente: resoconto puntuale dei trionfi di governo e di partito, però con allusiva esaltazione della vita democratica interna e della sensibilità sua alle idee e alle proposte altrui. Il presidente del Pdl faceva il nome di Fini solo evocando i fondatori del partito e quindi mettendolo perfidamente a fianco di figure francamente minori come Rotondi e Buonocore. Ventitrè minuti di discorso in tutto. Fini ha risposto parlando quasi un’ora, ha ribadito la propria volontà di costituire non una corrente con obiettivi di potere, ma un’area “politico-culturale” capace di migliorare la qualità dell’attività di governo e di partito, e ha poi prodotto un lungo elenco di critiche, tra cui spiccavano le osservazioni relative alla giustizia (troppe volte si ha l’impressione che certi interventi legislativi potrebbero avere un fine personale) e soprattutto quelle concernenti il federalismo (siamo sicuri che sia necessario varare i decreti delegati relativi alla riforma fiscale?). Berlusconi gli ha controreplicato a brutto muso, invitandolo a dimettersi da presidente della Camera, Fini s’è alzato in piedi, è andato ad agitargli il dito sotto la tribuna e a gridargli: «Mi vuoi cacciare?», intanto Berlusconi accusava i finiani (Bocchino, Urso, Rasia) di «aver esposto al pubblico ludibrio» il Pdl.
• La legislatura pareva prossima alla fine quando Bossi, il giorno dopo, rilasciava un’intervista alla Padania in cui si annunciava il «crollo verticale del governo», si accusava Fini di tradimento e si annunciava che in difesa del federalismo la Lega sarebbe stata pronta anche ad andare ad elezioni anticipate. Mentre scriviamo, le varie diplomazie sono al lavoro, ma l’ipotesi di uno scioglimento delle Camere – nonostante un’intervista tv di Fini a Lucia Annunziata in cui si giura che non vi saranno agguati contro l’esecutivo – resta concreta. Secondo gli osservatori, sarebbe proprio Berlusconi a voler profittare della tensione creata dal suo avversario. In base ai sondaggi che ha in mano, una tornata elettorale entro l’anno farebbe emergere un Parlamento con il Pd ancora più debole e una presenza sparuta e irrilevante di finiani. Questo nuovo Parlamento eleggerebbe poi lui, nel 2013, presidente della Repubblica. Il prezzo da pagare a questo progetto sarebbe quello di un’ulteriore avanzata della Lega, anche in termini territoriali (discesa fino al Lazio ecc.). I decreti attuativi del federalismo, nella parte fiscale, penalizzeranno quasi certamente il Sud, costretto a metter fine agli sprechi e a spendere secondo gli standard medi ammessi nel resto del Paese. Fini punterebbe, secondo questa analisi, a rappresentare il malcontento meridionale, cioè, in pratica, a farsi capo di un Partito del Mezzogiorno. Un’operazione che ha però bisogno di tempo. [Giorgio Dell’Arti]