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 2010  maggio 03 Lunedì calendario

La chiazza di petrolio verso l’America

• Mentre scriviamo la grande chiazza nera di petrolio non è ancora arrivata sulle coste americane, respinta, fino a questo momento, da venti favorevoli e dal cattivo mare. Si è anche andata alleggerendo e assottigliando, anche se le dimensioni restano enormi (qualcosa come Piemonte, Lombardia e Veneto messi insieme), enormi i potenziali danni ecologici ed enormi anche i danni finanziari per la responsabile del disastro, la compagnia petrolifera inglese BP. Danni ecologici: la macchia potrebbe insinuarsi nel delta del Mississippi e avvelenare un parco naturale unico, oltre tutto riserva di pesca insostituibile per l’economia americana (2,4 miliardi di fatturato l’anno) e sito di forte attrazione turistica (20 miliardi). Danni finanziari: anche cento miliardi di dollari, secondo le ultime rilevazioni, cioè una somma non troppo diversa da quella che costò a suo tempo l’uragano Katrina. Vi è anche un potenziale danno politico: Obama viene accusato di non essersi mosso con la stessa velocità messa in campo al tempo del terremoto di Haiti. Ma qui c’entra anche la BP: nei primi dieci giorni, la compagnia petrolifera minimizzò il danno, col risultato di ritardare i soccorsi. Nell’esplosione della piattaforma petrolifera sono morte undici persone. Le tre falle che provocano la fuoriuscita del petrolio (5.000 barili al giorni almeno, cioè 680 tonnellate di greggio) si trovano a un chilometro e mezzo di profondità. L’invio laggiù di robot in grado di stringere bulloni non è servito a niente. Adesso si sta pensando di costruire tre cupole da depositare sopra le falle in modo da contenere il petrolio. Ci vorranno almeno dieci giorni. Davanti alle coste della Louisiana sono stati disposti trenta chilometri di barriere, ma non si sa se serviranno. Il mare cattivo permetterebbe al petrolio di saltare dall’altra parte e poi forse la macchia potrebbe dirigersi altrove, in Florida o in Mississippi o in Alabama. Obama è andato sul posto domenica scorsa dichiarando che potrebbe trattarsi del più grande disastro ecologico della storia. [Giorgio Dell’Arti]