vanity, 13 marzo 2006
Fusioni fra banche
• Il governatore Mario Draghi ha incoraggiato le banche italiane a fondersi per resistere alle opa degli stranieri e la prima fusione che andrebbe fatta sarebbe quella tra la milanese Banca Intesa, governata dal cattolico Giovanni Bazoli (e da Corrado Passera), e la romana Capitalia, guidata dal giovane Matteo Arpe e dal potente banchiere Geronzi (ora sospeso da tutte le cariche in margine all’affare Parmalat). Solo che questa fusione, per come stavano le cose fino a qualche giorno fa, si sarebbe potuta svolgere in un solo modo: i milanesi, più grandi, avrebbero inglobato i romani, messo a comandare i loro dirigenti e mandato a casa sia Arpe che Geronzi. Per questo, venerdì 10 marzo, Capitalia ha improvvisamente annunciato di aver sborsato 600 milioni e di aver acquistato il 2,02 per cento di Intesa: una mossa che ha reso molto più difficile l’attacco dei milanesi. Infatti la legge dice che se vogliamo conquistare una banca che ci possiede con una quota superiore al 2 per cento, non abbiamo che una strada: lanciare un’Opa su almeno il 60 per cento del capitale e tutta per contanti, cioè senza offrire azioni in cambio. Molto costoso, nel nostro caso. Poiché però la fusione è pressoché inevitabile, la mossa di Arpe-Geronzi va letta così: okay alla trattativa per mettersi insieme. Però su un piano di parità. I titoli di tutt’e due le banche in Borsa volano. [Giorgio Dell’Arti]